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Il prestanome del papà di Renzi: "Mi hanno tirato in mezzo"

Lucia Esposito
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A Masone, paese al confine tra la Liguria e il Piemonte, in un vicoletto a pochi passi dal torrente Orba, vive il personaggio chiave dell'inchiesta per bancarotta fraudolenta della procura di Genova a carico di Tiziano Renzi. Si chiama Gian Franco Massone, ha 75 anni ed è originario di Castelletto d'Orba (Alessandria). È lui il presunto prestanome a cui Renzi senior avrebbe ceduto un ramo pieno di debiti dell'azienda di famiglia, la Chil srl, poi ribattezzata Chil post. Libero lo ha intervistato qualche settimana prima che diventasse di pubblico dominio l'inchiesta sul padre del premier. Massone, un uomo alto e distinto, è appena tornato, con tanto di sciarpa al collo, dalla partita della Sampdoria. «Vado allo stadio anche se il cardiologo me lo ha sconsigliato, perché devo evitare le forti emozioni. Ma io non frequento i bar, non bevo, non gioco a carte, non fumo, l'unica cosa che mi è rimasta è la partita. Devo evitare quelle più tese e prendere delle gocce prima di andare». Ieri il nome di questo pensionato un po' malandato è finito su tutte le prime pagine dei giornali in veste di indagato. In realtà a essere sotto inchiesta è suo figlio Mariano. Lui, per la procura, è solo una vittima. Signor Massone che cosa mi può dire della Chil post? «La Chil che?» La Chil post. Lei risulta essere il socio unico. Prima era di Tiziano Renzi. «Non ne so proprio niente». Magari qualcuno ha usato il suo nome perché alla sua età non si va in galera… «Questo non lo so. Ma ora io a questi signori dirò: io ho un nome da difendere, arrangiatevi». In questa storia l'ha coinvolta suo figlio Mariano? «Sì. Io, dopo aver ricevuto un raccomandata, sono andato con un avvocato dal curatore fallimentare e lui mi ha detto: ha fatto bene a presentarsi, ma lei non c'entra». L'hanno messa in mezzo? «È così». Ufficialmente Tiziano Renzi le quote della Chil post le ha vendute a lei. Secondo l'accusa l'hanno coinvolta in un fallimento pilotato. «Io dovrei andare a bastonare chi mi ha fatto questo scherzo. Mi dovevano almeno dire il perché e non hanno fatto neanche questo».   Continua a leggere l'intervista di Giacomo Amadori su Libero in edicola oggi oppure clicca qui e acquista una copia digitale

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