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Come papa Ratzinger disse la verità al direttore di Vatican News (che capì tutt'altro)

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Non vorremmo infierire, però, dopo che Vatican News ha ammannito a tutto il mondo la farlocca “visita a sorpresa” del presunto papa Francesco al negozio di dischi QUI diciamo che questo articolo ci sta tutto. La deamicisiana ”improvvisata piena di umanità e semplicità” di Bergoglio era nient’altro che una banale operazione propagandistico-demagogica dato che c’era il fotografo vaticano appostato per scattare foto all’uscita del negozio.

Il blog francese Benoit et moi, che ringraziamo per aver tradotto l'articolo, ci ha però definito QUI spietati” perché, facendo il nostro lavoro abbiamo denunciato una oggettiva mistificazione che ha preso per i fondelli 1 mld e 285 mln di persone: capite il mondo alla rovescia? 

E così, oggi, per “spietato contrappasso”, comprenderemo in che modo il vero papa Benedetto XVI, in sede impedita, nel 2014 scrisse la pura verità al giornalista Andrea Tornielli, attuale direttore di Vatican News. Il quale però capì tutt’altro, senza incuriosirsi per alcune plateali incoerenze.

Il vaticanista aveva inviato al papa delle domande “a proposito di presunte pressioni e complotti che avrebbero provocato le dimissioni” e il Papa gli rispose in febbraio, a un anno dalla Declaratio con poche frasi molto brevi.

Chiaramente, Tornielli ha interpretato quelle sue frasi secondo la solita narrativa per cui “Benedetto XVI ha abdicato regolarmente, il papa è Francesco, e tutto va bene”.

Ed ecco le brevi frasi del Santo Padre Benedetto XVI. (Astenersi lettori non disponibili al ragionamento logico).

 «Non c’è il minimo dubbio circa la validità della mia rinuncia al MINISTERO petrino. Unica condizione della validità è la piena libertà della decisione. Speculazioni circa la invalidità della rinuncia sono semplicemente assurde».

Ma a quale dei due “ministero” si riferisce Benedetto XVI? Al ministero inteso come munus (titolo papale), o inteso come ministerium (esercizio pratico del potere)? Se Benedetto si riferisse al ministero-munus, al titolo di Papa, sarebbe vero che lui ha rinunciato al papato. Ma siccome Benedetto XVI nella Declaratio ha annunciato di rinunciare al ministero-ministerium, in modo differito e mai ratificato giuridicamente, la rinuncia è fattuale e riferita solo all’esercizio pratico del potere. Non c’è, quindi, alcun dubbio che lui abbia rinunciato al ministero-potere pratico, ma il papa resta sempre e solo lui.

Così, la condizione di “piena libertà” non è un riferimento canonico, ma un riferimento SEMANTICO: una rinuncia, per il dizionario è “l’abbandono volontario di un diritto, di un bene”. Lui ha rinunciato di fatto al ministerium; una rinuncia, per sua stessa definizione, è libera e volontaria; ergo, le speculazioni sulla invalidità della rinuncia di Benedetto al ministerium sono assurde.

Quindi quello il papa dice a Tornielli è tutto verissimo, ma è il giornalista che, come tutti, del resto fino ad oggi, ha interpretato male.

E ora passiamo alla prossima frase, famosa e davvero clamorosa e umoristica.  

«Il mantenimento dell’abito bianco e del nome Benedetto  è una cosa semplicemente pratica. Nel momento della rinuncia non c’erano a disposizione altri vestiti. Del resto porto l’abito bianco in modo chiaramente distinto da quello del Papa».
 

Il papa veste in talare bianca. I colori delle “altre” talari ecclesiastiche sono nero, violaceo e rosso. Quindi, se volessimo seguire la narrativa mainstream, Benedetto avrebbe mantenuto l’abito bianco perché, in un anno non si è trovato in tutta Roma un sarto ecclesiastico che potesse approntare all’”ex papa” una talare nera, rossa o viola, diversa da quella bianca? La risposta, letta in tal senso, è un vero scherzo di carnevale.

