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Le rivelazioni di Padre Murr confermano il piano di Ratzinger e Wojtyla

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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La recente – ed esplosiva – pubblicazione italiana del libro di don Charles Theodore Murr "Massoneria vaticana. Logge, denaro e poteri occulti nell’inchiesta Gagnon" (Fede e cultura ed.) fornisce una montagna di elementi che vanno a suffragare quanto affermiamo, da alcuni anni, su questa pagina:

1) I papi postconciliari furono costantemente bersaglio della massoneria ecclesiastica, e si difesero come poterono.

2) Giovanni Paolo II fu vittima di un attentato organizzato dalla massoneria ecclesiastica per depotenziare il Terzo segreto di Fatima

3) Il congegno antiusurpazione preparato dal card. Ratzinger-Giovanni Paolo QUI II fu la risposta all’aggressione interna al papato e risale al 1983.

In questo articolo QUI   il vaticanista Aldo Maria Valli riassume in modo efficace la storia raccontata dal sacerdote americano che fu amico e assistente di un fedelissimo monsignore canadese, Edouard Gagnon, al quale Paolo VI commissionò un’inchiesta interna per scoprire chi e quanti fossero i prelati legati alla massoneria. (Ma se - come accusano certi tradizionalisti “una cum”  - i papi postconciliari erano tutti massoni-modernisti-apostati-eretici, come mai Paolo VI commissionò un’inchiesta del genere?).

 

Scrive Valli: “Dopo lunghe e minuziose indagini, Gagnon mette insieme un bel malloppo con nomi e cognomi, accuse circostanziate e tante di quelle notizie da far scoppiare una bomba di proporzioni colossali”.

Quando, nel maggio 1978, Gagnon va a trovare Paolo VI per presentargli il risultato della sua inchiesta, il papa è stanco, malato e depresso, desidera che sia il suo successore a occuparsi di un simile, atroce scandalo.  Pertanto si rifiuta di esaminare il dossier. Aveva ragione: morirà  tre mesi dopo a Castel Gandolfo.

Così viene eletto Albino Luciani col nome di Giovanni Paolo I: Gagnon torna alla carica,e il neo papa rimane allibito: “Massone, o quanto meno legato alla massoneria – riassume Valli - è il segretario di Stato Jean Villot. Idem per quanto riguarda l’arcivescovo Bugnini, artefice della riforma liturgica post-conciliare, e il cardinale Sebastiano Baggio, potentissimo prefetto della Congregazione per i vescovi, insomma l’uomo che per conto del papa seleziona i candidati all’episcopato per tutte le diocesi del mondo. Senza parlare delle infiltrazioni nello Ior, la banca vaticana”.

Papa Luciani è intenzionato ad agire subito, ma pochi giorni dopo, guarda caso, se ne va all’altro mondo. Una confidenza ricevuta dallo scrivente anni fa (da prendersi col beneficio del dubbio) riferiva del medico personale del papa che, prima dell’esposizione della salma, aveva dovuto resecargli i tendini del viso rimasti contratti in una orribile smorfia, a causa del veleno. Sul tema consigliamo il libro del 1997 di David Yallop "In nome di Dio" QUI .

Nello stesso anno 1978, viene così eletto il cardinale Wojtyla, il quale, dopo quattro mesi, riceve Gagnon, ma l’udienza non è soddisfacente. Forse il papa polacco è distratto dalla sua Polonia schiacciata dal tallone sovietico, fatto sta che Gagnon, esacerbato, dà le dimissioni e si ritira a fare il missionario in Colombia.

Il 13 maggio del 1981 sparano a Giovanni Paolo II e il papa, appena rimessosi dall’attentato, fa richiamare urgentemente il monsignore detective.

Domanda: perché avrebbe fatto richiamare l’indagatore della massoneria ecclesiastica se dietro l’attentato ci fossero stati solo i servizi segreti bulgari, la mafia turca, i Lupi grigi e il Kgb, come tramandato dalla vulgata ufficiale? Sarà un caso che Oral Celik, presunto complice di Alì Agca, parlasse invece della commissione ricevuta da due cardinali?

