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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Tatiana Necchi
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Se uno di noi fosse sospettato di aver violato la legge e di essere al servizio di pericolosi criminali, il minimo che gli potrebbe capitare sarebbe di essere indagato, il massimo di finire in galera. Cosa che non accadrebbe se si trattasse di un magistrato. Nel qual caso infatti si verrebbe trattati con mille attenzioni, anzi, con mille attenuanti, perché la casta delle toghe è seria, non come quella dei politici, che fa finta di essere  potente e poi finisce alla berlina ogni giorno sulle prime pagine dei giornali. Dunque, cari lettori, non fatevi ingannare dal caso Marra, il presidente della Corte d'appello di Milano finito nelle intercettazioni telefoniche della P3. Il suo trasferimento per incompatibilità è infatti la manovra per mettere tutto a tacere o, peggio, per imbrogliare le carte. Mi spiego. Se Marra fosse per davvero un magistrato in combutta con la cricca di Flavio Carboni e si fosse macchiato della grave colpa di aver brigato per favorire la P3 - cosa a cui io non credo -  non dovrebbe essere trasferito ad altra sede, come si appresta a fare il Csm. Semmai, dovrebbe essere radiato, perché non ha le qualità morali per fare il magistrato. Il trasferimento al contrario stabilisce che Marra non faccia più il giudice a Milano, ma possa continuare a farlo altrove, come se nulla fosse accaduto. Del resto, il Consiglio superiore della magistratura è specialista nell'assolvere i suoi protetti e, quando proprio non li può discolpare, dà loro qualche buffetto. Nel passato è capitato che un giudice emiliano, il quale si era spesso occupato di vicende legate a Parmalat archiviando il tutto, sia stato trasferito ad altra sede perché aveva il vizio di fare viaggetti all'estero senza saldare il conto a Parmatour, l'agenzia di viaggi del gruppo lattiero di Calisto Tanzi. Un altro, che vinceva al lotto decine di milioni, riuscì a convincere il Csm che le vittorie erano truccate a sua insaputa e che per un certo periodo fu titolare dell'inchiesta sulle giocate taroccate ma senza violare i princìpi di imparzialità. Risultato? Assolto. Altra assoluzione, con nomina, per un magistrato che andava a caccia con i camorristi: essendo sporadici incontri di attività venatoria non c'era di che preoccuparsi.  Un giudice accusato dai suoi sottoposti, pure loro togati, di aver inventato di sana pianta alcune camere di consiglio, emettendo sentenze anche a loro nome, fu alla stessa maniera assolto da ogni imputazione: la parola di quattro contro uno non è bastata. Finirà così dunque anche con Marra? Vedremo. Certo il caso del presidente della Corte d'appello di Milano è particolare. Lui infatti è stato nominato ai vertici del tribunale lombardo a dispetto dei santi, che in questo caso sono i capi di Magistratura democratica, la corrente rossissima dei giudici. Nell'ambiente è noto che Md spingeva per un suo patrocinato e non l'ha mai mandata giù. Dunque il caso P3 è una manna, che consente di rimuovere il presidente riprendendosi  la Corte d'appello, finita ora a un moderato. Del resto, che la vicenda abbia risvolti contraddittori, lo dimostra il fatto che lo stesso Csm, il quale ha promosso Marra, secondo l'accusa per effetto delle pressioni di un finto giudice, adesso rimuove il medesimo Marra, trasferendolo. Che sia un tentativo di mettere una pietra sopra al pasticcio mi pare probabile. Che tutto ciò sia fatto in nome del popolo italiano al quale ci si appella nelle aule di giustizia, invece, mi pare altamente improbabile.  Se c'era un modo di dimostrare che per i magistrati la legge è più eguale che per gli altri, beh lo si è trovato.

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