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Separazione e divorzio… e se la strada fosse la dichiarazione di nullità del matrimonio?

Marzia Coppola
Marzia Coppola

Avvocato matrimonialista, educata alla resilienza e alla libertà. Laureata in Italia e in Francia, ho continuato gli studi per diventare anche avvocato della Sacra Rota. Lavoro con l'Avv. Annamaria Bernardini de Pace e mi occupo di diritto di famiglia a 360 gradi (e più!). Convinta che anche dalla relazione peggiore si possa imparare qualcosa.

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Papa Francesco ha riformato il procedimento per ottenere la dichiarazione di nullità dei matrimoni religiosi. Questo non per favorire la nullità del matrimonio, ma per fornire procedure un po’ più brevi e snelle. Infatti, quella che in passato era una strada tortuosa, oggi sta godendo di rinnovata linfa e sempre più persone scelgono di ricorrervi in luogo del tribunale ordinario (dove si discute di separazione e di divorzio). 

Per fare chiarezza: la separazione personale dei coniugi non fa venire meno il vincolo coniugale e quasi tutti i doveri e i diritti legati al matrimonio permangono, seppure “allentati”. I coniugi separati, anche se possono legittimamente instaurare nuove relazioni sentimentali e convivenze, non possono contrarre nuovo matrimonio (né civile, né religioso). Il divorzio, invece, rappresenta la fine del matrimonio e, quindi, la facoltà per gli ex marito e moglie di sposarsi nuovamente. Tuttavia, le parti che hanno divorziato potranno risposarsi soltanto civilmente. Infatti, se la prima unione coniugale era stata religiosa, per la Chiesa esiste ancora perché il vincolo del matrimonio canonico, per definizione, è perpetuo (quindi per sempre e indipendentemente dal divorzio). Salvo l’intervento della sentenza di dichiarazione di nullità che, al contrario, travolge il matrimonio dalla sua origine. In altre parole, la pronuncia di nullità sancisce che quell’unione coniugale non è mai esistita. Sarà possibile, allora, che le parti convolino nuovamente a nozze anche in Chiesa. 

Il fatto che quel matrimonio religioso venga dichiarato come inesistente sin dalla sua origine, ha delle conseguenze non solo in termini di celebrazione di un nuovo matrimonio, ma anche relativamente ai diritti e doveri che dipendono dall’unione coniugale. Perché, come detto, se il matrimonio è nullo, è come se non fosse mai esistito. E se non è mai esistito non ha portato con sé diritti e doveri (compreso quello di sostegno economico del coniuge più debole). Ecco allora che si spiega il proliferare dei ricorsi alla Rota Romana da parte di quei coniugi che sperano così di azzerare gli impegni economici in favore dell’altro. 

Questo principio generale, tuttavia, è calmierato dalle pronunce della Corte di Cassazione che hanno chiarito che la dichiarazione di nullità del matrimonio religioso travolge certamente le statuizioni economiche della separazione, ma non quelle del divorzio. Questo perché i presupposti dei provvedimenti economici dell’uno e dell’altro sono diversi. 

In conclusione, quindi, la nullità del matrimonio può essere una strada per il coniuge più ricco della coppia per “liberarsi” strategicamente dell’altro. Ma la strada deve essere percorsa velocemente (prima o contestualmente alla separazione) perché, intervenuta la pronuncia di divorzio, la strategia verrebbe vanificata. 

Resta ferma e inamovibile, naturalmente, la possibilità di domandare la dichiarazione di nullità del matrimonio anche solo per ragioni legate alla fede e al desiderio di potersi risposare in Chiesa. Ragioni che, in ogni caso, devono essere alla base della richiesta (strategica o meno) di dichiarazione di nullità del matrimonio. 

Avv. Marzia Coppola
[email protected]
Studio Legale Bernardini de Pace

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