C’era un tempo in cui scrivere di moda significava osare. Significava, per una donna, avere spazio sulle pagine dei quotidiani non come oggetto di racconto, ma come soggetto narrante. Crear sé stessa. Storia della moda raccontata dalle scrittrici (Rina Edizioni), curato da Michela Dentamaro, con prefazione di Olga Campofreda, è un volume necessario. Una cartografia di parole che ridisegna il rapporto tra donne, abiti e scrittura nel cruciale quarantennio che va dalla seconda metà dell’Ottocento alla fine degli anni Venti del Novecento. Sfilano, in queste pagine, sette autrici che sono state insieme giornaliste, intellettuali, artigiane della parola e della visione: Sibilla Aleramo, Contessa Lara, Rosa Genoni, Marchesa Colombi, Mara Antelling, Matilde Serao, Olga Ossani. Donne che hanno tessuto, con il lessico della moda, una rete di significati, desideri e consapevolezze. E che, nel farlo, hanno affermato la loro presenza in un mondo costruito dagli uomini per gli uomini.
Non si tratta di un’antologia nostalgica. È, piuttosto, una genealogia militante. Le scrittrici non si limitano a descrivere cappelli, ventagli o sottovesti: trasformano quegli oggetti in allegorie dell’identità femminile, strumenti di osservazione sociale e persino dispositivi di lotta. “Una donna – scrive Matilde Serao – deve creare sé stessa. Acquistar fisionomia ed autonomia. Aver coscienza il più possibile chiara della diversità tra la sua compagine intellettuale e quella virile […] e farla accettare all’uomo come elemento non già inimico ma integratore”.
Nei testi di Contessa Lara, invece, l’oggetto quotidiano si fa pretesto per un’analisi sottile del comportamento e del desiderio. Il ventaglio, scrive, “è l’arma femminile valida ed elegante. Fa un effetto ora grave, ora scherzevole, ora indolente, ora d’alterezza, ora di sdegno. Esprime tutto”. E così gli accessori, le acconciature, persino i profumi, rivelano un’antropologia del gesto, una semiotica delle intenzioni femminili. Da parte sua, la Marchesa Colombi osserva con spirito caustico e intelligenza satirica la borghesia del suo tempo. Dalle sue “Lettere alle Signore” pubblicate sul Corriere della Sera, emerge una figura di donna consapevole e ironica, che usa la moda come campo di manovra e di resistenza. Scrive, con tagliente lucidità: “Non è l’abbondanza del guardaroba […] che alimenta l’eleganza delle signore; è piuttosto la maniera di usufruire un numero assai ristretto di abbigliamenti, scelti con giudizio e con giudizio adoperati”.
L’esempio più radicale però è forse Rosa Genoni, stilista, attivista e pioniera del Made in Italy. I suoi testi rivendicano la necessità di una moda nazionale ispirata all’arte italiana, contrapposta all’egemonia francese: “In ogni città d’Italia le signore si riuniscano, si intendano, si associno per il trionfo dell’idea”. Genoni concepisce l’abito come forma di educazione civile, di consapevolezza estetica e politica. Anche Olga Ossani anticipa riflessioni fondamentali sulla soggettività femminile nel consumo. È lei a raccontare per prima l’“andare bottegando”, prefigurando lo shopping come fenomeno sociale e culturale: “Non è più soltanto un’attività finalizzata all’acquisto di beni di prima necessità, ma diventa un’esperienza in sé, da collocare tra le occupazioni a cui dedicarsi nel tempo libero”. E infine Mara Antelling, meno nota ma non meno incisiva, mostra un’acuta sensibilità internazionale, leggendo la moda come luogo di interscambio culturale e come potente mezzo per decifrare i rapporti tra le classi e i sessi.
Ciò che lega tutte queste autrici non è un gusto estetico, ma una posizione politica. Scrivere di moda significava per loro prendere parola, occupare spazio, rendersi visibili e credibili in un mondo ancora ostile. La carta stampata diventa un laboratorio di sorellanza: un safe space ante litteram in cui le donne si riconoscono, si scrivono, si rispondono. Così accade quando la Marchesa Colombi racconta il suo incontro con Matilde Serao all’Esposizione del 1881, o quando Aleramo celebra il genio misconosciuto delle sarte italiane, vere e proprie artiste: “Perché tutte queste artiste debbono ottenere solo il successo industriale? Perché non deve andare a esse […] un poco di quella attenzione che la stampa concede a una qualunque acquerellista?”. Crear sé stessa, dunque, non è solo un titolo: è un manifesto sull'emancipazione che passa attraverso il linguaggio, i tessuti, il gesto quotidiano di scegliere come apparire e come raccontarsi. E che oggi ci invita, ancora una volta, a rileggere la storia con gli occhi aperti e le mani pronte a cucire nuove narrazioni.
Da leggere assolutamente. Crear sé stessa. Storia della moda raccontata dalle scrittrici (Rina Edizioni) è il volume, primo di due, che raccoglie per la prima volta gli articoli e scritti di moda di autrici italiane dalla metà degli anni ’70 dell’Ottocento alla fine degli anni ’20 del Novecento. L’intento è di ricostruire e arricchire la storia della moda attraverso la voce diretta delle scrittrici-giornaliste di moda, antesignane dei contemporanei fashion influencer. Corredata da un apparato di figurini originali.