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Declaratio di Ratzinger manipolata: avvocati scrivono a Parolin

Andrea Cionci
Andrea Cionci

Storico dell'arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall'Afghanistan e dall'Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo "Eugénie" (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi - vive una relazione complicata con l'Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore

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L’ultima acquisizione della nostra inchiesta è che Papa Benedetto non ha mai fornito le traduzioni della Declaratio, ma solo un originale latino. Il dato è confermato sia da Mons. Georg Gänswein che dal biografo autorizzato del Pontefice, Peter Seewald. Entrambi hanno testimoniato che le traduzioni competevano alla Segreteria di Stato allora presieduta dal Card. Tarcisio Bertone.

Nella seguente lettera, firmata da due magistrati e da nove avvocati, si è notificato oggi all’attuale Segretario di Stato Pietro Parolin (e ai comandanti di Guardie Svizzere e Gendarmeria) il patente dolo operato da ignoti nella versione tedesca della Declaratio. Tale operazione svela la maldestra intenzione sottesa anche alle traduzioni in altre lingue straniere: tentare di assimilare la Declaratio a una valida abdicazione con una rinuncia al munus petrino (Amt, in tedesco) che invece non è mai avvenuta.

______________

Alla cortese attenzione dell’Eminentissimo e Reverendissimo Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato,

per conoscenza, al Comandante delle Guardie Svizzere, Col. Cristoph Graf,

e al Comandante del Corpo della Gendarmeria dello Stato della Città del Vaticano, Dott. Gianluca Gauzzi Broccoletti

 

         Eminenza reverendissima,

insieme al magistrato Dott. Angelo Giorgianni, Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale per la vita (OMV), già Sottosegretario dell’Interno (con delega agli affari di culto), e ai nove avvocati co-firmatari di questa lettera, dobbiamo sottoporLe un caso della massima gravità, consapevoli del fatto che Lei saprà prendere le misure più opportune.

Nell’intervista andata in onda su Tv 2000 il 4 gennaio 2023, Mons. Georg Gänswein, parlando della Declaratio di papa Benedetto XVI, dichiara testualmente al minuto 13.30 QUI:  

“Io ho detto: «Santo Padre perché in latino?» - «Questa è la lingua della Chiesa, e io vorrei fare questo, questo e questo. E poi, loro traducono … e capiscono»”.

Leggiamo inoltre, nel volume “Nient’altro che la verità” (Piemme 2023) pubblicato da Mons. Georg Gänswein, a pag. 200:

“Benedetto aveva cominciato a fine gennaio a stendere la bozza del testo che avrebbe letto in Concistoro. La sua decisione di scrivere in latino fu ovvia, poiché da sempre è questa la lingua dei documenti ufficiali della Chiesa cattolica. La formula della rinuncia venne ultimata dal Papa il 7 febbraio. Portai personalmente il foglio nell’appartamento del cardinale Bertone, dove lo leggemmo insieme con monsignor Giampiero Gloder, coordinatore in Segreteria di Stato della redazione finale dei testi pontifici. Vennero suggerite piccole correzioni ortografiche e qualche precisazione giuridica, cosicché il testo definitivo fu pronto per domenica 10 febbraio, quando si provvide anche alle traduzioni in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, portoghese e polacco”. (Successivamente fu aggiunta anche la traduzione in arabo n.d.r.).

Nel volume “Ein Leben” di Peter Seewald, (Garzanti 2020) biografia autorizzata di Sua Santità Benedetto XVI, leggiamo a pag. 1159:

“Sotto il sigillo del segreto papale, venne informato anche un dipendente della segreteria di stato, che avrebbe dovuto verificare la correttezza della dichiarazione delle dimissioni in termini di contenuto, forma e lingua (in effetti, ne modificò poi leggermente lo stile in alcuni punti)”.

Da queste testimonianze emerge in modo inequivocabile come papa Benedetto XVI avesse consegnato la sua Declaratio scritta unicamente in latino e apprendiamo come il Card. Tarcisio Bertone, allora Segretario di Stato, provvide, insieme a Mons. Giampiero Godler, a far stendere le traduzioni nelle varie lingue, intervenendo sul testo con non meglio specificate modifiche di “stile”, “correzioni” e “precisazioni giuridiche”.

Ora, nella Declaratio in inglese, spagnolo, francese, portoghese, polacco, e arabo, i due aspetti della figura papale citati, il munus e il ministerium, sono stati tradotti con la stessa parola che sta per “servizio”. Rispettivamente ministero, ministry, ministerio, ministére, ministèrio, posługi, khedma. (Confrontare QUI  ).

Una scelta discutibile, dato che, come dimostrato dalle traduzioni ufficiali della costituzione apostolica Pastor bonus (1988), almeno in italiano, inglese, spagnolo e tedesco, c’è una parola ben precisa per descrivere il munus, citato rispettivamente come “ufficio”, “office”, “oficio”, “Amt”.

 

 

Ora, l’ambivalenza della parola ministero-ministry-ministerio (etc.) per munus e ministerium nella maggior parte delle traduzioni in lingua volgare poteva essere considerato inizialmente frutto di una grossolana semplificazione, dato che la Pastor bonus specifica inequivocabilmente come siano due aspetti diversi (anche se complementari) della figura papale QUI ).

Tuttavia, nella traduzione tedesca della Declaratio emerge come vi sia stato un vero e proprio DOLO.

Infatti, il munus e il ministerium, pur correttamente tradotti con “Amt” e “Dienst”, SONO STATI SCAMBIATI DI POSTO.

