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Tutti pazzi per le vetrine italiane, antidoto contro la crisi: riconfermato il presidente Pasquarella

Giovanni Ruggiero
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Se il primo biglietto da visita di ogni negozio è la sua vetrina, c'è chi ha fatto di questo mestiere un'arte e, grazie all'esperienza e alla rete di conoscenze acquisite in giro per il mondo, la tramanda alle nuove leve. “Sono due le caratteristiche basilari di chi oggi intraprende il percorso per diventare vetrinista: bisogna avere tanta voglia di lavorare, anche la notte e i festivi se richiesto, ed è indispensabile possedere fantasia e manualità perché una bella vetrina è il frutto di una mente e di una mano umana” spiega Giuseppe Marco Pasquarella, presidente appena riconfermato dell'associazione Vetrinisti & Visual Europei, che raggruppa un migliaio di iscritti tra addetti ai lavori, visual merchandiser, artisti, stilisti, designer, commercianti, enti pubblici e privati. Pasquarella ha intrapreso la sua carriera a metà anni '80, collaborando con i più grandi marchi del lusso, del cibo e del design italiani e internazionali, da Giorgio Armani (che abbandonati gli studi in medicina, fece la sua prima esperienza nel settore moda alla Rinascente proprio come vetrinista), passando per Pupa, Revlon, i grandi magazzini Coin, Max Mara fino alla Maison Chanel, le cui vetrine anticipano sempre le nuove tendenze. “Dopo 35 anni di carriera posso dire che questo settore, frequentato da “insospettabili” come Armani, Vittorio Feltri che è il nostro presidente onorario, Alviero Martini, Massimo Boldi, vive ancora una situazione rosea nonostante la crisi. In Italia abbiamo 12 scuole e tantissime richieste di corsi di formazione dal Belgio alla Spagna all'Inghilterra, dove vorremmo espanderci come associazione” – continua Pasquarella, che con una delegazione è stato ospite, lo scorso settembre, del Parlamento europeo e della Camera di Commercio italo-belga. Richiesti dall'Arabia Saudita alla Cina, i vetrinisti e i visual merchandising italiani (coloro che curano l'interno del punto vendita, dai “corner” agli scaffali)  sono “corteggiati” come star del “made in Italy”, perché le vetrine “sono il primo antidoto alla crisi” sia per le multinazionali che per le piccole botteghe. Gli stipendi si aggirano tra i 25mila e i 35mila euro l'anno fino a toccare punte, nei settori più esclusivi come l'alta moda, di 130mila euro lordi l'anno. E si lavora su cinque stagioni: la quinta, la più importante, è il Natale “per cui l'allestimento dei negozi comincia ormai ovunque ai primi di novembre”. Oggi che siamo passati dalle grucce ai manichini in 3D, le aziende si affidano a vetrinisti e visual per elaborare un mix efficace di stimoli (visivi, olfattivi, acustici, sensoriali) che inducano il consumatore a varcare la vetrina per arrivare alla cassa, attraverso un percorso esperienziale. Per questo l'associazione, da tre anni, realizza a Milano il concorso “Window Display nel mondo”, che premia le vetrine più esclusive e, tra i tanti, ha premiato stilisti pionieri in questo campo come Gucci, Dolce & Gabbana, Moschino e Moncler. “Moncler ha esposto nella sua boutique di Firenze dei manichini di terza generazione che, grazie a particolari sensori, possono leggere le intenzioni di acquisto dei clienti, mostrano i prezzi dei capi e forniscono altre informazioni direttamente dalla vetrina” conclude Pasquarella, che dal Molise dove ha sede l'associazione ha esportato questa passione e le esclusive competenze italiane dalla Siberia a San Pietroburgo, fino agli Usa. Non a caso gli “smart mannequin” -  i manichini interattivi in grado di camminare e interagire con gli smartphone dei clienti che si trovano all'interno del negozio - sono prodotti da Almax, un'azienda italiana leader nel mondo, in grado di rivoluzionare la nostra esperienza di acquisto. di Beatrice Nencha

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