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Breivik non andrà in galeraPer l'accusa è un matto

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Cure psichiatriche a vita invece del carcere: la pubblica accusa ha chiesto che Brievik sia dichiarato incapace di intendere e volere

Lucia Esposito
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I timori di molti si sono avverati. Uno dei peggiori stragisti degli ultimi tempi molto probabilmente non finirà in un carcere ma in un manicomio criminale della Norvegia, con tutti i comfort e le cure che contraddistinguono il Paese scandinavo. Si prospetta così il destino di Anders Behring Breivik, il fanatico di estrema destra autore, il 22 luglio 2011, delle carneficine a Oslo e sulla vicina isola di Utoya, costate nel complesso 77 morti. Ieri, infatti, nel tribunale della capitale i pubblici ministeri Inga Bejer Engh e Svein Holden hanno sostenuto che la capacità d'intendere e di volere del pluriomicida non è stata dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. E quindi chiedono l'internamento di Breivik, ritenendo che sia psicopatico e dunque penalmente “non responsabile” delle stragi che hanno sconvolto la Norvegia. Per tutta risposta, il 33enne imputato ha sorriso, si è alzato in piedi e ha fatto il saluto del suo fantomatico movimento ultra-nazionalista, il sedicente “Ordine dei Cavalieri Templari”, portandosi al petto la mano destra stretta a pugno, prima di stendere il braccio in avanti: un gesto dal significato vagamente esoterico, caro agli ambienti filo-nazisti.  La richiesta Lo aveva già compiuto all'inizio della prima udienza, il 16 aprile scorso, e anche il giorno seguente, ma poi non si era più ripetuto su pressione dei suoi stessi avvocati. Questa richiesta dell'accusa era nell'aria da un po' di tempo. Una prima perizia, a novembre, aveva stabilito che l'estremista soffre di schizofrenia paranoide e non è responsabile dei suoi atti. Un secondo parere, depositato in marzo, lo ha invece definito sano di mente. Breivik dice di aver agito secondo un preciso progetto politico-eversivo e contro il pericolo dell'islamizzazione della Norvegia. Il fanatico ha spiegato alla corte le aggressioni subite da parte di musulmani sin dalla sua infanzia, motivo che avrebbe contribuito a formare le sue idee radicali. Proprio nei giorni scorsi, ha raccontato che il primo incidente risale a quando aveva sette anni, quando un diplomatico turco, padre di un suo amico, aveva distrutto la sua bicicletta perché lo aveva offeso. Ha così cercato di motivare le sue terribili azioni e soprattutto di non essere preso per pazzo dall'accusa. Ma non c'è riuscito. Il procuratore Holden ha aggiunto che se la corte deciderà invece di riconoscere Breivik sano di mente, allora l'imputato merita senz'altro la massima pena prevista dal codice norvegese, 21 anni di reclusione, che potrà essere estesa vista la pericolosità del soggetto. E proprio oggi gli avvocati di Breivik, come chiede il loro assistito, rivendicheranno ancora una volta la sua capacità di intendere e volere. Accade quindi il contrario rispetto a un processo normale, in cui l'imputato cerca di sfuggire dalla prigione fingendosi pazzo. Ora l'ultima decisione passa ai giudici che in agosto dovranno pronunciare la tanto attesa sentenza. I parenti delle vittime, intanto, vogliono giustizia, e chiedono almeno la sicurezza che il pluriomicida non possa ritornare in società. di Alessandro Carlini 

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