In queste due immagini, si nota a colpo d’occhio l’inversione.

 

 

 

La traduzione tedesca corretta doveva essere: “…le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino (Amt) […] per questo, dichiaro di rinunciare al ministero (Dienst) di Vescovo di Roma…”.

E invece, come Lei stesso può notare, è stato riportato: “…meine Kräfte infolge des vorgerückten Alters nicht mehr geeignet sind, um in angemessener Weise den PetrusDIENST auszuüben […] ich daher mit voller Freiheit, auf das AMT des Bischofs von Rom…”.

La versione tedesca rivela quindi, in modo assoluto, come la Declaratio – fornita da papa Benedetto solo in latino - è stata deliberatamente e artatamente manipolata per renderla, almeno in tedesco, una rinuncia al munus petrino (Amt). Lo scopo era, evidentemente, quello di farla assomigliare a una regolare abdicazione a norma del can. 332.2:Si contingat, ut romanus Pontifex MUNERI suo renuntiet…” – “Nel caso che il romano pontefice rinunci al suo UFFICIO …” - “Falls der Papst auf sein AMT verzichten sollte…”.

Questa clamorosa alterazione nella versione tedesca svela anche il perché dell’uso indifferenziato della parola ministero, ministry, ministère, ministerio etc. nelle altre traduzioni in lingua volgare.

Se in inglese, spagnolo, francese, portoghese, polacco si poteva camuffare e mascherare la mancata rinuncia al munus di Benedetto XVI con una parola più o meno ambivalente, in tedesco, idioma molto preciso, occorreva una falsificazione apposita.

Come Le abbiamo già illustrato nell’inchiesta “Codice Ratzinger” inviataLe il 3 luglio scorso e di cui Lei ha preso conoscenza il 20 novembre 2023,

 

 

la dichiarazione di rinuncia al ministerium di papa Benedetto è del tutto coerente con l’annuncio di prossima sede impedita che abbiamo illustrato in questo breve documentario da Lei già acquisito, QUI.

Infatti, solo in sede impedita il papa può vedersi privato del ministerium, il potere di “fare il papa” mentre trattiene il munus (l’”essere papa”). Non è un caso che Benedetto XVI, esattamente come il suo predecessore impedito Pio VII, avesse mantenuto nome pontificale, veste e facoltà di impartire la sua benedizione apostolica.

 

 

La rinuncia di papa Benedetto al governo della Chiesa, al ministerium, sebbene impostagli forzatamente da un conclave illegittimo, convocato a papa non morto e non abdicatario, fu una rinuncia da lui santamente e liberamente accettata, come il Cristo che depose le vesti, offrendosi liberamente alla Sua passione. Si citi a tal proposito la conclusione dell’articolo del canonista Prof. Don Stefano Violi pubblicato nel 2013 sulla Rivista Teologica di Lugano che già rilevava la mancata rinuncia al munus petrino: “Col gesto della rinuncia, Benedetto XVI ha incarnato anzi la forma più elevata del potere nella Chiesa, sull’esempio di Colui che avendo tutto il potere nelle sue mani depose le vesti, non dismettendo in questo modo, ma portando a compimento il suo ufficio a servizio degli uomini, cioè la nostra salvezza”. QUI

Pertanto, Eminenza reverendissima, Le chiediamo rispettosamente di promuovere immediatamente un’inchiesta interna per scoprire i responsabili di questa manipolazione, all’origine di un atroce affronto perpetrato ai danni del Santo Padre Benedetto XVI che sta compromettendo oggi la sopravvivenza della Chiesa, della fede e della legittima successione petrina.

Al di là di ogni contraffazione nelle traduzioni, resta che la vacanza della sede per rinuncia del Pontefice, nell’originale latino, non è avvenuta a norma del can. 332.2 per via della mancata rinuncia al munus petrino. Quindi, secondo quanto afferma il combinato disposto fra gli artt. 76 e 77 della Universi Dominici Gregis, l’elezione del 2013 “è nulla e invalida, senza che intervenga alcuna dichiarazione in proposito e la persona eletta”, quindi, in questo caso Jorge Mario Bergoglio, “non ha alcun diritto”.

 

 

Significativo come lo stesso Mons. Bergoglio, informato con certezza - Suo tramite - dell’inchiesta “Codice Ratzinger” in data 20 novembre 2023, non abbia fatto alcunché, ci risulta, per ripristinare la legalità nello Stato.

La preghiamo vivamente, oltre che di attivare immediatamente la magistratura vaticana, di segnalare ai sigg.ri Cardinali di nomina pre 2013 che, a norma dell’art. 3 della U.D.G., hanno il dovere di tutelare i diritti della Sede apostolica, così come richiesto dalla petizione con 14.500 firme inviateLe, in due tranche, in data 8/11/2023 e 26/1/2024. QUI 

Riponendo massima fiducia nel Suo intervento, Le porgiamo i sensi del nostro devoto rispetto,

Dott. Andrea Cionci

e

Avv. Angelo Giorgianni, Segretario Generale dell’Organizzazione Mondiale per la vita (OMV)

Avv. Emilio Fragale, coordinatore Rete   Legale Organizzazione Mondiale per la Vita (OMV)

Avv. Valeria Panetta (presidente dell’associazione Arbitrium – pronto soccorso giuridico)

Avv. Manola Bozzelli

Avv. Roberto Antonacci

Avv. Andrea Oddo

Avv. Emilio Somma

Avv. Giacomo Maria Prati

Avv. Antonino Ficarra

Avv. Simon Grasso

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