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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Lucia Esposito
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Nelle pagine interne i lettori interessati a saperne di più della Tav in Val di Susa troveranno un'intervista a Mario Virano. Pur essendo sconosciuto al grande pubblico, Virano è l'uomo che dell'alta velocità fra Lione e Torino conosce ogni segreto. Ufficialmente è il Commissario di governo che si occupa della cosa, ma nel concreto è l'uomo che in tutti questi anni ha trattato con le amministrazioni locali per cercare di convincerle ad accettare l'opera. Diciamo che è la persona che da almeno un decennio si batte contro i pregiudizi e le paure di chi si oppone a una delle più importanti infrastrutture in programma nel nostro Paese. Che dice Virano nel colloquio con il nostro Andrea Morigi? Innanzitutto smonta gran parte delle argomentazioni che si sentono in tv e si leggono sui giornali, prima fra tutte quella che la Tav farebbe male alla salute. Scavare una galleria nella montagna porterebbe alla luce quantitativi di uranio sepolti in profondità e ciò farebbe ammalare almeno duemila persone, non ho capito se l'anno o in totale. Virano replica con il buon senso, garantendo non solo che ogni genere di commissione vigilerà sull'inquinamento, anche quello nucleare, ma che se fare un buco nella roccia fosse così pericoloso non si capirebbe perché lo si sia fatto senza mettere a repentaglio nessuno quando si è scavato il traforo dell'autostrada. «La montagna è la stessa, la distanza tra i primi scavi e quelli che si dovrebbero fare in linea d'aria non è molta. Perché dunque una trivella costituirebbe un pericolo e l'altra non avrebbe destato mai alcun allarme?». Obiezione condivisibile, che si lega subito dopo a un'altra contestazione molto in voga in questi giorni: l'Alta velocità provocherebbe un rumore insopportabile per gli abitanti della valle, perché un conto è far correre un treno in pianura, dove i decibel si disperdono nelle campagne, un altro è fargli attraversare una gola, dove il frastuono risale lungo le pendici dei monti. Virano obietta: ma se i convogli correranno in galleria, come fanno i valligiani ad essere assordati dallo sferragliare? Non solo. Ma se analoghe opere sono in fase di realizzazione al Brennero e al Gottardo, come mai i montanari di quei luoghi non protestano? Forse che quest'ultimi sono sordi  mentre quegli altri non hanno bisogno dell'Amplifon? Infine, la questione delle questioni. Per i contestatori l'opera non è conveniente, anzi è uno spreco di risorse, intese come soldi. A sostegno di questa tesi i No Tav producono fior di ricerche su traffico merci e costi  dell'infrastruttura, spiegando che non porterà ricchezza ma povertà. A naso devono essere gli stessi, o per lo meno i nipoti, di quelli che negli anni Cinquanta non volevano le autostrade e qualsiasi cosa fiutasse di modernità, per dire che il loro è un atteggiamento ideologico. Ma, a parte questo, Virano racconta che in Svizzera e in altri Paesi stanno facendo investimenti simili ai nostri, per di più senza l'aiuto dei soldi europei, per un flusso di materiali e passeggeri che è la metà del nostro. Se loro reputano conveniente l'investimento, solo noi intelligentoni siamo convinti del contrario? Ma oltre a rispondere alle obiezioni, nell'intervista il commissario alla Tav dà anche qualche cifra sui contestatori. Su circa cinquantamila persone che abitano nella valle, quelli che protestano saranno un migliaio, forse meno. Gli altri non sono tutti fan del progetto: diciamo che 15 mila ne farebbero volentieri a meno, per potersi evitare i disagi dell'andirivieni di camion e ruspe. Ma ad ogni buon conto la maggioranza dei cittadini non è contraria. Anzi. A quanto pare  i più cominciano ad averne abbastanza del popolo No Tav, il quale blocca il traffico sull'autostrada, con conseguente danno per i lavoratori ai caselli, i quali rischiano la cassa integrazione, e allontana i turisti, con inevitabile ricaduta sui conti di alberghi e attività commerciali. Che questo sia il sentimento che sta montando fra molti abitanti della zona lo raccontava ieri anche un articolo piccolo piccolo su Repubblica. La gente, cronicamente allergica alle pagliacciate, comincia insomma ad averne le tasche piene, o meglio, vuote. Più dei blindati, più dello schieramento di forze di polizia, per metter fine alla guerriglia che si trascina da mesi, rischiando di farci perdere la faccia e i soldi della Ue, forse a questo punto servirebbe una reazione proprio di quella maggioranza silenziosa che del carnevale No Tav non ne può più. Ricordate quando, proprio da queste parti, quarantamila persone scesero in piazza per dire no ai violenti che impedivano a operai e impiegati di lavorare? Era il 14 ottobre di ventidue anni fa e a Torino la marcia dei quarantamila fece riaprire i cancelli della Fiat, ma soprattutto chiuse un'epoca di conflitti e di poco lavoro. Ecco, in Val di Susa c'è bisogno di un'altra marcia. Migliaia di persone le quali con la loro presenza testimonino che la gente perbene non è quella che blocca le autostrade, picchia i giornalisti e dà fuoco alle auto. Non servono i carabinieri. Bastano i valsusini. di Maurizio Belpietro

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