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La rivolta dei trattori tra costi esasperati, direttive europee ed ”etica della protesta”

Iris Devigili Cattoni
Iris Devigili Cattoni

Ha una laurea in scienze storiche cui sono seguiti due master in Marketing, comunicazione e social media e in Marketing strategico. Da oltre dieci anni è consulente di marketing e comunicazione digitale ed è stata docente per i master post laurea alla Business School de Il Sole 24 Ore. Autrice del libro “Buyer Personas. Comprendi le scelte d'acquisto dei clienti con interviste e Modello Eureka!”, ha scritto diversi contributi per pubblicazioni di colleghi e amici. Si dedica alla scrittura e conduzione di trasmissioni televisive, modera dibattiti, presenta libri e coltiva la sua passione per l'uso della voce. Patita di sport, si divide tra running e padel.

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La protesta dei trattori iniziata in Germania e velocemente diffusasi in Europa e in Italia è sicuramente un fenomeno complesso che vede, da un lato, la comprensibile rabbia degli agricoltori che si sentono schiacciati da una serie di costrizioni, dall’altro quella che si potrebbe definire “etica della protesta”.

Aggiungo che non è difficile immaginare la frustrazione di una categoria che, probabilmente, ha ben sperato con l’insediamento di un governo che si è dichiarato fin da subito forte sostenitore del “made in Italy”, della protezione ed esaltazione del prodotto italiano per la sua specificità e qualità. Purtroppo anche l’Italia deve fare i conti con le politiche europee e con dinamiche macro economiche che investono inevitabilmente il nostro Paese e che condizionano le volontà della politica nostrana.

Evidente è il calo dei prezzi dei prodotti agricoli che talvolta portano gli agricoltori ad avere margini negativi. Le politiche europee come la Pac (Politica Agricola Comune) e il Green Deal, sono da loro percepite come dannose e la crisi climatica sta creando forti difficoltà al settore, in quanto le anomalie degli eventi atmosferici stanno danneggiando sempre di più i raccolti, portando ad ulteriori diminuzioni dei margini.

Dal canto suo il governo, a dispetto di altri Paesi europei, ha mantenuto un’accisa ridotta sulla tassazione del gasolio agricolo, inoltre ha già proposto un emendamento sul decreto Milleproroghe per agevolazioni sull’IRPEF agricola per i redditi più bassi, oltre a voler istituire un fondo da 300 milioni di euro per i danni da calamità e a riformare il sistema assicurativo per la gestione dei rischi in agricoltura. Purtroppo l’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse hanno inciso negativamente e in maniera importante anche su questo settore produttivo.

La protesta dei trattori è un campanello d'allarme che non può essere ignorato ed è sicuramente necessario un impegno serio da parte di tutti gli attori coinvolti per trovare soluzioni e costruire un futuro più sostenibile per l'agricoltura e per le persone che ci lavorano.

Innanzitutto si dovrà aumentare il potere contrattuale degli agricoltori nella catena di distribuzione alimentare e ridurre i costi di produzione, favorendo l'adozione di pratiche agricole più efficienti, sburocratizzare il settore e valorizzare la figura dell’agricoltore e dell’allevatore non additandola come responsabile dell’inquinamento ambientale.

Altro fronte è quello della catena di distribuzione che dovrà essere migliorata ed efficientata anche per contrastare le dissimmetrie sui mercati alimentari. Relativamente ad altre situazioni vedo maggiori difficoltà. Gli agricoltori chiedono di vietare l’importazione di prodotti agricoli provenienti da Paesi dove non sono in vigore gli stessi regolamenti produttivi e sanitari, ma le logiche di mercato rendono difficilmente praticabile questa strada. Non facile vedo anche la questione legata agli alimenti ottenuti da derivati degli insetti o ai cibi sintetici. Il Governo, in particolare su quest’ultimo punto, si è già espresso vietandone la produzione e il commercio, ma mi chiedo se in futuro le cose non cambieranno a causa delle dinamiche di mercato internazionali.

Detto tutto ciò ed empatizzando con un settore di innegabile importanza per il Paese e per i cittadini che lo popolano, va a mio avviso commentata la modalità di protesta che, per restare in Italia, vede una così definita “marcia su Roma” di infausta memoria, la richiesta di esprimersi sul palco dell’Ariston durante il Festival di Sanremo - poi declassata a lettura di un appello da parte di Amadeus - e l’ormai sdoganato blocco delle strade che tanto fa incattivire la gente e che – vedi la legge del contrappasso - è consuetudine di quegli attivisti che sostengono le politiche ambientali tanto demonizzate dagli stessi protestanti agricoli.

Comprendo la necessità di farsi ascoltare, visto che di gocce che hanno fatto traboccare il vaso sono molteplici, ma le modalità andrebbero riviste perché il risultato potrebbe essere, almeno da parte dell’opinione pubblica, più negativo che positivo. Le proteste sono giuste, ma nel rispetto delle regole e della libertà dell’altro

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