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"Gran Torino", il capolavoro di Clint Eastwood nel suo film-testamento

Giorgio Carbone
Giorgio Carbone

Nato a Tortona (Al) il 19 dicembre 1941. Laureato in giurisprudenza a Pavia. Giornalista dal 1971. Per 45 anni coniugato all'attrice Ida Meda. Due figli. Critico cinematografico (titolare) per "La Notte" dal 1971 al 1995. Per "Libero" dal 2000 a oggi. Autore di tre dizionari: Dizionario dei film (dal 1978 al 1990); Tutti i film (dal 1991 al 1999); Dizionario della tv (1993).

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GRAN TORINO
Iris ore 21. Con Clint Eastwood, Geraldine Hughes e Dreama Walker. Regia di  Clint Eastwood. Produzione 2008. Durata: 1 ora e 56 minuti

LA TRAMA
Kowalski (Eastwood) un veterano della guerra in Corea (che in Corea imparò ad avversare i "musi gialli") vive da molti anni (è superpensionato) in un quartiere multietnico dove i gialli sono praticamente maggioranza. Vive, ovviamente, evitando al massimo le frequentazioni. Ma a poco a poco la sua scorza dura si ammorbidisce. Kowalski prende sotto la sua protezione un giovanissimo vicino di casa. Peccato che troppi anni siano passati pure per Clint. Ai tempi belli quando proteggeva  vinceva.

PERCHÈ VEDERLO
Perché è tra i più belli di Eastwood. Un film testamento, una meditazione con mano leggera sulla vecchiaia e sui valori della vita. Uomo di destra intelligente e disincantato, Clint ha sempre saputo ironizzare (anzi autoironizzare) sui suoi pregiudizi e sulle sue idionsincrasie politiche. Qui l'ironia  diventa poesia.

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