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La merlettaia filosofa racconta: l'arte del tombolo fra storia, arte, medicina e moda

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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Con l’espressione “pizzi e merletti” spesso si allude a qualcosa di superfluo e antiquato, ma quando si dice “è un merletto”, si intende anche ciò che è prezioso, mirabile e raffinatissimo. Si sa dunque poco di questa straordinaria “arte applicata”, metafora della creazione del mondo e delle sinapsi del cervello umano. Così, abbiamo chiesto lumi a una “merlettaia filosofa”, Camilla Bertrand: romana, laurea a pieni voti in Estetica a “La Sapienza”, vari anni da assistente in Pedagogia dello Studio fino alla folgorazione sulla via del “tombolo”. Era una ragazzina quando, durante un viaggio in Abruzzo, rimase incantata dal rumore ipnotico dei “fuselli” e dalle mani velocissime delle merlettaie: dal primo spillo messo sul tombolo, il cuscino sul quale si tesse la trama dei fili, capì che non avrebbe più smesso, tanto che oggi è docente di merletto presso la storica Scuola di Arti Ornamentali di Roma.

D. Dottoressa, c’è un legame tra filosofia e merletto?

R. Lo studio del merletto è come un imbuto al contrario, inizia stretto stretto e poi, improvvisamente, si apre un mondo. L'insegnamento più grande che mi ha dato la filosofia è stato quello di chiedermi il perché delle cose, di risalire ai principi  e ho cercato di applicare questa abitudine del pensiero anche al tombolo e allo studio della sua storia.

D. Possiamo parlare di un’arte italiana?

R. Probabile: nel libro Nüw Modelbuch pubblicato a Zurigo tra 1561 e il 1562 si legge: "Il merletto è stato introdotto nel 1536 da mercanti provenienti dall'Italia e da Venezia", ma già nel 1455, il Mantegna dipinse, nella Presentazione al Tempio, un dettaglio della veste del sacerdote che sembra un punto tipico del merletto a fuselli. In tutta Europa la richiesta sempre crescente di questo prodotto di altissimo pregio ed eleganza fece nascere ovunque scuole professionali e una vera “industria del merletto”, un sistema molto complesso che comprendeva progettazione dei modelli (ad opera anche di grandi artisti), esecuzione di pezzi di raffinata bellezza e diffusione/vendita.

D. Non solo arte, ma perfino medicina…

R. Il merletto a fuselli è diverso dalle altre attività manuali perché si usano la destra e la sinistra senza distinzione: questo permette di mettere in relazione i due emisferi cerebrali. A inizio '900, alcune dottoresse inglesi avevano intuito le potenzialità curative del merletto e, durante la Grande Guerra, lo introdussero nell'ospedale militare di Endell Street per riabilitare i soldati feriti, ma è stato utilizzato anche per la riabilitazione in caso di ictus, permettendo di recuperare la mobilità delle mani.

D. Terapia per il corpo, ma anche per lo spirito?

R. Il tombolo cura anche l'anima: ho sentito tante donne a cui il tombolo ha salvato la vita, aiutandole a superare la depressione e il lutto.

D. Eppure, Bergoglio ha stigmatizzato l’uso liturgico dei “merletti della nonna”…

R. Uno scivolone: tra il XVII e il XVIII secolo Roma e il Papato hanno dato un grande impulso al commercio del merletto, come è dimostrato dai numerosi campioni dimostrativi che i commercianti delle Fiandre inviavano al Papa. Il merletto ha avuto sempre un ruolo di primo piano nella Chiesa, come ornamento degli abiti liturgici e dell'altare.

D. Ma, alla fine, qualcuno si è mai chiesto chi fosse questa “nonna”?

R. Ci sono nonne che nel testamento hanno chiesto di bruciare tutti i loro disegni perché preziosissimi: con un bel “progetto” vendevi un merletto e davi da mangiare ai tuoi figli, con uno brutto no. Le nonne del merletto sono tutte quelle donne che hanno frequentato le scuole professionali femminili studiando italiano, francese, calligrafia, disegno ornamentale e geometrico applicato ai lavori di sartoria e ai merletti: le prime grandi lavoratrici. Io stessa ho trovato lavoro insegnando il merletto e sto portando avanti un progetto per farlo conoscere anche alle bambine.


D. Dicono però che il pizzo sia caduto in disuso, ma è vero?

R. La moda è piena di lavorazioni a merletto, ma si tratta di lavori industriali, a basso costo. Siamo più ricchi rispetto ai nostri bisnonni, ma gli oggetti di cui ci circondiamo sono sempre più poveri, senza identità, omologati. Di recente, grandi stilisti come Christian Dior e Manolo Blahnik hanno cercato di ridare una nuova spinta alla produzione manuale del merletto: abbigliamento, gioielli, design, elementi di arredo sono tutti ambiti in cui i pizzi possono essere utilizzati con grandi risultati estetici. E la bellezza è reale solo se è condivisa.

 

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