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Osanna i quattro senatori a vita e spiega che a destra non ci sono intellettuali, solo mentecatti

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Francesco Borgonovo
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La tromba quirinalizia ha suonato ed ecco accorrere, dai quattro cantoni del regno, i cavalieri serventi, corazzieri improvvisati con l'elmo di cartone e la spada di cartapesta. Pronti a difendere il Colle con tutto il coraggio necessario per questo genere d'impresa, cioè nessuno. Giorgio Napolitano ha nominato quattro senatori a vita, e subito i suoi devoti scudieri si precipitano a scrivere che non poteva fare scelta migliore, che i personaggi scelti sono senz'altro super partes, gente che il mondo c'invidia e figurarsi se scenderanno dalla torre d'avorio per mescolarsi ai fanghi della politica. Poco importa che, in effetti, i nominati siano celebri: Renzo Piano, Carlo Rubbia, Claudio Abbado ed Elena Cattaneo, la ragazzina del gruppo. La truppa di Re Giorgio l'avrebbe adulato anche se avesse fatto senatore il suo cavallo. Ipotesi che forse ha anche preso in considerazione: dopo tutto, meglio un cavallo del Cavaliere. Dunque, figurarsi, i nuovi beneficati del laticlavio sono più o meno come i Fantastici Quattro, e ci dispiace per la donna invisibile. Hanno poteri paranormali, sono dei supereroi. Non ci credete? Leggete la Stampa, che per l'obiettività dei suoi articoli si aggiudica l'ambito premio Zerbino d'oro 2013. Carlo Rubbia è definito «lo scienziato atomico». Gli mancano giusto costume, mantello e maschera. Renzo Piano è, nientemeno, «il Bob Dylan dell'architettura incapace di non innovare» e speriamo che il suo cemento non frani like a rolling stone. Claudio Abbado, invece, è «una bacchetta magica per Palazzo Madama». Meglio di Harry Potter.  L'Unità lo definisce invece «architetto di forme aliene», quindi pare possa anche volare nello spazio.  Evvai, uniti contro il crimine. Aspettiamo trepidanti l'arrivo di Iron Man, speriamo che Napolitano lo convochi presto al Quirinale.  Non paga, la Stampa sfodera ben due commenti a sostegno della decisione del Colle. Il primo di Marcello Sorgi, sobriamente intitolato «riecco il modello Einaudi». Fa niente se di un liberale qui non c'è nemmeno l'ombra. Giovanni Bignami, invece, ci informa con garbo che «è cambiata la scala dei valori». Poi, dimentico che il feudalesimo è finito, si lancia in un'intemerata degna di un poeta di corte. «Il mondo che ci guarda sempre, questa volta ha ricevuto quattro biglietti da visita che fanno ricordare a tutti l'Italia del Rinascimento, l'Italia dove la Cultura con la C maiuscola copre arte, musica, scienza, come per Leonardo o Galileo, quando l'Italia seppe esportare la cultura in tutta Europa». Per la serie: il Bignami della piaggeria. In sottofondo, dolce musica d'ambulanze, diretta da Claudio Abbado.  Ma non è finita. Secondo l'editorialista della Stampa, questo è «un segnale che suscita entusiasmo nella parte migliore del Paese» e tutti voi altri, cari inferiori, potete lavarci i piedi. A questo punto, il buon Bignami si sente in dovere di raccontarci con chi va a pranzo. Elena Cattaneo e Carlo Rubbia li chiama affettuosamente per nome. Ci informa che ad Elena - «così giovane e già così interdisciplinare», qualunque cosa voglia dire - «ho appena parlato». Mentre con Carlo Rubbia «ho la fortuna di un rapporto diretto, quasi d'amicizia». Rubbia («tutto il mondo scientifico lo chiama Carlo») è «il fisico dagli occhi di ghiaccio». Certo, di lui si dice che abbia due espressioni: con bosone e senza bosone. Non solo.  Egli, dice ancora Bignami, «è un uomo che sa pensare come pensa un elettrone». Lontano dagli elettori, ma vicino agli elettroni. Con i quali si fa lunghe chiacchierate. E qui, dalla fisica atomica passiamo alla neuropsichiatria.  Non da meno è il Corriere della Sera, che scrive testuale: «Si dice che Piano sia il miglior rappresentante dell'Italianità nel mondo». Uh, che birichini, riportano anche i pettegolezzi maligni... Non ditelo ad alta voce, cosa si dice di Piano, altrimenti fate brutta figura. Quanto a Rubbia, ci illuminano da via Solferino, è «un uomo d'azione, oltre ad essere “una personalità dall'intelligenza straordinaria, di un'energia sovrumana”».  Nessuno che si sogni di far notare l'importanza di un dato politico non secondario:  tra i nominati, non ce n'è uno che non sia in qualche modo ostile al centrodestra. La Cattaneo ha citato in giudizio il ministero della Salute all'epoca del governo Berlusconi (2009). Di Abbado e Piano sono note le simpatie sinistre. Rubbia, nel 2005, fu rimosso  - forse ingiustamente, non sta a noi stabilirlo - dalla presidenza dell'Enea. A cacciarlo fu Claudio Scajola. Chissà come è affezionato al Pdl, il nostro. Infatti la Stampa legge la sua nomina come «la rivincita del premio Nobel». Rivincita contro chi? Per fortuna che c'è Michele Serra. Il quale, su Repubblica, spiega che i nuovi senatori rappresentano «la bella Italia che vorremmo». Serra argomenta che i quattro luminari viaggiano almeno tre metri sopra il cielo, sono esseri superiori, gente che non ha mica bisogno di uno stipendio pubblico (bene, allora lo devolvano ai più bisognosi, e subito) e di certo non sono stati scelti per «fare da stampella alle larghe intese». Sarà, peccato che il computo dei numeri in Parlamento e il singolare tempismo delle nomine dicano altro.  Tuttavia, la firma di Repubblica, che non difetta certo di onestà, ammette: «Come accaduto anche in passato, è rintracciabile nei profili dei nuovi senatori a vita, specie Abbado e Piano, “qualcosa di sinistra”». Oh, ci siamo. E allora, vuoi che - quando Napolitano chiamerà - si tirino indietro? Vuoi che non sostengano il governo Letta almeno un pochetto? Sarebbero dei begli ingrati. Altrimenti, non si capisce  che cosa vadano a fare a Palazzo Madama.Serra svela anche il motivo per cui non è stata indicata nemmeno una personalità culturalmente affine al centrodestra. Semplice. A destra non ci sono né intellettuali né personalità di qualche rilievo. Solo mentecatti e rincoglioniti. I quali, davanti ai super eroi di Napolitano, devono levarsi il cappello e guardare verso il cielo: «È un uccello! È un aereo! No, è Carlo Rubbia, l'uomo che sussurra agli elettroni!». Francesco Borgonovo

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