L’autentica interpetazione non può, quindi, essere che questa: “Mantenere l’abito bianco e il nome era la cosa più pratica che si potesse fare, dato che rinunciando fattualmente al ministerium restavo IL Papa. Ecco perché non potevano esserci a disposizione altri vestiti che non fossero quelli bianchi, da papa. “Del-resto”, (“per quello che mi resta del papato”?) essendo in sede impedita, porto l’abito bianco chiaramente distinto da quello che è il tipico abito da Papa”. (Non si sta quindi riferendo al fatto che porta la veste diversa da quella di “papa Francesco”).

Benedetto XVI, per simboleggiare la SPOLIAZIONE del governo pratico, peraltro a DUE sole funzioni (governare la barca di Pietro e annunciare il Vangelo, come da Declaratio), si è tolto DUE elementi della veste tipica del Papa: la mantelletta e la fascia alla vita. Infatti, questa è la soluzione più pratica che evidenzia un papa autoesiliato in sede impedita, un papa emerito, cioè l’unico che ha diritto di essere il papa e che infatti continua a vestire di bianco.


E ora andiamo all’ultima frase che, in effetti, è rimasta misteriosa per un bel po’. Scrive Tornielli: “Nelle scorse settimane il teologo svizzero Hans Küng aveva citato alcune parole contenute in una lettera ricevuta da Benedetto XVI e riguardanti Francesco. Parole ancora una volta inequivocabili: «Io sono grato di poter essere legato da una grande identità di vedute e da un’amicizia di cuore a Papa Francesco. Io oggi vedo come mio unico e ultimo compito sostenere il suo Pontificato nella preghiera». 

E, in merito, Benedetto XVI risponde a Tornielli:

«Il prof. Küng ha citato letteralmente e correttamente le parole della mia lettera INDIRIZZATA A LUI».

A parte la possibile ironia su “legato”, come spiegava Mons. Gaenswein QUI Benedetto XVI vive una sorta di cordiale “ministero allargato” con il papa illegittimo che, inconsapevolmente, è cooperatore della verità: quando sarà svelata la sua illegittimità si realizzerà un piano escatologico, quindi c’è piena identità di vedute. Ma che bisogno c’era di specificare “indirizzata a lui”? Bastava dire: “…le parole della mia lettera”.

Come ci ha fatto notare il dott. Martin Bachmeyer, la parola “Pontifikat” in tedesco, si riferisce anche all’ufficio del VESCOVO e non solo a quello del papa, come, invece, avviene in italiano.

In tal senso, Benedetto XVI utilizza una delle sue sottili e umoristiche anfibologie, dato che con quella frase, indirizzata a un compatriota, in tedesco, egli può essere interpretata in due modi diversi e con essa può anche perfettamente sostenere a distanza, con la preghiera, l’EPISCOPATO dell’attuale arcivescovo Bergoglio a Buenos Aires, dato che la sede vescovile è stata lasciata vuota dal suo legittimo titolare che, “assurto a nuovi ruoli” (l’antipapato), si è trasferito a Roma.

Hans Küng (1928-2021) fu il nemico n. 1 di Joseph Ratzinger: un ultramodernista premiato dalla Massoneria tedesca che, non a caso, è stato riabilitato da Bergoglio. Particolarmente gustoso ricordare come  Küng da sempre negasse l’infallibilità papale, mettendo quindi in dubbio ciò che diceva il Papa. Eppure, Benedetto XVI ha fatto dire proprio a lui un pezzetto di verità.

Ora: per i contestatori che si ostinano a dire che le nostre sono “fantasiose interpretazioni da romanzo poliziesco”, nemmeno se ci avessero trasfuso il genio distillato di 1000 Dan Brown riusciremmo a trovare una perfetta spiegazione logica e alternativa, che coincide con l’oggettiva situazione canonica, in TUTTE le decine e decine di affermazioni di papa Benedetto post 2013. Quindi, armatevi di santa pazienza e leggete TUTTA l’inchiesta riportata QUI in fondo. Poi contestate pure. 

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