Cerca
Cerca
+

L'editoriale

default_image

di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

Com'era facilmente prevedibile, l'Associazione nazionale magistrati ha chiuso la porta in faccia alla riforma della giustizia. Un no atteso, perché il provvedimento porta la firma di Angelino Alfano, Guardasigilli tra i più detestati dai vertici sindacali delle toghe, ma per altro in oltre sessant'anni di vita repubblicana non c'è stata una sola riforma del settore che abbia ottenuto il plauso dei giudici. Tutti i tentativi di metter mano al funzionamento dei tribunali sono infatti stati avversati dai magistrati, i quali li hanno sempre bollati come interventi tesi a limitare la loro azione, nascondendosi dietro il paravento costituzionale dell'autonomia per poter continuare a fare ciò che pareva loro. Eppure, se come dichiarato ieri dal segretario dell'Anm, Giovanni Palamara, in fatto di giustizia l'Italia fosse  peggio del Ruanda, ci sarebbe motivo per mettere da parte polemiche e resistenze proponendo misure immediate e facilmente applicabili. So di non essere un tecnico, ma qualche idea l'avrei e mi permetto di suggerirla a quella parte di magistrati - e sono tanti - che vorrebbe davvero una giustizia efficiente, la quale colpisca i criminali e non solo gli avversari politici. La prima proposta riguarda l'azione penale, che in apparenza è obbligatoria, ma essendo le Procure oberate da migliaia di procedimenti è in realtà discrezionale. Il pm decide a quali reati dare la precedenza e, di fatto, quali perseguire, lasciandone altri a dormire nel cassetto. Per evitare tutto ciò basterebbe copiare dal Giappone, dove la vittima ha titolo per chiedere alla pubblica accusa di spiegare come ha esercitato l'azione penale e annualmente i procuratori rispondono a una commissione composta anche da gente comune, sul tipo della giuria popolare, giustificando i ritardi e illustrando la conduzione delle indagini. Si tratta di un controllo pubblico, non politico, che potrebbe stimolare le inchieste anche da noi, evitando che certi pm poltriscano o tralascino alcune inchieste a favore di altre che a loro stanno maggiormente a cuore. La seconda idea consentirebbe di intervenire sulla ripartizione del lavoro, che oggi va in automatico e spesso assegna pratiche complesse a chi non ha alcuna esperienza della materia. Il meccanismo fu creato tempo addietro per evitare che certi processi fossero imboscati e dunque si è introdotta la rotazione, ma nel corso degli anni ciò ha prodotto una sorta di appiattimento, con giudici e pm che devono occuparsi di tutto, anche di ciò su cui non hanno competenza. I magistrati non sono tutti uguali, c'è chi è più esperto e svelto in determinati settori e chi ne sa quanto io di calcio. Affidando i processi a chi ha già pratica dell'argomento, si eviterebbero danni e ritardi, e già che ci siamo tra i criteri per la valutazione, se ne potrebbero introdurre di nuovi, che non privilegino solo l'anzianità, come si tende a fare ora quasi che i giudici fossero degli impiegati, ma pure l'idoneità e la capacità. A indagare su una truffa finanziaria meglio che sia chi ne  capisce, piuttosto che chi si occupa di stupri e rapine. Nelle grandi procure la specializzazione di fatto già esiste, ma in quelle di provincia no: si possono concentrare gli sforzi fra uffici diversi, vincendo resistenze e gelosie? Certo, ma per poterlo fare, bisognerebbe metter da parte anche una certa mentalità che fa somigliare le toghe più a burocrati del pubblico impiego che a investigatori. Allo scopo di sfoltire un po' di cause, soprattutto quelle inutili, si potrebbe stabilire poi che l'accesso alla giustizia si debba pagare, non con quattro bolli come accade ora, ma con cauzioni più sostanziose. Sì, lo so che qualcuno strillerebbe dicendo che la giustizia non sarebbe più uguale per tutti, ma solo per chi ha i soldi, eppure in altri Paesi si fa così e non mi pare che non ci sia cultura giuridica e sia calpestato il diritto alla giustizia. Infine il Consiglio superiore della magistratura, ovvero l'organo di autogoverno dei giudici, il quale decide delle sanzioni disciplinari come delle promozioni, finendo per essere spesso al servizio  delle correnti interne. Il Csm potrebbe restare così com'è, ma delegando a una sezione autonoma, dove la maggioranza non sia di magistrati ma da persone terze, il giudizio sulle sanzioni a carico di giudici e pm. La politica così non ci metterebbe becco e l'autonomia sarebbe tutelata, ma non ci metterebbero mano neppure le lobby con la toga. Per realizzare tutto ciò non ci vorrebbe molto, solo un po' di volontà. Basterebbe che ciascuno - partiti e corporazione -  deponesse le armi per un anno e la riforma si potrebbe varare. Ma è troppo facile e non si farà.  Anche perché qualcuno perderebbe il suo piccolo potere. In tribunale, come nel sindacato. E forse anche in Parlamento.

Dai blog