Comunque, continua Valli, “nella prefazione al libro di Murr lo storico della Chiesa Roberto de Mattei sostiene che Gagnon, quando portò il dossier a Giovanni Paolo II, commise un errore fatale. Descrivendo la drammatica situazione della Chiesa non riuscì a trattenere le lacrime e così all’energico papa Wojtyła apparve come un uomo in difficoltà, depresso, forse squilibrato, in una parola inaffidabile. Fu FORSE per questo motivo che, preso da altre urgenze, il pontefice polacco non ritenne di esaminare il dossier”.

E qui si ferma l’analisi: praticamente, il povero, onesto e fedele Mons. Gagnon avrebbe cercato con ogni mezzo di far conoscere ai papi citati la propria inchiesta, ma il tutto si sarebbe arenato inspiegabilmente con Giovanni Paolo II che lo ritenne uno squilibrato, per via di un pianterello...

Vi sembra plausibile la ricostruzione del de Mattei?

Come mai, allora, nello stesso anno, Giovanni Paolo II nomina Gagnon arcivescovo, e due anni dopo cardinale? In base a quale ratio avrebbe promosso, in breve tempo, ai massimi ranghi ecclesiastici un monsignore “squilibrato” autore, pertanto, di un’inchiesta non degna di attenzione e gravemente calunniatrice di tanti importanti prelati?

 

 

E qui ci fa capire tutto papa Benedetto XVI, in “Ultime conversazioni (Garzanti 2016).

Seewald. “Nella già citata Via crucis al Colosseo del Venerdì Santo del 2005 lei parlò della sporcizia presente nella Chiesa. Si riferiva già allora ai casi di abuso?

Benedetto XVI: “C’erano ANCHE quelli, ma ho pensato a TANTE COSE. Un cardinale della Congregazione per la dottrina della fede viene a conoscenza di così tanti particolari, perché tutti gli SCANDALI ARRIVANO LÌ, che bisogna possedere una grande forza d’animo per sopportare. Che nella Chiesa ci sia della sporcizia è cosa nota, ma quello che deve digerire il capo della Congregazione per la dottrina della fede va molto oltre e pertanto volevo semplicemente pregare il Signore che ci aiutasse”.

Seewald: “Molti pensano che Giovanni Paolo ii non abbia affrontato il problema in modo sufficientemente aggressivo.

Benedetto XVI: “Dipende SEMPRE DALLE INFORMAZIONI CHE SI HANNO. Quando fu sufficientemente informato e vide cosa stava accadendo fu assolutamente convinto che bisognava affrontare la situazione con polso. La realtà è che SULLA BASE DEL DIRITTO CANONICO VIGENTE non era possibile comminare grosse PUNIZIONI. Io dissi che avevamo bisogno di emendamenti. IL PAPA MI CONCESSE IMMEDIATAMENTE MANO LIBERA. Abbiamo creato NUOVE NORME E STRUTTURE GIURIDICHE. Solo così si poteva affrontare la questione”.

Papa Benedetto si riferisce con la parola “sporcizia”, quindi, NON SOLO AGLI ABUSI, ma anche ad ALTRE NON MEGLIO SPECIFICATE COSE, le quali sono di una gravità ancora peggiore rispetto ai noti abusi. E cosa ci può essere di più grave di questi ultimi? Un omicidio, o, peggio, l’assassinio del papa? Un complotto per usurpare la Chiesa e condurla all’apostasia? Ecco l’obiettivo della massoneria ecclesiastica.  

Strano che venga scelto per l’attentato a Wojtyla proprio il 13 maggio, festa della Madonna di Fatima: per delle forze atee come servizi bulgari-Kgb sarebbe stato veramente da sciocchi sparare al papa proprio in quel giorno, dando così realizzazione al Terzo Segreto di Fatima, che metteva in guardia dall’apostasia descrivendo un papa ucciso con colpi di arma da fuoco.

Piuttosto, il successo di una simile operazione avrebbe fatto molto comodo solo a chi voleva attuare l’apostasia, proprio come la massoneria ecclesiastica. Il Terzo Segreto, realizzato “artificialmente” sparando al papa sarebbe stato così derubricato come “già avvenuto dall’81” e da lì si sarebbe potuti procedere tranquillamente all’elezione di un “papa” apostata. Ne abbiamo scritto QUI .

