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“I due papi” su Ratzinger e Bergoglio: un film comico? No, ma fa capire tutto

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Con un pizzico di vergogna lo ammettiamo: fino a ieri non avevamo mai visto il film “I due papi”, per la regìa di Fernando Mereilles e distribuito da Netflix nel 2019. Così, nonostante le apprensioni per il nostro sistema nervoso, abbiamo preso il coraggio a due mani, visionando la pellicola.

Quale sorpresa! Un’opera straordinaria, un unicum, uno spettacolo incredibile: ci siamo dovuti inchinare di fronte alla grandezza, roba da far impallidire Ejzenstein e Aleksandrov.

Mai, in tutta la storia del cinema, è stata prodotta un’opera più rivelatrice della realtà che stiamo vivendo.

Dovete vederlo assolutamente: è un documento storico che spiega tutto sulla Magna quaestio “dei due papi”. Per quanto riguarda i contenuti, essi sono l’ESATTO, INFALLIBILE, SPECULARE CONTRARIO della realtà oggettiva: nemmeno sotto Stalin, nel ’43, si sono raggiunte simili vette di propaganda manipolatrice per il popolino.

La stessa produzione del film, affidata al regista che ha organizzato l’inaugurazione delle Olimpiadi di Rio 2016, una specie di Sagra del Compasso e della Squadra, con piramidi verdi rovesciate, rami di acacia e altri simboli esoterico-massonici, svela quali mostruosi poteri finanziari e politici siano dietro alla costruzione di una narrativa completamente artefatta sul “papa venuto dalla fine del mondo”. Una pastiglia allucinogena da far ingollare al pollo medio. (E ce ne sono tanti).

Il film comincia con l’arcivescovo Bergoglio (impersonato da Jonathan Pryce)  che, amatissimo, a Buenos Aires, dice messa per le strade, mentre a Roma, Joseph Ratzinger - interpretato da Anthony Hopkins come un Hannibal Lecter con l’arteriosclerosi - viene eletto papa, con sua tronfia soddisfazione. (Anche se tutti sanno che Ratzinger non voleva affatto essere eletto papa).

Mentre Benedetto XVI suona il pianoforte come un Nerone con la cetra, la Chiesa va in rovina, perché le sue rigidità, i suoi “no” dottrinali ostracizzano i poveri. (Il nesso sfugge, ma vabbè).

Nel frattempo  - e qui si raggiunge la fantascienza spielberghiana – il card. Bergoglio, che non si riconosce più in questa chiesa così irrigidita, prende l’aereo per PRESENTARE LE SUE DIMISSIONI AL PAPA (!!!), ma, caso incredibile, anche lo stesso Ratzinger, contemporaneamente, lo aveva convocato. Una “coincidenza significativa” alla Paulo Cohelo perché un pizzico di esoterismo non guasta.

(Sorge un dubbio davvero complottista: ma non sarà che lo sceneggiatore, Anthony McCarten, è un ratzingeriano di ferro e ha voluto mettere sottilmente in ridicolo la narrativa su Bergoglio?).

Comunque: l’argentino si presenta a Roma, spaesato come un parroco di provincia: Ratzinger lo riceve nella reggia di Castel Gandolfo e i due hanno uno scontro verbale perché il papa tedesco non capisce che “Gesù era contro i muri, per i poveri, che accoglieva gli omosessuali, gli ultimi”… e giù con l’idrante di cattomelassa modernista.

Bergoglio insiste perché Benedetto accetti le proprie dimissioni da arcivescovo di Buenos Aires (mancano le risate registrate) ma il bavarese fa finta di non sentire. Infatti,  lui si è convinto di “aver fatto il suo tempo”. Da molti anni, ormai, (udite udite) Ratzinger “non sente più la voce di Dio”, ma il Signore gli ha parlato “con la voce di Bergoglio” (addirittura!) e gli dice: “Ora va, mio servo fedele”. Benedetto ammette di essere “troppo vecchio e svampito”; del resto, lui “ha sempre fuggito la vita, trincerandosi dietro lo studio”, ma Bergoglio cerca di dissuaderlo (!): “Ma Santo Padre, a lei si inchinano i presidenti di tutto il mondo, vengono da Lei perché è il Vicario di Cristo” (Qui la sparano davvero grossa. Leggete questo articolo QUI ).

