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"Solo due ore", un thriller senza pretese che centra il bersaglio

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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SOLO DUE ORE
Nove ore 21.25. Con Bruce Willis, Mos Def, David Morse. Regia di Richard Donner. Produzione 2006. Durata: 1 ora e 42 minuti

LA TRAMA
Jack Mosley (Bruce Willis) è un poliziotto non più giovane, con problemi di alcool. Nessuno  al Distretto lo calcola ormai granchè. Tant'è vero che gli viene rifilato un incarico di routine: scortare un piccolo delinquente dal distretto al vicino tribunale (solo sedici isolati di distanza, i 16 blocks del titolo originale). Altro che routine. C'è in giro molta gente che  vuole il delinquente morto e tra la gente alcuni colleghi  corrotti di Jack. I colleghi contano di mettere le mani sullo scortato ai primi isolati (quel catorcio di Jack non dovrebbe essere  un problema). Ma Jack messo alle strette  risfodera la sua vecchia grinta di duro. Sventa tutti gli attentati  e arriva abbastanza sano e salvo  al sedicesimo isolato.

PERCHÈ VEDERLO
Perché è un thriller poliziesco magari senza pretese, ma che centra il bersaglio principale: cioè tenere lo spettatore incatenato alla poltrona fino al centesimo minuto. Richard Donner per l'occasione ritorna all'efficienza spettacolare del suo film più noto (il primo "Arma letale").  E Bruce Willis  è completamente a suo agio nel suo personaggio preferito di sbirro magari crapone ma incrollabile.

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