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E se compro un oggetto difettoso? La garanzia per "i vizi della cosa venduta"

Giovanni Gregorio
Giovanni Gregorio

Avvocato civilista, patrocinante in Cassazione, sono nato, cresciuto e laureato a Milano, dove esercito in proprio la professione occupandomi principalmente di contratti commerciali, risarcimento danni da responsabilità civile,  diritto immobiliare e recupero crediti. Collaboro con il servizio di tutela legale di una primaria compagnia assicurativa, sono professionista delegato alle vendite giudiziarie immobiliari presso il Tribunale di Milano e tengo corsi di formazione aziendale in materia contrattuale.

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Può capitare a chiunque di acquistare un prodotto o un bene difettoso. Possiamo imbatterci in questo problema indipendentemente dal tipo di oggetto che acquistiamo, sia esso una casa, un’automobile, una barca, un computer, un telefono o qualsiasi altra cosa.

Quando ciò accade, possono venirci in soccorso le norme di legge in materia di garanzia sugli acquisti. Le regole generali sull’argomento sono previste all’art. 1490 e seguenti del codice civile. In caso di contratti stipulati dal consumatore, inoltre, queste regole generali vengono derogate da quelle speciali previste dal codice del consumo a tutela del consumatore. 

In tutti i casi di compravendita, uno degli obblighi principali del venditore è quello di garantire il compratore dai vizi della cosa venduta.  Secondo l’art. 1490 del codice civile il venditore deve garantire che la cosa da lui venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.

In linea generale, i vizi sono le imperfezioni materiali di un oggetto che possono derivare da anomalie nel suo processo di produzione, di formazione o di conservazione o da altro.  Secondo la citata regola generale prevista dal codice civile, tuttavia, la garanzia dovuta dal venditore non si estende a tutte le imperfezioni del bene venduto, ma riguarda soltanto quelle più gravi, cioè, appunto, quelle che ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore o lo rendono inadatto all’uso cui è destinato. 

A quest’ultimo proposito, per stabilire se un difetto rende un oggetto inidoneo all’uso cui è destinato, bisogna tenere conto della sua funzione dal punto di vista economico-sociale oppure della particolare funzione previsa nel contratto. Si prenda, ad esempio, il caso in cui venga venduta una barca con una falla nella chiglia. Di regola, la falla sarebbe un difetto tale da essere coperto dalla garanzia, in quanto a causa di essa la barca, se messa in mare, si riempirebbe di acqua e affonderebbe. La falla renderebbe la barca inidonea all’uso cui è destinata, cioè inidonea alla navigazione per il trasporto di cose e/o persone. Cosa accadrebbe però se nel contratto fosse specificato che la barca viene acquistata non per navigare, ma per essere esposta in un museo? In questo caso, la funzione della barca sarebbe completamente diversa e la presenza della falla potrebbe essere del tutto ininfluente, tanto da non rientrare nella garanzia.

La garanzia prevista dall’art. 1490 cod. civ., inoltre, non è dovuta dal venditore se al momento dell’acquisto il compratore era a conoscenza del difetto oppure se questo era facilmente riconoscibile. Di regola, si esclude che un vizio sia facilmente riconoscibile, quando il suo accertamento richiede particolari cognizioni tecniche o l’impiego di particolari strumenti. Tuttavia, anche quando il difetto è facilmente riconoscibile, se il venditore ha espressamente dichiarato che la cosa è priva di vizi, egli ne è responsabile.

Nella pratica spesso si inserisce nei contratti la clausola “vista e piaciuta”, con la quale si attesta la presa visione della cosa da parte del compratore; questa clausola esonera il venditore dalla garanzia per i vizi, ma limitatamente a quelli riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede. La garanzia prevista dal codice civile dà diritto al compratore di domandare la risoluzione del contratto oppure la riduzione del prezzo. Se il compratore chiede la risoluzione del contratto, il venditore deve restituirgli il prezzo oltre agli interessi e rimborsargli le spese fatte per la vendita; il compratore, però, deve restituire la cosa, se questa non è andata distrutta a causa dei vizi. Sia in caso di risoluzione del contratto che di riduzione del prezzo, il venditore deve comunque risarcire al compratore i danni derivanti dai vizi della cosa.

Il codice civile stabilisce inoltre che la garanzia deve essere fatta valere entro un certo periodo di tempo, trascorso il quale non è più operante. Innanzitutto, il compratore deve denunciare i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge. Se non fa la denunzia entro questo termine, decade dal diritto alla garanzia.

Di conseguenza, se acquistate un oggetto difettoso, è fondamentale che segnaliate immediatamente al venditore l’esistenza dei difetti, non appena li scoprite. Potete fare la denuncia in qualsiasi modo, anche verbalmente. Tuttavia, è consigliabile fare una denuncia scritta con lettera raccomandata o con posta elettronica certificata, in quanto può accadere che dobbiate dimostrare di aver fatto la denuncia entro il termine di legge. Quando è possibile, inoltre, è opportuno allegare alla denuncia le fotografie che documentano l’esistenza dei vizi; oggi, infatti, è molto facile scattare una o più fotografie e inviarle via e-mail, meglio se si tratta di posta elettronica certificata. 

La denuncia dei vizi non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza degli stessi o se, addirittura, li ha occultati. In ogni caso, la legge stabilisce che l’azione si prescrive in un anno dalla consegna della cosa. Di conseguenza, una volta denunciati i vizi entro il termine di otto giorni dalla scoperta, se non ci si accorda con il venditore per la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, bisognerà agire in giudizio entro un anno dalla consegna della cosa. Trascorso inutilmente questo tempo, infatti, la garanzia non è più operante. Le regole previste dal codice del consumo presentano alcune differenze rispetto a quelle generali contenute nel codice civile e viste fino ad ora.

Innanzitutto, in caso di contratti stipulati dai consumatori, il venditore è responsabile per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. In tal caso, il consumatore ha diritto di chiedere, a sua scelta, la riparazione del bene o la sua sostituzione (in entrambi i casi senza spese), salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all'altro. Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore.

Il consumatore può inoltre richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto se ricorre una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

Una seconda differenza rispetto alle regole generali previste dal codice civile riguarda il termine entro il quale denunciare i difetti, termine che il codice del consumo estende da otto giorni a due mesi; il consumatore infatti decade dal diritto alla garanzia se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla scoperta.

Da ultimo, la terza fondamentale differenza riguarda la durata della garanzia, estesa da uno a due anni; il venditore è infatti tenuto alla garanzia quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene.

di Giovanni Gregorio
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