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La contestazione globale contro Trump: nel mondo lo ama soltanto Israele

Glauco Maggi
Glauco Maggi

Giornalista a NYC per Libero, autore di Figli&Soldi (2008), Obama Dimezzato (2011), Guadagnare con la crisi (2013), Trump Uno di Noi (2016). Politica ed economia. Autori preferiti: Hayek, M.Friedman, T.Sowell

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Per Trump, avere tanti detrattori nel mondo e' la prova piu' convincente di essere nel giusto. E' la storia della sua America, che nel sondaggio globale condotto quest'anno dalla Pew Research di Washington, societa' bipartisan di analisi sociali, registra un forte arretramento generale nell'opinione pubblica in 25 paesi (con una eccezione di cui diro') rispetto a un anno fa. Soltanto il 27% degli interpellati che hanno risposto (26.112 individui, tra maggio e agosto 2018) hanno detto di aver fiducia che Trump “faccia la cosa giusta nel suo modo di condurre gli affari nel mondo”. Il leader della prima superpotenza e' stato cosi' battuto dal presidente russo Vladimir Putin (stimato dal 30%) e da quello cinese Xi Jinping (dal 34%), e ha avuto addirittura la meta' dei giudizi positivi che sono andati alla cancelliera tedesca Angela Merkel, con il 52%. “Larghe maggioranze dicono che gli Stati Uniti non considerano gli interessi di paesi come il loro quando prendono decisioni di politica estera”, si legge nel commento degli analisti di Pew. Ma cio' che scontenta i non americani e' quello che fa il bene degli USA, ossia il risultato della politica “America First” che Donald ha propugnato in campagna elettorale e che lo ha fatto vincere nel 2016. Trump, poi, ha mantenuto la promessa di agire come il CEO del suo paese, facendo gli interessi degli USA con la stessa determinazione con cui aveva fatto gli affari suoi sul piano commerciale, diventando miliardario. L'esempio del nuovo accordo di scambio appena raggiunto da Trump con Canada e Messico (USMCA, che sostituisce il vecchio patto NAFTA) e' illuminante. Per oltre un anno, il presidente che vuole il Muro ha ‘maltrattato' a sud i messicani con accuse volgari, e ha minacciato a nord con tariffe pesanti lo storico partner canadese. “Ma che ci importa se e' maleducato verso i leader stranieri? Altri leader hanno fatto i carini con loro”, ha scritto lo storico non trumpiano Walter Russell Mead sul WSJ, “ma Trump ha strappato accordi migliori. Eleggiamo un presidente perche' si comporti educatamente ai meeting del G7, o perche' negozi intese che migliorino la posizione delle fabbriche e dei coltivatori americani?”. La retorica greve, ormai e' acclarato, fa parte dello stile non ortodosso di Trump. Come se ne avessero bisogno, i media nel mondo gli sparano quindi contro anche per le sue cattive maniere. Con cio', contribuiscono a disegnare quel profilo negativo del presidente che emerge dal sondaggio della Pew. In Nord America lo apprezzano il 6% dei messicani, e il 25% dei canadesi. “Molti credono che gli Stati Uniti stiano facendo di meno di quanto facessero un tempo per risolvere le maggiori sfide globali. E ci sono segnali che anche il ‘sotf power' americano (il potere economico e culturale ‘soffice', diverso da quello militare ‘duro' NDR) stia diminuendo: anche se gli USA mantengono la reputazione di paese rispettoso della liberta' individuale, il numero di chi lo crede davvero e' minore di quello di un decennio fa”, riporta la Pew. Dalla sua elezione, Donald ha avviato guerre commerciali e rigettato precedenti accordi, e ha fatto la voce grossa con gli alleati della Nato. Ha portato a casa pessima stampa per mesi, ma ha ottenuto risultati concreti: diversi paesi hanno accettato di investire di piu' in spese per la difesa, come dovevano secondo i trattati ma non facevano; e nuovi patti sono stati negoziati con la Corea del Sud e i due paesi della Nafta, mentre procedono a ritmi serrati le trattative con il Giappone e la UE. Alle Nazioni Unite, in settembre, Trump aveva dichiarato che la sua amministrazione rigetta “la ideologia del globalismo” e favorisce la “dottrina del patriottismo”, che significa per lui il legittimo intento di tutti i governanti di fare il massimo per il bene dei propri elettori e sudditi, ovviamente nel rispetto reciproco tra paesi diversi. E' una filosofia che fa a pugni con quella internazionalistica che in Europa, soprattutto, ha fatto fiorire la fallace credenza nella gente di poter usare Bruxelles secondo convenienza: i paesi del nord scaricano sul sud il fardello della immigrazione clandestina, e le periferie meridionali si ribellano alle direttive centrali economiche che chiedono un maggiore rigore fiscale. E' chiaro che l'America di Trump, che strapazza l'Unione Europea sul piano militare e vuole una maggiore equita' di dazi e scambi tra le due sponde dell'Atlantico, sia malvista, anzi disprezzata. In Germania solo uno su dieci ha fiducia nella Casa Bianca, e in Francia e in Spagna sono ancora meno, il 9% e il 7%. Quanto alla Russia, la prova che Trump ha ragione quando dice che e' il presidente USA piu' ostile a Mosca, per le sanzioni a ripetizione ai gerarchi amici di Putin e agli hackers, e per le forniture di armamenti pesanti a Ukraina e Polonia che Obama aveva negato: la visione positiva verso Trump degli interpellati russi e' di conseguenza crollata dal 53% al 19%, grazie pure alla propaganda di regime. C'e' una eccezione in questo panorama di contestazione globale a Trump, avevo anticipato, ed e' Israele, dove il voto favorevole e' al 69%. Il riconoscimento di Gerusalemme capitale con lo spostamento dell'ambasciata e' stato un atto concreto di simpatia e alleanza molto apprezzato, evidentemente. Trump ha rotto con la politica filopalestinese di Obama all'ONU, culminata con il rifiuto di porre il veto USA a una mozione di condanna di Israele, cosa mai successa prima. di Glauco Maggi

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