Ma la cosa più importante, come rileva Benedetto XVI, è che per “comminare grosse punizioni” a non meglio specificati soggetti mancavano le strutture canoniche. Guarda caso, il cardinale Ratzinger ricevette “mano libera” da Giovanni Paolo II e dotò la nuova edizione del diritto canonico di “nuove norme e strutture giuridiche”. (Questo smentisce in modo totale anche il libro presuntamente di Mons. Gaenswein “Nient’altro che la verità” dove si nega a Benedetto XVI qualsiasi competenza canonistica).

E infatti, proprio nel 1983, il card. Ratzinger sovrintende alla modifica del canone preposto all’abdicazione, (il 332.2) inserendovi per la prima volta la necessità di rinunciare al MUNUS petrino, l’investitura di papa di origine divina, l’essere papa, cosa ben diversa dal MINISTERIUM, il potere di fare il papa che consegue dal munus.

 

Viene importato nel diritto canonico romano un congegno antiusurpazione tipico del Fuerstenrecht, il diritto dinastico dei principi tedeschi QUI  .

In sintesi, se il papa rinuncia al munus ha abdicato; se rinuncia al ministerium è impedito e chi viene eletto mentre il papa è impedito e non abdicatario diventa antipapa, destinato all’annullamento. Semplicissimo. Sia munus che ministerium, genialmente, possono essere tradotti con la stessa parola “ministero” nelle lingue volgari.

E ancora, ai primi anni ’90 Ratzinger-Wojtyla fanno costruire il monastero di clausura Mater Ecclesiae, dove il papa impedito del futuro si sarebbe potuto rinserrare.

Nel 1996 Ratzinger scrive la Universi Dominici Gregis poi promulgata da Wojyla, dove tra gli artt. 76 e 77 si dice che se la vacanza della sede per rinuncia del Pontefice non è avvenuta a norma del canone 332.2, proprio quello che impone la rinuncia al munus, l’elezione è nulla e invalida e la persona eletta non ha alcun diritto.

 

 

Arriva il 2013, Benedetto XVI è ormai allo stremo, minacciato di morte (Mordkomplott). La massonica Mafia di San Gallo lo opprime. I tempi sono maturi e così Benedetto XVI “rompe il vetro e tira la leva di emergenza” dando il via al piano antiusurpazione.

Fa una Declaratio nella quale – guarda caso in latino - non rinuncia al munus, ma annuncia la sua prossima sede impedita con la perdita del ministerium. I nemici massoni  della Mafia di San Gallo se la bevono ed eleggono antipapa Bergoglio, da loro sponsorizzato fin dal 2005 come confessato dal card. Godfried Danneels QUI   .

La bomba atomica a orologeria per la massoneria ecclesiastica ha iniziato il suo count down. Il piano prevede la lenta emersione alla luce della “Chiesa del diavolo”, per dirla con il teologo Ticonio,  apprezzatissimo da Ratzinger. QUI  

Passano sette anni fin quando i ripetuti segnali in codice di Benedetto, il "codice Ratzinger", nient’altro che un’applicazione del concetto di “restrizione mentale larga” proprio della Teologia morale, QUI vengono colti da un giornalista. Tre anni di inchiesta per rimettere insieme tutti i pezzi, poi una petizione alla Segreteria di Stato con 11.500 firme per denunciare che l’usurpatore massonico è un antipapa e non ha alcun diritto QUI .

Il Segretario di Stato Parolin, pubblicamente offeso da anni di sgarbi istituzionali da Bergoglio, risponde gentilmente al giornalista e “prende conoscenza” del report con un gesto estremamente significativo dal punto di vista politico. QUI .

Non è lui a dover intervenire, ma i veri cardinali di nomina pre 2013, comunque il dato è politicamente significativo. 

Arrivati a questo punto, sarebbe opportuno indossare dei tappi per le orecchie e riparare in cantina, magari ponendo dei sacchi di sabbia davanti ai vetri.

Vorremmo dire a Padre Murr, ringraziandolo per le sue importanti rivelazioni: Papa Giovanni Paolo II e il cardinale Ratzinger non rimasero inerti di fronte al tremendo dossier di Mons. Gagnon, come sarebbe potuto sembrare. Abbiamo portato dei FATTI che dimostrano il contrario.

Semplicemente, così come è abitudine di Dio, hanno avuto tempi e modi per fare giustizia che all’uomo non è immediatamente dato sapere.

 

 

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