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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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Le varie e variopinte opposizioni sono in debito di fantasia, ma hanno energie da vendere.  Non paghe dell'abbuffata antiberlusconiana, sabato al PalaSharp di Milano, e di aver acclamato Roberto Saviano leader del Movimento nazionale di liberazione, ieri ne hanno combinata un'altra: alcune centinaia di persone inesauste sono andate in trasferta ad Arcore inscenando una manifestazione con la quale hanno dimostrato al premier che può tranquillamente governare fino alla scadenza naturale della legislatura.  La piccola folla si è accalcata davanti ai cancelli di Villa San Martino e ha regalato al Cavaliere uno spettacolo godibile; una carnevalata in piena regola anche se in anticipo rispetto ai tempi della tradizionale baldoria.  È vero che si è registrato qualche scontro con la polizia perché non sono mancati eccessi di bullismo, ma ciò che ha più colpito non sono stati i manganelli sulle teste calde (dei centri sociali e  affini), bensì le figure allegoriche, ovvero autentici deficienti in maschera che spiccavano nell'assembramento protestatario.  Le fotografie scattate durante la cosiddetta manifestazione certificano con crudele efficacia a che livello è arrivata la sinistra: non pochi baldanzosi “nemici” del presidente si sono presentati al raduno carnascialesco con le mutande in luogo del cappello per significare che tra il cranio e il deretano, a questo punto, non c'è differenza.  Una nota di fine umorismo tipico della nouvelle vague progressista.  La compagnia dei ribelli, a giudicare dalle immagini, si è molto divertita e probabilmente si è pure convinta di aver dato un decisivo contributo alla lotta antiregime. Mi domando se certa gente non si renda conto che, se questa è la linea antiberlusconiana, il premier anziché perdere consensi è destinato ad aumentarli.  Difatti chi vede in tivù simili pagliacciate rafforza la propria convinzione che sia preferibile essere governati da un donnaiolo che da personaggi scriteriati e incapaci di organizzare un'alternativa di spessore.  Ormai l'opposizione si è ridotta al peggior folclore e, se non fosse per alcuni conduttori di talk show, comici, saltimbanchi e corsivisti di qualche talento, nessuno si accorgerebbe della sua esistenza. Anche la proposta di Massimo D'Alema è da catalogarsi alla voce “roba vecchia”.  Come si fa a rilanciare un “fronte unico” (altrimenti detto ammucchiata) che va dal Pd a Di Pietro, dal Fli all'Udc, dai comunisti agli ambientalisti per sconfiggere alle elezioni (anticipate) la coalizione Berlusconi-Bossi?  Come si può pensare che un'alleanza in nome dell'antiberlusconismo possa reggere il confronto con gli avversari?  Ammesso e non concesso che fosse in grado di strappare una vittoria numerica, un papocchio del genere quante probabilità avrebbe di riuscire poi a governare?  Non è sufficiente l'esperienza di Romano Prodi a sconsigliare soluzioni così? È incredibile quanto sia povera di inventiva la sinistra: dal 1994 ad oggi ha solo fatto il solletico al Cavaliere.  Il quale Cavaliere è sopravvissuto alle inchieste (anche balorde) della magistratura politicizzata, a presunti scandali, ad ogni attacco sopra e sotto la cintola. Figuriamoci se è affondabile mediante manifestazioni in cui le bandiere dell'Udc e le bandiere rosse sventolano insieme con le mutande spiritose di chi si illude di trasformare il moralismo in arma letale per stendere il premier e la metà d'Italia che lo vota.  D'accordo che sono morte le ideologie, d'accordo che c'è la crisi, d'accordo che c'è il debito pubblico: ma per buttare via un governo, e sostituirlo con un altro, occorre qualcosa in più di un caravanserraglio per quanto pittoresco.  Infine, se il Cavaliere dovesse imbarcare i radicali e portare a termine anche solo il dieci per cento del programma annunciato, gli elettori - anche in caso di consultazioni in questo periodo burrascoso - sarebbero dalla sua parte.  Meglio con lui che con nessuno.

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