L'EDITORIALE
L'EDITORIALE
BASTA UMOR NERO ADESSO HA DECISO DI FARCI SBELLICARE Gianfranco Fini non è un tipo spiritoso e infatti, a differenza di Berlusconi, non fa mai battute né racconta barzellette. Ieri però è stato di una comicità involontaria proponendo i pubblicare su Internet lo stato patrimoniale di tutti i parlamentari. L'intendimento in sé sarebbe lodevole, perché di ogni rappresentante del popolo si misurerebbe la ricchezza al momento dell'elezione e la si potrebbe confrontare con quella degli anni successivi, così da impedire illeciti o sospetti arricchimenti, ma anche conflitti d'interesse, che pure ci sono e non riguardano soltanto il Cavaliere. L'umorismo del presidente della Camera, che per la verità somiglia più a uno sberleffo, sta nel fatto che mentre propone trasparenza per deputati e senatori, lui è il primo che si sottrae alla regola, negando ciò che tutti gli chiedono, ovvero di raccontare che ne è stato dell'eredità della contessaColleoni. Un lascito milionario la cui parte più pregiata, costituita da un appartamento a Montecarlo, è stata ceduta a un'oscura finanziaria off shore per poche centinaia di migliaia di euro, pur valendone molte di più. Il signor trasparenza, mentre propone di rendere noto ogni affare degli altri onorevoli colleghi, per quel che lo riguarda annuncia querele e minaccia chiunque ficchi il naso in una faccenda che puzza di bruciato da settecento chilometri, tanti quanti separano Roma dal Principato. L'ironia della sorte vuole poi che la proposta di passare ai raggi x il patrimonio dei parlamentari sia stata fatta proprio nel giorno in cui il cognatissimo, al secolo Giancarlo Tulliani, un tipo di cui fino a un paio d'anni fa neppure si conosceva l'esistenza ma che Fini ha piazzato in Rai, si sia rivolto al garante della privacy per invocare riservatezza sulla sua persona. L'inquilino del palazzo monegasco lasciato dalla contessa Colleoni ad An e venduto a non si sa chi per un prezzo che si sa bene, si sarebbe lamentato con l'authority per l'invasione dei cronisti nei fatti suoi, con conseguente pubblicazione sulle pagine dei giornali e ripresa tv del suo cognome a fianco del campanello di casa. Il supercognato che, come da ricostruzione non smentita non si sarebbe preoccupato di farsi raccomandare dal presidente della Camera per ottenere un appalto a viale Mazzini di poco inferiore ai due milioni di euro, adesso si preoccupa se il suo nome viene accostato allo scandalo del palazzo. Lui, il parente ricco dell'uomo che contesta il bavaglio alla stampa e invoca la trasparenza per gli altri parlamentari, ora vorrebbe mettere la mordacchia a chi si apposta fuori casa sua per sapere come abbia fatto ad occupare il noto appartamento. La faccenda, converrete, è tutta da ridere e sorprende che ad esserne protagonista sia un tipo che non sorride mai come il numero uno di Montecitorio. Il principe De Curtis, in arte Totò, avrebbe liquidato la storia con un «ma ci facci il piacere». Noi ci limitiamo a un pernacchio. Sempre che questo non sia giudicato vilipendio alla terza carica dello Stato. [email protected]