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Rai, Usigrai? Nomine, mega ammanchi e indagini: ecco il sindacato rosso

Francesco Specchia
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Sicché è cambiato il vento, si è infranto il tetto, s¶i sono sbriciolate le mura di Gerico. Comunque la si dica e la si veda, il semi-affondato sciopero generale indetto dell’Usigrai (contemporaneo alla prepotente ascesa del neosindacato Unirai) ha determinato azioni scomposte. Molto scomposte. Sono uno sfarfallio: le denunce contro il «controllo asfissiante sul lavoro giornalistico» e il «tentativo di ridurre la Rai a megafono del governo»; le accuse contro le «pressioni indebite» attuate dai direttori e vicedirettori presenti nei confronti dei redattori; gli strali generici contro il boicottaggio dei dirigenti; le richieste di smentite all’ad e al dg non si capisce bene in merito a che cosa: ecco, il sindacato-Soviet di viale Mazzini è sull’orlo di una crisi di nervi. Ha scioperato appena il 56 per cento dei lavoratori, minimo storico, parrebbe.

SULL’ORLO DELLA CRISI DI NERVI - Ed è, onestamente, comprensibile. L’Usigrai era abituato a tutto tranne che al pluralismo; molti dei suoi uomini di punta hanno alimentato e sono stati oggetto di un vischioso potere quarantennale. Pure se la Costituzione prevede più sindacati - tipo la Cgil, Cisl e Uil, nulla di particolramente eclatante nell’ambito delle libertà di associazione - in Rai curiosamente, in tutto questo tempo non se n’erano accorti.

 

 

Sicché, appunto l’Usigrai, sopravvivendo a qualsiasi cambio delle guardia politica - unico nel suo genere ha agevolato carriere e distribuito prebende per i suoi dirigenti e fedelissimi: conduzioni, trasferimenti, promozioni, dalla sede locale di Aosta al Tg1. La sua invincibile collateralità con la sinistra si nota nella carriera dei suoi singoli giornalisti. L’ex mitico segretario Usigrai Beppe Giulietti, una carriera fra sindacato e politica, eletto deputato a sinistra e poi ai vertici della Fnsi, la Federazione nazionale della stampa, oggi è presidente dell’associazione Articolo 21 che per anni ha usufruito di donazioni continue proprio dell’Usigrai (che preleva direttamente lo 0,45% al mese sulle buste paga dei suoi 1600 iscritti, parecchi sopra i 500 euro al mese, fatevi due conti...).

Batte a sinistra, le candidature lo testimoniano, anche un altro ex segretario del sindacato, Giorgio Balzoni. Poi svetta Roberto Natale: anch’egli ex segretario ha poi inforcato le porte girevoli della politica. Fallita l’elezione in Parlamento fra le liste di Sinistra e Libertà è stato piazzato come portavoce della presidente della Camera Laura Boldrini; e poi, con lauto rientro in Rai, da redattore ordinario che era ha fatto un triplo/quadruplo salto di carriera: è arrivato a direttore Rai per il sociale. Dopo la fallita candidatura al Cda di viale Mazzini in quota “dipendenti Rai”, oggi, sempre lì, Natale sta ripresentando la sua candidatura stavolta in quota Pd. Altro giro, altro regalo. Carlo Verna da Napoli, alla fine del suo mandato da segretario Usigrai, da inviato di sport locale s’è prodotto in un salto triplo: vice direttore della Testata giornalistica regionale da casa sua, appunto a Napoli. Eppoi, ultimo ma non ultimo, allievo prediletto di Giulietti e Natale, si staglia Vittorio Di Trapani. Oggi presidente della Federazione Nazionale della Stampa, Di Trapani ha un’ombra che s’allunga sulla sua carriera.

 

 

L’AMMANCO DEI FONDI  - Da segretario Usigrai per anni e anni, il Presidente ha grosse responsabilità nella gestione dei fondi spariti: 100mila euro (qualcuno parla di 300 mila). «Uno scandalo su cui lui e il suo successore Daniele Macheda, mai hanno fornito spiegazioni e mai hanno assunto le responsabilità di un grave ammanco di quote sindacali degli iscritti», rilevano alcuni iscritti.

Di Trapani e Macheda, nascosti dietro una coltre di silenzio, hanno rifiutato anche il Congresso anticipato dell’Usigrai per non assumersi responsabilità politica e nuove elezioni dell’organo sindacale. L’indagine è ancora in corso. Usigrai, di tutto di più...

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