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Aziende strozzate da uno Stato fuorilegge

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Chi dà lavoro, versa le tasse e rispetta le norme ha diritto a essere pagato. Ma spesso viene "derubato" dall'ente pubblico che non paga i debiti. Come dimostra il caso Angelucci

Nicoletta Orlandi Posti
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di Maurizio Belpietro Tutti si preoccupano delle imprese. Ne parla Monti, che sollecita la loro crescita. Ne parla la Fornero, che minaccia la scomparsa del nostro sistema industriale. Ne parla Mediobanca, che sostiene sia più conveniente investire in Btp che in un'attività imprenditoriale. Ne parla perfino la Bce, che si preoccupa del rischio di insolvenza di molte aziende italiane. Insomma, ne parlano tutti, ma nessuno fa niente. Al di là delle chiacchiere e delle dichiarazioni a convegni e giornali, non c'è uno dei  tanti preoccupati speciali che si sia davvero preso la briga di varare uno straccio di provvedimento aiuta imprese. Il governo ha approvato il Salva Italia, il Cresci Italia, il Libera Italia, ma si è dimenticato di dare una mano ai soli che tutto ciò lo possono mettere in pratica se messi nelle condizioni di lavorare. Dopo mesi di promesse, le aziende non solo continuano ad avere uno dei  più alti carichi fiscali del mondo e la peggior burocrazia del pianeta, ma neppure viene dato loro ciò che è dovuto. Chi è in credito d'imposta continua ad esserlo senza poter compensare le tasse da pagare con quelle che gli dovrebbero essere restituite e chi ha lavorato per la pubblica amministrazione vede allungarsi sempre più i tempi di pagamento. Se le imprese chiudono o diventano insolventi è perché lo Stato e gli enti che lo compongono fanno tutto quanto è possibile per strozzarle. Volete una prova? Eccola. La notizia è di ieri e riguarda imprenditori amici, assai vicini a questo giornale essendo i proprietari della testata Libero.  La famiglia Angelucci opera da anni nel mondo della sanità, con cliniche in mezza Italia, molte delle quali nel Lazio. Bene, ieri il presidente del gruppo ha annunciato alle autorità competenti che entro quarantotto ore chiuderà le 13 strutture aperte a Roma e dintorni. In tutto si tratta di oltre duemila dipendenti che verranno mandati a casa e altrettanti malati che saranno costretti a trovare ricovero altrove. Perché gli Angelucci hanno deciso di tirar giù la serranda, chiudendo anche ospedali nuovi di zecca e attrezzatissimi? In fondo la salute è l'unico settore che non conosce crisi né contrazione dei consumi, in quanto purtroppo c'è sempre  chi si ammala ed è bisognoso di cure. (...) (...) Dunque? La risposta è semplice: da due anni le cliniche del gruppo lavorano, assistono e riabilitano i malati, ma non ricevono l'ombra di un quattrino. A causa del piano di rientro della spesa sanitaria nel Lazio, non solo si sono viste ridurre il numero di posti letto accreditati con le strutture pubbliche, ma addirittura sono state lasciate a becco asciutto. Ogni mese pagano gli stipendi a medici e infermieri, saldano le fatture dei fornitori di medicinali e le bollette per le spese di riscaldamento e illuminazione, versano le imposte e i contributi previdenziali, ma la Regione non rispetta i patti e anziché rimborsare le prestazioni erogate, non paga. Così, in due anni, il credito vantato nei confronti della amministrazione pubblica è cresciuto a livelli stratosferici, fino ad arrivare alla quota record di 250 milioni di euro, cui se ne aggiungono altrettanti di  contenziosi. Una somma monstre, che ucciderebbe qualsiasi impresa, la quale - privata della liquidità a causa dei mancati pagamenti del suo unico cliente - non può in alcun modo stare in piedi e, per non rischiare la bancarotta, ha la sola possibilità di liquidare le proprie attività.  Qualcuno magari sospetterà che se la Regione non versa il dovuto avrà i suoi buoni motivi. Magari le cliniche Angelucci  non erogano il servizio come dovrebbero, evitando di rispettare i parametri di cura richiesti dall'ente. No, niente di tutto ciò. Lo dimostra un recente rapporto dell'Agenzia della sanità pubblica, istituto di diretta emanazione regionale, che attesta l'alto livello dei servizi offerti  dalle strutture sanitarie della famiglia. E allora? Semplicemente, essendo ultra indebitata e incapace di decidere cosa tagliare, la Regione ha chiuso i rubinetti, scaricando su cliniche, operatori privati e fornitori i costi della propria inefficienza. Già, perché gli Angelucci non sono i soli a non essere pagati: nelle stesse condizioni ci sono anche altre aziende del settore, alcune delle quali addirittura a rischio fallimento.  Che cosa succederà ora? I malati li ospiterà direttamente a casa sua la governatrice del Lazio Renata Polverini? Oppure verranno sistemati nei letti a castello lungo i corridoi di ospedali che sono già super affollati e in questo periodo pure a corto di personale? La soluzione non è nota. Ma una cosa è certa: che lo Stato e gli enti che da lui dipendono non possono chiedere alle imprese di crescere e creare occupazione se è lo stesso Stato a impedire che ciò accada. Un'impresa che dà lavoro, paga le tasse e rispetta le norme ha il diritto di ricevere il dovuto. E se lo Stato non lo versa, è un fuorilegge al pari di chi entra in un negozio e se ne va senza pagare. 

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