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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Ogni tanto Susanna Camusso rilancia la questione della patrimoniale. Spalleggiata da Pierluigi Bersani, la capa tosta della Cgil sostiene che per far quadrare i conti dello stato sarebbe sufficiente metter mano a quelli dei privati. Prelevando sotto forma di tasse quanto c'è da prelevare il denaro che gli italiani hanno risparmiato in anni di lavoro oppure tosando quelli che  si sono comprati qualche casa. Come dice l'ingegner Carlo De Benedetti, l'uomo che per tutta la vita si è fatto gli affari suoi e da quando è in pensione vorrebbe farsi quelli degli altri continuando a guadagnarci, il denaro si preleva dov'è. Ergo, mettiamo le mani nelle tasche di chi non è stato così furbo da portare il patrimonio all'estero o non ha avuto l'accortezza di nasconderlo dietro a qualche paravento fiscale. La patrimoniale del resto è un vecchio refrain della sinistra. Una volta i compagni dicevano che avrebbero ridotto in bolletta i borghesi e tutti quelli che possedevano qualcosa, perché la proprietà era da considerarsi un furto. Adesso che i tempi sono cambiati e linguaggio dev'essere commisurato all'epoca, preferiscono parlare di tassa sui patrimoni perché fa più chic. La sostanza ovviamente rimane la stessa e anche se mascherata da motivazioni di equità sociale, l'imposta su case e proprietà rimane un vero e proprio esproprio, cui – come spiegava Luigi Einaudi – uno stato dovrebbe ricorrere solo come atto estremo, quando cioè non restasse alternativa alla bancarotta. Visto che però la leader della confermazione rossa insiste, suggerendo al governo di finanziare la cassa integrazione e gli altri ammortizzatori sociali, con un prelievo straordinario sui possedimenti degli italiani e considerato che il numero uno del Pd si accoda alla proposta, converrà rispondere indicando uno strumento alternativo che potrebbe dare un discreto gettito ed evitare di impoverire i portafogli dei risparmiatori. L'idea è semplice e non richiede neppure troppo sforzo, perché riteniamo incontrerebbe il favore della maggioranza dei concittadini. In pratica si tratterebbe di tassare non i patrimoni dei contribuenti, ma quelli assai più improduttivi se non dannosi dei partiti. Come abbiamo visto in seguito alle recenti inchieste giudiziarie, tramite fondazioni e società varie i gruppi politici sono titolari di un vero e proprio tesoro, fatto di case e palazzi. Il nostro Franco Bechis stima che in totale l'impero economico controllato dai cassieri di Pd, Pdl, Udc, Lega, Idv e via elencando non sia inferiore ai 2 miliardi di euro, gran parte dei quali investiti nel mattone. La parte del leone ovviamente la fa il Partito democratico, che ha ereditato migliaia di immobili dal Pci. Tuttavia anche gli altri partiti non scherzano, soprattutto quelli che provengono dalla prima Repubblica come ad esempio An. Gli eredi del Msi si stima infatti che abbiano palazzine e sedi per almeno 400 milioni. E quelli della Dc, quando questa fu sciolta, avevano messo da parte edifici  per non meno di 500 milioni, somma che poi qualcuno si incaricò di far sparire grazie a una serie di triangolazioni con l'estero. Sia come sia, 2 miliardi sono un bel gruzzolo e il prelievo da parte del Fisco potrebbe essere sufficiente a finanziare un bel po' di interventi pubblici. Se poi al patrimonio dei partiti si aggiunge quello dei sindacati, il problema di come finanziare i nuovi ammortizzatori sociali per chi perde il lavoro è risolto. Stando a quanto riferisce Stefano Livadiotti, il giornalista dell'Espresso che ha scandagliato privilegi e fatturati delle Confederazioni, la Cgil è proprietaria di almeno 3 mila immobili, la Cisl addirittura di 5 mila. La Uil a Roma ha una sede che non sembra valere meno di 70-80 milioni e considerato che quella dell'organizzazione di Susanna Camusso è molto più grande, fate voi i conti. Per altro, la maggior parte di questi immobili non sono frutto di oculati investimenti fatti utilizzando i soldi dei tesserati, ma si tratta di un regalo. Un gentile cadeaux che lo stato fece molti anni fa alla Trimurti, donando a Lama-Sorti e Vanni le sedi delle disciolte corporazioni fasciste. Insomma, grazie ai soldi degli italiani partiti e sindacati hanno un immenso patrimonio immobiliare su cui – detto per inciso – non hanno mai pagato le tasse in quanto manco fossero una chiesa sono stati esentati dall'Ici. Dunque, visto che a sinistra insistono sulla tassa di proprietà, comincino ad applicarla ai loro immobili. Paghino le tasse come hanno fatto fino ad oggi gli italiani sulle loro case. Così restituiranno una parte  dell'immensa massa di denaro accumulata prelevandola dalle tasche dei contribuenti. Quando i loro patrimoni saranno tassati, allora, forse, si potrà parlare di quelli dei cittadini comuni. 

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