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Con il "bonus rammendo" anche i francesi si piegano all'arte del cucito

I nobili inglesi la praticano da sempre

Daniela Mastromattei
Daniela Mastromattei

Daniela Mastromattei è caposervizio di Libero, dove si occupa di attualità, costume, moda e animali. Ha cominciato a fare la giornalista al quotidiano Il Messaggero, dopo un periodo a Mediaset ha preferito tornare alla carta stampata

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Il Re d’Inghilterra lo ha sempre dichiarato: «Faccio riparare abiti e scarpe, odio gli sprechi». Una scelta di stile che ha ereditato dalla mamma, anche se per ragioni diverse. La Regina Elisabetta, infatti, si preoccupava più che altro di non sperperare inutilmente il denaro della Corona, mentre Carlo III è attentissimo all’ambiente e a tutto ciò che impatta su di esso. Per questo ricicla spesso i suoi abiti anche per le uscite pubbliche. Persino il popolo (giovane) di TikTok lo ha applaudito qualche mese fa per aver indossato in una occasione ufficiale un cappotto che il sovrano possiede da oltre quarant’anni. Ma questo non vuol dire che Carlo III non sia un uomo elegante. Anzi. Nutre una grande passione per la moda. Fin da giovanissimo è sempre stato molto attento ai suoi look. Ma quando compra un capo, è per sempre. Lo dimostra proprio il copriabito a doppiopetto che possiede dagli anni ’80, rispolverato per la tradizionale messa di Capodanno nella chiesa della tenuta di Sandringham, dov’è arrivato insieme alla moglie Camilla. E che non è sfuggito al mondo dei social. E che dire delle sue scarpe stringate John Lobb?  Carlo se le fece fare su misura 53 anni fa e le porta ancora oggi. Ogni tanto le fa rattoppare dai maestri calzolai di St. James, ma le lucida personalmente come ha imparato durante il servizio militare.
Il Re d’Inghilterra è fedele al suo camiciaio di fiducia (vi si reca anche per cambiare colli e polsini usurati): Turnbull & Asser, nonostante l’azienda sia ormai stata rilevata da Mohamed Al-Fayed, il padre di Dodi, l’ultimo compagno di Lady Diana. Per gli abiti da cerimonia si rivolge a Ede & Ravenscroft, storico sarto di Londra, dove ogni tanto riporta i capi per stringere o allargare oppure per rammendare qualche buchino. 
Chissà se saranno stati gli stessi nobili motivi di Carlo III a spingere la ministra per l’Ecologia francese Bérangère Couillard (nella foto) a introdurre il “bonus” per riparare scarpe e vestiti usati. I parigini storceranno il naso, loro amano avere pochissimi capi (rigorosamente fashion, che diamine, sono sempre nella città dell’haute couture) nell’armadio che cambiano come cambia la moda. Ma la ministra ha due obiettivi: contrastare l’enorme quantità di sprechi, rifiuti e inquinamento e sostenere gli artigiani. Un settore che soffre particolarmente l’avanzata del fast fashion e dei marchi low cost.  Nell’ultimo anno in Francia sono state gettate circa 700mila tonnellate di indumenti (rifiuti che si sono dovuti smaltire). 
 Fonds rèparation textile prevede tra i sei e i venticinque euro di sconto diretto in fattura presso le sartorie e calzolerie che aderiranno all’iniziativa a partire da ottobre 2023. Il governo ha stanziato 154milioni di euro per i prossimi cinque anni. I meno schizzinosi si lanceranno per dare una seconda vita ai propri capi. Si potrà far riparare quel tacco della scarpa che non si pensava più di indossare o rifare l’orlo all’abito che sembrava destinato a non uscire più dal guardaroba. 
 

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