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Silvio nel pollaio Annunziataresiste e rilancia:condono tombale ed edilizio

Matteo Legnani
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Sette anni come un turno di guardia nella notte. Sembra ieri, ma l'ultima volta che si erano trovati in diretta l'uno davanti all'altro era il 13 marzo 2006. L'impressione di un déjà vu (o di un bel po' di tempo buttato) è difficile da togliersi sulla sigla di testa di «Leader», il programma di Lucia Annunziata che ieri sera ha ospitato Silvio Berlusconi. Anche allora si era a fine legislatura, col Cav dato per sconfitto a un passo dal voto, e voci su indicibili recuperi. Nel 2006 finì col «Mi alzo e me ne vado», ieri la cosa è iniziata un po' meglio.  Si parte con un impaccio gelido. Berlusconi sta su un panchetto di legno senza nessuno intorno (a differenza dei tre ospiti precedenti di «Leader»), e spiega: «La squadra? Il Milan è in ritiro... e poi così ho tutta l'attenzione». L'ex premier parte attaccando la par condicio e Sanremo: «Confermo, andava spostato. La Littizzetto e altri sembrano proprio preparare un'edizione contro di me, ma questo ci premia. Non mi fanno paura».  Il dibattito con gli ospiti in studio tira fuori un Cav combattivo nel gestire una platea plasticamente ostile: sindacalista di sinistra, professore bocconiano, giornalista tedesco, direttore di «Europa», cronista dell'«Espresso», imprenditori incacchiati. Torna fuori la questione del condono, sul quale Berlusconi aveva incassato il no della Lega. Il leader Pdl insiste: «Niente multe per chi salda i conti con Equitalia, e sul resto se avremo la maggioranza assoluta in aula faremo il condono edilizio e tombale». Roberto Perotti, professore della Bocconi, stuzzica il Cav: «Per le sue promesse ci vorrebbero 145 miliardi. E poi come fa a dare 4 milioni di posti di lavoro se in Italia ci sono 3 milioni di disoccupati...». Berlusconi parla di conti sbagliati, l'Annunziata dice ma come, è un bocconiano, e lui: lo vedo come sono bravi, guardi Monti... E  vabe'.  Landini (Cgil) assalta sul condono come sberla agli onesti. La replica è quella del «primo contribuente italiano», il quale però incassa il colpo, poi ha un guizzo sui 40 miliardi di tasse chiesti dal sindacato. «Comunque qui siete tutti contro di me, ma sto ancora aspettando le proposte della sinistra». C'è netta confusione in studio (parla chi vuole), l'accerchiamento si completa con l'esponente di «Imprese che resistono» che ricorda all'ex premier le promesse non mantenute sull'abolizione  dell'Irap, prima della pubblicità. Segue Udo Gumpel, corrispondente in Italia della tv tedesca che si lancia in una tirata contro Berlusconi di circa 4 minuti, dove ricorda anche l'abusatissimo episodio della telefonata con Erdogan che fece attendere la Merkel. La replica di Berlusconi è prevedibile parola per parola: lo stesso identico schema andato in onda da Santoro, ma più noioso perché il Cav appare più stanco, meno sorridente, rabbioso contro Fini che «ha alzato del 5% gli stipendi del pubblico da vicepremier». Da lì in poi è un casino, c'è gente a cui sta sull'anima Berlusconi che parla senza controllo. Un peccato, perché certe domande così dirette a Berlusconi è difficile farle, e il caos non aiuta a gustarsi l'effetto e le risposte. Meglio sul finale: l'Annunziata recupera un po', Berlusconi litiga ancora col tedesco e con «Menichino», come lo chiama. Poi spiega i no a Cosentino («ci levava oltre un milione di no») fa una mezza apertura sulla cittadinanza agli immigrati e chiacchiera con De Giorgi, l'ex candidato gay montiano uscito dalle liste dopo le foto pubblicate da Libero. Brivido finale per l'Annunziata: Luigi Desiderato, intervenuto sotto l'etichetta di «Imprese che resistono», è un supporter registrato al sito di «Fermare il declino» e non ne fa mistero su Facebook. Al Cav giunge voce sia candidato, lei lo chiama in diretta perché trema per la possibile violazione della par condicio. Nelle liste delle regionali di Varese, nelle quali un sito rimbalzato ieri sera lo inserisce, non c'è. Ma le polemiche non mancheranno. di Martino Cervo

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