Cerca
Cerca
+

L'editoriale

Esplora:
default_image

di Maurizio Belpietro

Maria Acqua Simi
  • a
  • a
  • a

Silvio Berlusconi ha buone ragioni per essere inferocito, ma non deve temere la procura di Trani. L'inchiesta pugliese ha provocato un po' di chiasso sui giornali di sinistra, difficilmente però porterà a qualcosa di più e passate le elezioni è certo che finirà in archivio. Se n'è reso conto perfino Felice Casson, ex pm e senatore del Pd, uno che il Cavaliere lo indagherebbe ogni giorno prima dei pasti, il quale si è detto molto perplesso sulle accuse formulate dai colleghi, ritenendo sia possibile ipotizzare al massimo un caso di malcostume politico, ma che non ci siano elementi per provare l'esistenza di una concussione. L'indagine è dunque destinata a finire nel nulla, nonostante gli espedienti escogitati dai magistrati locali per tenersi un procedimento che può dar loro un po' di notorietà, strappandoli alla routine di delitti e estorsioni e soprattutto all'anonimato.  Se il presidente del Consiglio non ha motivo di preoccuparsi per Trani, farebbe invece bene a rizzare le antenne per ciò che si prepara a Roma, in area Montecitorio. La fondazione di una corrente PdL che fa capo a Gianfranco Fini non è una buona notizia, semmai la certificazione che la tregua tanto sbandierata con il presidente della Camera non esiste più, semmai è esistita. Si sapeva che l'ex leader di An, scalpitante per avere un ruolo di primo piano nel partito, mordeva il freno. Ma tutti pensavano che avrebbe almeno aspettato le elezioni regionali prima di passare il Rubicone. La nascita di Generazione Italia, che sarà guidata da un fedelissimo come Italo Bocchino, dimostra invece l'impazienza di arrivare al dunque e d'ora in poi Fini non si limiterà a qualche punzecchiatura, così da rimarcare la distanza da Berlusconi, ma passerà all'azione, mandando avanti i suoi guastatori, che minacciano di essere alcune decine. Dentro il PdL insomma si annunciano tempi duri, in primo luogo per il Cavaliere, e questa tornata elettorale, da cui il presidente del Consiglio voleva tenersi alla larga, rischia di diventare un appuntamento decisivo per il futuro del governo e della stessa maggioranza. Che succederà se il PdL otterrà risultati striminziti e invece di conquistare sei Regioni, come aveva in animo, se ne ritroverà tra le mani solo quattro? Anche se il centrodestra dicesse d'aver comunque raddoppiato il suo numero di governatori, pure i sassi parlerebbero di sconfitta. Se poi si tiene conto che per tener unita la coalizione, il PdL è stato costretto a rinunciato al Veneto cedendolo alla Lega,  ce n'è abbastanza per immaginare l'inizio di una resa dei conti, la quale potrà essere anche diluita nel tempo, ma inevitabile . L'aria che tira intorno al Popolo della Libertà è perciò alquanto brutta, in particolare perché rispetto al passato ad apparire svogliati e scoraggiati non sono i colonnelli - che pure lo sono - ma gli stessi elettori di centrodestra, i quali, forse delusi per la faccenda delle liste e probabilmente pure per le troppe polemiche, parrebbero decisi a restarsene a casa invece di recarsi alle urne. Per tutte queste buone ragioni, appare chiaro che il Cavaliere se vuole resistere, deve chiamare a raccolta  le forze di cui dispone, mobilitando le truppe e giocando d'anticipo. La battaglia, ancora una volta, si gioca tutta su di lui. Lo ha capito bene Pier Luigi Bersani, il quale si è affrettato a dire che il 28-29 marzo non si vota pro o contro Berlusconi, temendo che un plebiscito alla fine si traduca in un vantaggio per il premier. Speriamo che lo capiscano anche gli elettori del Pdl, ai quali, se vogliono sostenere l'unica maggioranza di centrodestra oggi possibile, già alla fine di questa settimana è richiesto un segnale, ovvero la partecipazione alla manifestazione di Roma contro lo scippo delle liste. Una prova non facile, per un popolo poco incline alle piazzate. Ma una prova da cui si potrà capire molto di quello che ci aspetta nei prossimi mesi.

Dai blog