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Principessa Trivulzio, dimenticato il 150° della patriota che inventò le infermiere volontarie

Durante la Repubblica romana organizzò un piano infermieristico che avrebbe fatto scuola

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Fu una delle donne più importanti della storia d’Italia, ma il suo anniversario, a livello nazionale, è stato pressoché ignorato.

Forse perché era una vera PATRIOTA la marchesa Cristina Trivulzio, poi principessa di Belgiojoso, nata a Milano nel 1808 e ivi morta nel 1871, 150 anni fa.

Il Comune natale si è limitato a fornire solo un patrocinio alla Fondazione Brivio-Sforza committente di una statua all’eroina che, in collaborazione con l’impresa culturale “Le dimore del Quartetto”, sarà scoperta in Piazza Belgiojoso, il 15 settembre.

Il nome Trivulzio oggi rievoca, purtroppo, solo le malversazioni di cui è stato protagonista l’omonimo Pio Albergo, mentre ha donato all’Italia un primato mondiale mai rivendicato come merita.

La principessa, infatti, inventò le infermiere volontarie  prima di Florence Nightingale, alla quale oggi, invece, tutto il mondo attribuisce questo merito. La vicenda è ancora tutta da indagare: scrive la decana delle infermiere d'Italia, Marisa Siccardi, nel volume “Florence Nightingale e l’Italia” (Fnopi 2018) : “All’inizio degli anni Sessanta del Novecento nell’Archivio di Stato di Roma lessi con commozione un manoscritto del 23 maggio 1849 che “riproduceva” il progetto formativo infermieristico Nightingale, per constatare subito dopo che si trattava invece del manoscritto autografo della Principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso, di ben sei anni prima della partecipazione infermieristica alla Guerra di Crimea”.

Che si possa configurare un vero e proprio “plagio”? Bisognerà confrontare il piano della Trivulzio con quello presentato dalla Nightingale, e allora sapremo. Sicuramente non lasceremo passare in cavalleria la questione. Alcune fonti danno l’inglese presente a Roma proprio durante la Repubblica Romana, ma la notizia non trova riscontri unanimi. Certamente era nella Città eterna nel 1847 e conosceva  bene gli eventi della Repubblica Romana.

Questa fu un esperimento politico nato, sull’onda dei moti rivoluzionari che sconvolsero tutta Europa nel 1848, il 9 febbraio dell’anno successivo, in seguito a una rivolta interna che portò alla fuga di papa Pio IX e all’instaurazione del Triumvirato composto da Carlo Armellini, Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi.

Quando il papa richiese l’aiuto delle potenze cattoliche per re-insediarsi sul trono di Pietro, la Francia inviò un corpo di spedizione di  30.000 uomini comandati dal generale Oudinot, che mise duramente sotto assedio la Città eterna, cannoneggiandola pesantemente.  

Nonostante gli sforzi edittali, gli ospedali degli assediati erano obsoleti, sporchi, scarsi di materiale sanitario; il personale era sovente ubriaco e, di certo, impreparato. Mazzini ne restò sgomento e chiese aiuto alla Trivulzio, che aveva già organizzato a Napoli un battaglione di 200 uomini per contribuire alle Cinque giornate di Milano. Lei, in sole 48 ore, rese efficienti dodici ospedali di Roma. Aiutata da Enrichetta Pisacane e da Giulia Bovio Paolucci, inventò le “infermiere”.

Tra le sue vicedirettrici, che si spesero senza remissioni fra le corsie degli ospedali, vi furono Marta della Vedova, la scrittrice americana Margaret Fuller  che raccontò al mondo il bombardamento francese su Roma; Giulia Calame e la contessa Anna Galletti de Cadilhac, detta   “la bella di Roma”, direttrice del Comitato centrale (e, per curiosità, antenata dello scrivente).

Fra le volontarie, la Trivulzio arruolò, selezionandole per patriottismo, almeno 300 fra nobildonne, borghesi e persino prostitute, cosa che fu abilmente cavalcata dalla propaganda “nera” che la accusava di aver lasciato morire i soldati senza i conforti religiosi e tra le braccia di donne di malaffare. Nella sua lettera di risposta al Papa Pio IX, la Trivulzio scriveva: “Le donne che mi venivano denunciate erano state per giorni e giorni a vigilare al capezzale dei feriti; non si ritraevano dinanzi alle fatiche più estenuanti, né agli spettacoli o alle funzioni più ripugnanti, né dinanzi al pericolo, dato che gli ospedali erano bersaglio delle bombe francesi. Nessuno poteva rimproverare a quelle donne un gesto meno che decoroso e casto”.

Non era un carattere facile quello della principessa rivoluzionaria: spesso denunciò apertamente negligenze, ruberie e sabotaggi. Quando si trattò di garantire il salario anche ai soldati che erano stati feriti, non diede pace ai triumviri, per questo Mazzini, una volta, esasperato, la definì un vero e proprio «tormento».

Era una donna bella, colta, nobile e caparbia: in un paese come il nostro, dove la demeritocrazia ha origini antiche, non tutti le perdonarono queste qualità. E la sua "maledizione" dura ancor oggi visto che, pur con tutte le esaltazioni del genio femminile oggi di gran moda, un simile, importantissimo anniversario è stato clamorosamente "BUCATO":

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