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Gli assassini di donnenon si fermano con una legge

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Pensare che basti una norma per ogni cosa è solo un modo per scaricare le nostre coscienze. I politici così aggirano il problema, ma non lo risolvono

Mario Giordano
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Ma come? E la legge? Il nuovo decreto del governo? Quel quarantenne di Verona non lo conosceva? Dico: neppure lui che è avvocato? Non ha considerato le aggravanti appena introdotte dal Consiglio dei ministri,  mentre ammazzava la sua ex Lucia, al termine della cena galante di Pinzolo? E mentre correva con il cadavere in auto non pensava che ad aspettarlo, al termine della corsia autostradale, c'era una corsia preferenziale in tribunale? Possibile? Mentre nascondeva il corpo in garage non ha considerato l'inasprimento delle pene o l'assistenza legale gratuita? Mentre perdeva la testa non ha esaminato cavilli, commi, paragrafi, 2 bis o 4 ter?  Davvero? A che serve farli laureare in legge, questi assassini, se nemmeno loro prestano attenzione ai cambiamenti giuridici approvati con urgenza dall'esecutivo?  Se non fosse una tragedia ci sarebbe quasi da sorridere a rievocare il coro trionfante con cui, solo pochi giorni fa, è stata presentata la nuova legge su quello che ormai tutti chiamano, con orrenda parola, femminicidio. Sembrava, a leggere i commenti entusiastici, che si fosse trovata la formula magica per fermare la scia di sangue: «Basta con questa strage», «così bloccheremo le mani assassine», «finalmente uno strumento per combattere la violenza sulle donne»... Ma sono passate poche ore e la cronaca ha riportato tutti alla realtà: gli assassini, purtroppo, non si fermano con una legge. Leggi l'approfondimento di Mario Giordano su Libero in edicola mercoledì 14 agosto

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