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Lo strano caso del Baglioni "plagiaro" e dell'attacco di Striscia

Antonio Ricci e il tg satirico accusano il divino Claudio di scopiazzare dai classici delle poesia. Eppure è un accanimento eccessivo:, come diceva De Crescenzo "se copi da un è plagio, d amolti è ricerca..."

Francesco Specchia
Francesco Specchia

Francesco Specchia, fiorentino di nascita, veronese d'adozione, ha una laurea in legge, una specializzazione in comunicazioni di massa e una antropologia criminale (ma non gli sono servite a nulla); a Libero si occupa prevalentemente di politica, tv e mass media. Si vanta di aver lavorato, tra gli altri, per Indro Montanelli alla Voce e per Albino Longhi all'Arena di Verona. Collabora con il TgCom e Radio Monte Carlo, ha scritto e condotto programmi televisivi, tra cui i talk show politici "Iceberg", "Alias" con Franco Debenedetti e "Versus", primo esperimento di talk show interattivo con i social network. Vive una perenne e macerante schizofrenia: ha lavorato per la satira e scritto vari saggi tra cui "Diario inedito del Grande Fratello" (Gremese) e "Gli Inaffondabili" (Marsilio), "Giulio Andreotti-Parola di Giulio" (Aliberti), ed è direttore della collana Mediamursia. Tifa Fiorentina, e non è mai riuscito ad entrare in una lobby, che fosse una...

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 Ricci contro Baglioni Foto:  Ricci contro Baglioni
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Qualche mese fa, sulla scrivania di pochi giornalisti italiani (compreso il sottoscritto) planò un libello in forma anonima come una busta d’antrace, senza fogli di accompagnamento o traccia del mittente, senza autore e prezzo. S’intitolava Tutti poeti con Claudio – Dispensa essenziale per il poeta moderno; era un’operella scarna, di grammatura spessa, in copertina rossa, delle fantomatiche “Edizioni Zibaglione”. Indicava tutte le citazioni, più o meno palesi, di vari poeti stranoti che Claudio Baglioni s’era pregiato di utilizzare nelle proprie canzoni. Si trattava, più o meno di 500 frasi estrapolate. Sinceramente, proprio per esasperante tensione all’anonimato, approcciammo il libro con diffidenza.

Bene. Ora quel testo è stato sequestrato dal Gip di Monza Gianluca Tenchio; non è possibile neanche più scaricarlo dal sito di Striscia la notizia, da dove è partita la campagna del tg satirico contro Baglioni accusato di aver copiato “testi di poesia altrui”. Il Gip, onestamente assai zelante, ha accolto l’istanza presentata dagli avvocati del cantante romano. Il quale, tramite querela, ha evitato che il reato venisse reiterato”. Il reato sarebbe la diffamazione di Striscia verso Baglioni  stesso, descritto come un “plagiaro” d’alta classe. Ma il Gip sostiene che «nemmeno parlare propriamente di plagio» perché i testi delle opere che nel libro sono messi a confronto con i testi delle canzoni di Baglioni appartengono ad autori come Oscar Wilde, Scott Fitzgerald, Garcia Lorca, o Cesare Pavese, morti da più di 70 anni, periodo trascorso il quale decadono i diritti d’autore”. 

Antonio Ricci patròn di Striscia, si risente. E comunica che «noi non abbiamo offeso nessuno. Abbiamo raccolto e verificato le segnalazioni di spettatori e fan pentiti. I giudici stabiliranno se siamo nei limiti della satira. Per me si tratta di una manovra intimidatoria di Baglioni nei confronti di una libera trasmissione. È una questione di libertà. Tutto si può toccare, tranne il divino Baglioni? E no! La satira è essenziale nel viver civile. Tutto quello che c’è nel libro è vero. E poi non lo abbiamo accusato di plagio, ma più elegantemente di amnesia verso le fonti. Scrive nel 1957 Lec (scrittore polacco, ndr) “...ci sono zebre che starebbero anche in gabbia pur di passare per dei cavalli bianchi...”. Canta nel 1999 Baglioni “...viviamo come zebre e poi, rinchiusi dietro gli steccati, illusi di sembrare dei cavalli bianchi...”. Ma è evidente che non si tratta di un plagio. Baglioni le sue zebre le chiude dentro uno steccato, mica in una gabbia come quel banale di Lec». 

Ricci s’appella al diritto di satira, ma il Gip, implacabile contesta che quel tipo di diritto «presuppone che il fatto su cui si satireggia sia vero. Non può dirsi che Claudio Baglioni sia un ‘plagiaro’ (perlomeno, non per tutte le citazioni addebitategli), né che egli occulta sistematicamente e fraudolentemente i presunti plagi al pubblico, in parte perché non sempre può dirsi che abbia davvero copiato gli altri, in parte perché ha comunque ammesso talvolta di citare le opere altrui». Ora, la diatriba  prevede anche l’azione della magistratura contro il Mago Casanova; e per aver descritto Baglioni come il Lurch della Famiglia Addams. 

Ora, se dal lato del gossip la storia appassiona,in punta di diritto siamo di fronte a una minchiata allo stato gassoso. Beninteso: Ricci ha citato Baglioni su Lec; ma poteva evocare Emily Dickinson, Gatto, Lorca, Prevert, Luzi e molti altri poeti alla cui fonte Baglioni s’è indubbiammete abbeverato. Ma così come fanno , da sempre illustri colleghi, da Zucchero che rubacchiava a Piero Ciampi a Bob Allen Zimmerman che cambiò il suo nome in Bob Dylan preso in omaggio alle palesi arraffate del lirico gallese. 

Le parole dell’arte sono nell’aria, fanno giri immensi e poi ritornano (a proposito di citazioni).  Ricordo che Luciano De Crescenzo, scopiazzando dai filosofi greci mi diceva, fieramente: «Se copi da uno è plagio, se copi da tanti, be’, quella è ricerca». Ricci ha i capelli troppo bianchi per non ricordarsene. Per non parlare dei capelli di Baglioni. Consiglieremmo a Ricci di abbandonare la sua tendenza all’accanimento (stavolta, dopo un po’, diventa stucchevole). E a Baglioni   di evitare di intasare i tribunali già affolatti di loro. Per conto mio,  farò quotare dai collezionisti la mia copia del libello in circolazione...

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