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Questo governo ha fallito. Avanti un altro

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Nessun premier ha mai avuto una maggioranza più ampia, ma il Prof ha perso l'occasione di cambiare il Paese

Andrea Tempestini
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  Confesso che all'inizio ho sperato d'aver torto. Pur intravedendo nella politica economica del governo un'infinità di errori, a partire da quello dell'Imu, in principio mi sono detto che per il bene del Paese sarebbe stato meglio che a sbagliare fossi io: avrei fatto la figura dell'idiota, che non ha capito nulla di ciò che stava accadendo, ma sarebbe finita lì. In fondo, non sono professore. Invece, più passano i giorni e più mi convinco che alla fine non sarò io a fare la figura del fesso, ma quelli che hanno creduto  bastassero i tecnici a risolvere i nostri guai. Lo sapeva bene quel banchiere internazionale il quale,  meno di un anno fa, mi confidò che peggio dei politici ci sarebbero stati solo i docenti, i quali, abituati a montare in cattedra non vi scendono neanche quando è evidente che le loro teorie non funzionano. Il problema è che una cantonata in un'aula universitaria o su un libro di testo -  e anche su un giornale -  fa danni limitati all'immagine di chi la prende e semmai alla reputazione dell'ateneo o del quotidiano. Un abbaglio quando si è alla guida di un Paese invece può provocare un disastro. Forse qualche lettore dirà che sono troppo drastico e che si deve dar tempo a Mario Monti di fare il suo lavoro: attendersi da lui la soluzione di problemi che in sessant'anni altri non hanno saputo risolvere, ma anzi sono riusciti a peggiorare, è ingeneroso.  Osservazione condivisibile se quello in carica fosse un governo normale, con le solite maggioranze e gli abituali voltagabbana. Ma l'esecutivo non è normale, bensì d'emergenza. Esso è stato nominato dal presidente della Repubblica saltando ogni prassi costituzionale ed è stato investito di poteri straordinari salvifici.  A Monti è stato chiesto di fare ciò che la politica non era in grado di fare, cioè riformare il Paese, mettendo in sicurezza i conti pubblici. Dalla sua il presidente del Consiglio aveva due formidabili alleati: la paura della bancarotta e la nausea degli italiani nei confronti della politica. Con queste due armi e soprattutto con un Parlamento in mano sua - mai nessuno ha avuto nella storia della Repubblica una maggioranza bulgara come quella attuale - egli avrebbe potuto fare tutto: se non un colpo di Stato almeno un colpetto.  Peccato che il premier  non ne abbia avuto il coraggio e dopo un avvio rassicurante si sia adeguato alle regole della casa, nel senso di Palazzo Chigi. Fatta la riforma delle pensioni senza consultare nessuno, né i partiti né i sindacati, i quali hanno avuto in mano il testo del governo solo a cose fatte, Monti è stato contagiato da vizi tipicamente italiani come quello della concertazione e della mediazione, mercanteggiando sulla riforma del lavoro, rinviando quella della spesa pubblica o, peggio, demandando il taglio dei finanziamenti ai partiti agli stessi partiti: come se il cappone in vista del pranzo di Natale dovesse spennarsi da solo. Di questa sua capacità di barcamenarsi fra interessi diversi a un certo punto il capo del governo si è pure fatto vanto, rallegrandosi di non essere Margaret Thatcher, la quale notoriamente non guardava in faccia a nessuno ma tirava diritto facendo ciò che aveva deciso. Come se non bastasse, il presidente del Consiglio non ha rimosso nessuno: invece di mettere  uomini nuovi nei posti chiave dell'amministrazione pubblica, si è tenuto tutti i vecchi, con il risultato che nulla di quanto avrebbe voluto fare è stato fatto, perché se li si lascia in funzione gli apparati sono più forti dei governi, soprattutto dei governi a ore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, in Italia come all'estero. I dubbi affiorano sulle pagine dei giornali internazionali, ma anche quelli locali non scherzano. Dal Wall Street Journal al Corriere della Sera è un fiorire di piccole critiche e appunti, segno evidente che anche l'establishment finanziario globale e quello di casa nostra iniziano a temere che le cose vadano di male in peggio. Che il sentimento sia questo e si stia diffondendo anche fra gli italiani lo segnala anche un sondaggio dell'Swg, la società di rilevazioni che con Monti è sempre stata tenera, attribuendogli a novembre, quando fu nominato, oltre il 70 per cento di consensi. A distanza di sei mesi, il gradimento personale si è dimezzato, arrivando al 35 per cento, tre punti dei quali persi nell'ultima settimana. Per la verità, non abbiamo ancora toccato il fondo, in quanto l'indice arriverà ai minimi nei giorni caldi del pagamento dell'Imu, quando il caos dovuto all'improvvisazione con cui è stata introdotta l'imposta sulla casa dispiegherà tutti i suoi effetti. Persino i sindaci ne hanno paura, al punto di avvertire ieri l'esecutivo del rischio di scontri sociali. Non so se ciò accadrà o semplicemente il pagamento della tassa provocherà il blocco del sistema, bancario e municipale. Di una cosa però sono piuttosto certo: che questo governo è spacciato. Avanti un altro.   

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