Così, sempre per schermirsi e rifiutare il passaggio di consegne, Bergoglio confessa al papa il suo passato in Argentina. Lui trafficava coi militari di Videla, è vero, tanto che ancor oggi è ritenuto in Argentina una figura controversa, ma in realtà, poverello, lo faceva per salvare i suoi preti gesuiti che, NON OBBEDENDOGLI, sono stati massacrati dai soldati. Ah, se avessero OBBEDITO al loro superiore. “Ma non ti colpevolizzare – dice Ratzinger-Hopkins  – sei solo un uomo”. E indica Gesù Cristo: “Vedi? E’ solo un UOMO”. (Ratzinger diventa neo-ariano come Enzo Bianchi, per il quale Gesù era soltanto umano).

Poi Benedetto si confessa con Bergoglio (!)  – e qui viene la parte più scandalosamente offensiva della pellicola  - ammettendo di aver protetto il presbitero pedofilo Marcel Maciel, spostandolo di sede in sede nonostante i suoi crimini. Bergoglio prima si sdegna, poi raccomanda a Benedetto di restare papa per riparare ai suoi guasti.

(In realtà, Ratzinger è stato il primo a tentare di cauterizzare la piaga della pedofilia, mentre leggerete in “Galleria neovaticana” di Marco Tosatti di che razza di innominabili personaggi si circondi “papa Francesco”).

In realtà fu proprio Ratzinger che tra Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e papa ordinò un’indagine su Maciel scomunicandolo a sangue e definendolo: «Un falso profeta che ha condotto una vita al di là di ciò che è morale: un'esistenza avventurosa, sprecata, distorta». Come vedete, siamo alla mistificazione conclamata della realtà.

Comunque sia, tornando al film, i due ormai hanno fatto amicizia: Bergoglio insegna a Ratzinger a ballare il tango, mangiano la pizza insieme e vedono le partite di calcio. Poi, Benedetto, che finalmente ha assaporato la vita e l’amicizia grazie all’argentino, forse scoprendo anche qualcosa di inedito su se stesso durante i passi di danza, finalmente “si dimette” e, con sua somma soddisfazione, viene eletto Bergoglio che comincia a predicare fra le genti, in giro per il mondo, l’accoglienza, l’amore, la pace, bla bla bla, e giù con un’altra cateratta di sciroppo di glucosio.

Però, appena può, Bergoglio va a trovare Ratzinger (qui vengono utilizzate immagini di repertorio) e passano allegre serate vedendo le partite e bevendo birra.

Insomma, questo incredibile, mieloso, fantastorico, impudico polpettonaccio cinematografico, che ruspa nella sentina di tutti i peggiori luoghi comuni anticlericali da Bar dello Sport, costituisce il massimo monumento al plagio mondiale che stiamo vivendo: il tentativo - schiettamente massonico - di fregarci con i buoni sentimenti, con i valoretti gretini facili-facili, la pace nel mondo e la Fratellanza universale, l’ecologia e i vizietti sdoganati, in cambio della nostra DEVOTA, VOLONTARIA E ASSOLUTA OBBEDIENZA.

Significativa la scena in cui Bergoglio, eletto papa, rifiuta di presentarsi ai fedeli con la tradizionale mantelletta rossa perché, come commenta serio serio: “E’ finito Carnevale”.  QUI

E invece, IL PIÙ GRANDE SCHERZO DI CARNEVALE DELLA STORIA UMANA è iniziato proprio quell’11 febbraio 2013, Rosenmontag, primo lunedi del Carnevale tedesco (leggete QUI) con una Declaratio che alla Mafia di San Gallo parve una rinuncia al trono di Benedetto XVI, mentre invece era un auto-esilio in sede impedita che avrebbe per sempre consegnato Bergoglio alla storia come ANTIPAPA.

 

In fondo a questo articolo QUI, l'inchiesta che lo dimostra:

 

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