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Il cerimoniere Massimo Sgrelli pubblica un libro sul bon ton in politica

Alessandra Menzani
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Lo potremmo definire l'"Enzo Miccio" delle istituzioni, l'arbiter elegantiarum di Camera e Senato, il re dell'etichetta dei potenti italiani. Un figura di primo piano. Si chiama Massimo Sgrelli: per quindici anni è stato a capo del Cerimoniale di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, oggi è presidente del comitato scientifico dell'Accademia del Cerimoniale. In pratica, era lui che guidava la nota cerimonia del campanello, quella che segna il passaggio da un premier all'altro, dal nuovo governo a quello uscente. Oggi Sgrelli è autore di un libro che, in pratica, zittisce Laura Boldrini e i suoi diktat sui nomi al femminile. Sgrelli ha scritto un tomo imperdibile, Il Galateo Istituzionale (Di Felice editore), un vademecum sul bon ton dei nostri politici. Il libro è già considerato una sorta di Vangelo delle istituzioni. La prima notizia è che "sindaca" e "ministra" sono da bandire. Sono forse giustificabili nel linguaggio corrente, non in quello istituzionale. "Anche se la Crusca ha dato il consenso all'utilizzo dei termini al femminile e giornalisticamente posso capire che sia più immediato, il sindaco e il ministro come funzione pubblica sono termini neutri - ricorda Sgrelli all'Adnkronos - per cui, nell'utilizzo del termine al femminile, al limite, potrebbero ravvisarsi persino dei profili di incostituzionalità perché l'art. 3 della Costituzione fissa la parità di genere il che significa che non potremmo introdurre distinzioni. Di questo passo c'è il rischio di discriminare chi è gay". Bocciati anche social, tweet e retweet.  Dietro la lavagna quindi ci vanno un po' tutti, a cominciare da Matteo Renzi. "Tutta questa messaggistica personale - osserva - è istituzionalmente poco corretta. Persino Donald Trump è senza più filtri e parla a colpi di tweet. Ci sarebbe invece bisogno di un ritorno ad un linguaggio istituzionale e ad un utilizzo meno esasperato dei social. Anche per dare più l'idea di non sottrarre tempo alla cura del Paese". Partendo dal presupposto che "una condotta istituzionale disattesa produce conseguenze negative, se non nefaste, per il buon funzionamento delle istituzioni e quindi del Paese", Sgrelli, vero e proprio guru di protocolli ufficiali, fa una premessa: "Oggi non si insegna più l'educazione civica nelle scuole. E se solo pensiamo alle scenate alle quali si assiste nelle sedi istituzionali... effettivamente siamo caduti un po' in basso. Troppo spesso assistiamo a comportamenti dettati da superficialità. A ciò si aggiunga che oggi il leaderismo tende a scardinare ogni regola". Sgrelli rimprovera anche Giorgio Napolitano: "Negli ultimi anni ha fatto, per così dire, un piccolo errore non sedendo più al centro della prima fila nelle manifestazioni istituzionali", bacchetta l'esperto, "abitudine che è stata poi mutuata da Sergio Mattarella. Il galateo istituzionale consiglia invece che si recuperi la centralità perché quella del Capo dello Stato è una posizione distinta da tutte le altre". L'autore non può non ricordare il passaggio di campanello più imbarazzante di sempre. Quello tra Renzi ed Enrico Letta. "Già, Letta quasi lasciò il campanello", rammenta, "ma è stato tra i protagonisti della politica più istituzionali che abbia conosciuto".

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