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Legge Severino, pronta la modifica per far tornare Silvio Berlusconi

Andrea Tempestini
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Il Cavaliere l'ha sempre detto, anche a costo di sfidare qualche risolino o la diffidenza di chi lo stava ascoltando: «Tornerò presto eleggibile». Ciò che ancora qualche giorno fa poteva sembrare soltanto un sogno o un auspicio oggi è una possibilità concreta. A mettere in discussione la legge che porta il nome dell'ex Guardasigilli Paola Severino, quella stessa che ha provocato la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, è stato un ex nemico del leader di Forza Italia, cioè il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. L'ex esponente dell'Italia dei valori ha fatto ricorso contro la sospensione che fu decisa dal Prefetto in applicazione proprio della legge anticorruzione ed è stato reintegrato. Il Tar della Campania non soltanto ha rimesso il primo cittadino sulla sua poltrona, ma ha anche inviato gli atti alla Corte costituzionale sollevando dubbi di costituzionalità su almeno due articoli del testo, lo stesso che ha portato alla decadenza e ha condannato all'ineleggibilità il leader di Forza Italia. Le strade sono due: aspettare per mesi che la Consulta si pronunci o far intervenire prima il Parlamento, sanando il vulnus. Camera e Senato, che dovrebbero intervenire sulla decadenza degli amministratori locali, potrebbero cancellare la parte della legge più controversa, quella che riguarda la retroattività dell'efficacia del dispositivo, la stessa che ha comportato la “caduta” del Cavaliere. «Se il Parlamento volesse intervenire sarebbe più sano. Tra il Parlamento e il giudice, preferisco sempre il Parlamento», si augura il presidente della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro. Per un intervento della Corte, ammette, «sono fisiologici 6 o 7 mesi». Troppi per gli azzurri, che intravvedono una soluzione al problema dell'incandidabilità del loro leader. «Il dialogo sulle riforme deve ricomprendere anche piccole modifiche alla Severino per mettere riparo a grandi ingiustizie come quella che ha avuto come vittima il presidente», ha detto Maria Rosaria Rossi. La fedelissima capo segreteria del Cavaliere si augura che si cancelli la retroattività della legge, quello che ha comportato la decadenza del Cavaliere che ha commesso i reati per cui è stato condannato molto prima dall'entrata in vigore della legge. La richiesta di una revisione della Severino è condivisa dai fedelissimi dell'ex premier: Mariastella Gelmini, Giovanni Toti, Michaela Biancofiore, per citarne alcuni. «Sta al presidente del consiglio ripristinare la legalità del Parlamento», chiede il senatore azzurro Cosimo Sibilia. Renzi, però, non ci metterà la faccia. L'ha già fatto sapere. Più facile che ci pensi il Parlamento, visto che il Psi, forza del centrosinistra, ha già presentato un apposito disegno di legge, firmato dal senatore Enrico Buemi, che introduce alcune modifiche alla Severino. Su quel testo si aprirà la trattativa e i renziani potrebbero dare una mano. L'Ncd è disponibile a un «tagliando», come conferma il vice ministro della Giustizia, Enrico Costa. Berlusconi ci crede: «Dovranno rimediare a quella ingiustizia e tornerò candidabile», dice ai suoi. Il Cavaliere l'ha sempre detto, anche a costo di sfidare qualche risolino o la diffidenza di chi lo stava ascoltando: «Tornerò presto eleggibile». Ciò che ancora qualche giorno fa poteva sembrare soltanto un sogno o un auspicio oggi è una possibilità concreta. A mettere in discussione la legge che porta il nome dell'ex Guardasigilli Paola Severino, quella stessa che ha provocato la decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, è stato un ex nemico del leader di Forza Italia, cioè il sindaco di Napoli Luigi De Magistris. L'ex esponente dell'Italia dei valori ha fatto ricorso contro la sospensione che fu decisa dal Prefetto in applicazione proprio della legge anticorruzione ed è stato reintegrato. Il Tar della Campania non soltanto ha rimesso il primo cittadino sulla sua poltrona, ma ha anche inviato gli atti alla Corte costituzionale sollevando dubbi di costituzionalità su almeno due articoli del testo, lo stesso che ha portato alla decadenza e ha condannato all'ineleggibilità il leader di Forza Italia. Le strade sono due: aspettare per mesi che la Consulta si pronunci o far intervenire prima il Parlamento, sanando il vulnus. Camera e Senato, che dovrebbero intervenire sulla decadenza degli amministratori locali, potrebbero cancellare la parte della legge più controversa, quella che riguarda la retroattività dell'efficacia del dispositivo, la stessa che ha comportato la “caduta” del Cavaliere. «Se il Parlamento volesse intervenire sarebbe più sano. Tra il Parlamento e il giudice, preferisco sempre il Parlamento», si augura il presidente della Corte Costituzionale, Giuseppe Tesauro. Per un intervento della Corte, ammette, «sono fisiologici 6 o 7 mesi». Troppi per gli azzurri, che intravvedono una soluzione al problema dell'incandidabilità del loro leader. «Il dialogo sulle riforme deve ricomprendere anche piccole modifiche alla Severino per mettere riparo a grandi ingiustizie come quella che ha avuto come vittima il presidente», ha detto Maria Rosaria Rossi. La fedelissima capo segreteria del Cavaliere si augura che si cancelli la retroattività della legge, quello che ha comportato la decadenza del Cavaliere che ha commesso i reati per cui è stato condannato molto prima dall'entrata in vigore della legge. La richiesta di una revisione della Severino è condivisa dai fedelissimi dell'ex premier: Mariastella Gelmini, Giovanni Toti, Michaela Biancofiore, per citarne alcuni. «Sta al presidente del consiglio ripristinare la legalità del Parlamento», chiede il senatore azzurro Cosimo Sibilia. Renzi, però, non ci metterà la faccia. L'ha già fatto sapere. Più facile che ci pensi il Parlamento, visto che il Psi, forza del centrosinistra, ha già presentato un apposito disegno di legge, firmato dal senatore Enrico Buemi, che introduce alcune modifiche alla Severino. Su quel testo si aprirà la trattativa e i renziani potrebbero dare una mano. L'Ncd è disponibile a un «tagliando», come conferma il vice ministro della Giustizia, Enrico Costa. Berlusconi ci crede: «Dovranno rimediare a quella ingiustizia e tornerò candidabile», dice ai suoi. di Paolo Emilio Russo

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