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Monti uccide con la patrimoniale:ecco da chi prenderà i soldi

Il Presidente del Consiglio

Il governo studia più ipotesi: dalla super-Imu per le seconde case fino al maxi-prelievo. Nel mirinno quadri, oro, preziosi, conti correnti e risparmio postale

Andrea Tempestini
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  di Franco Bechis La supertassa, la tassona sul patrimonio, c'è. Non è passata in consiglio dei ministri, non è in Gazzetta Ufficiale, ma sia al ministero dell'Economia che in Banca d'Italia esistono più bozze e perfino simulazioni di impatto del provvedimento che a gran voce chiede il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani e che vorrebbero anche suoi futuri alleati come Nichi Vendola. Le bozze differiscono moto nei contenuti, e le simulazioni riguardano sia un inasprimento della patrimonialina inserita nel decreto salva-Italia del dicembre scorso, sia una vera e propria operazione-choc destinata ad abbattere il debito pubblico italiano per 3-400 miliardi di euro. Come?  Nel primo caso si tratterebbe di varare una super-Imu legata al patrimonio complessivo dei contribuenti. Aliquote assai più alte delle attuali e progressive per patrimoni superiori al milione e mezzo di euro, con esclusione del valore della prima casa. Assieme a questa misura esistono ipotesi di aumento anche qui progressivo della tassazione sui conti correnti e titoli, sui depositi e sulle riserve tecniche delle assicurazioni. Tutto questo però avrebbe le proporzioni al massimo di una manovra bis e non risolverebbe il tema fondamentale dei conti pubblici, che resta quello della riduzione del debito.  Per l'operazione-choc le simulazioni si basano su un prelievo straordinario, al massimo rateizzabile in tre anni sul modello del contributo di solidarietà introdotto dal governo di Silvio Berlusconi sui redditi superiori a 300 mila euro lordi. Siccome la cifra che serve è superiore ai 300 miliardi di euro, il prelievo scatterebbe su tutto il patrimonio degli italiani, di qualsiasi natura: quadri, oro, preziosi, collezioni, depositi su conti correnti, risparmio postale, conti titoli, partecipazioni azionarie, riserve tecniche di assicurazioni e così via. Sulla carte per raggiungere l'obiettivo di quella cifra bisognerebbe tassare mediamente la ricchezza degli italiani con una imposta del 4%. Se però venissero escluse abitazioni e terreni già gravate da Imu per raggiungere i 3-400 miliardi di euro servirebbe un prelievo straordinario pari all'8-9% del patrimonio medio delle famiglie italiane. Anche se spalmato su tre anni, avrebbe un costo insostenibile, e un effetto catastrofico sui conti del paese che probabilmente vanificherebbe in gran parte l'operazione choc che si vorrebbe tentare sul debito. Non solo: ma pure incrociando tutti i dati attualmente a disposizione delle centrali fiscali e finanziarie e della Banca d'Italia, sembra assai fondata l'ipotesi che una parte larghissima della platea delle famiglie italiane non sarebbe in grado di pagare quella imposta, se non vendendo i beni stessi che vengono tassati in modo straordinario. Operazione che sarebbe praticamente impossibile se all'improvviso arrivasse tutta insieme sul mercato una offerta così vasta: non si troverebbero compratori. Tutte le simulazioni fatte partono per altro dall'unico studio pluriennale che si ha: l'indagine periodica sulla ricchezza delle famiglie italiane fatta dalla Banca d'Italia. L'ultima è relativa ai patrimoni 2010, ed è uscita in piena crisi finanziaria il 14 dicembre scorso. Spiegava che la ricchezza lorda delle famiglie ammontava a 9.525 miliardi di euro, da cui vanno sottratti 886,8 miliardi di debiti privati (credito al consumo, mutui casa e prestiti vari). Il totale netto è comunque di 8.638,1 miliardi di euro, oltre quattro volte l'importo del debito pubblico italiano. Gran parte di questa somma però è rappresentata dalle abitazioni di proprietà: 4.961,5 miliardi lordi, da cui vanno detratti 367,6 miliardi di mutui casa, che sono debito delle famiglie. In media ogni famiglia possiede immobili per più di 200 mila euro. Questa cifra però vale dieci volte il reddito medio dichiarato nel 2010 secondo le statistiche sull'Irpef del dipartimento delle Finanze: 19.251 euro. Un raffronto che ha più o meno la stessa proporzione guardando il patrimonio complessivo (8.638,1 miliardi di euro) e l'imponibile Irpef complessivo dello stesso anno: 802,709 miliardi di euro. Queste cifre raccontano esaurientemente quale è la debolezza principale della imposta patrimoniale: le famiglie italiane sono fra le più patrimonializzate del mondo, soprattutto per il possesso di immobili. Ma non hanno redditi abbastanza capienti per pagare oltre alle imposte ordinarie anche una imposta straordinaria. Oltretutto le condizioni dei singoli nuclei familiari sono ben diverse fra loro, e qui la classica media del pollo di Trilussa racconta una delle più grandi bugie esistenti. Perché quella ricchezza è assai poco distribuita: secondo la Banca d'Italia il 44,7% del patrimonio è detenuto dal 10% delle famiglie più ricche. Mentre il 50% delle famiglie più povere ha a disposizione appena il 9,8% della ricchezza nazionale. C'è poi perfino una quota di famiglie (il 3,2%) che ha più debiti che patrimonio, registrando così una ricchezza netta negativa. Quel che dice il patrimonio è però diverso dal racconto che arriva dalle dichiarazioni Irpef: meno dell'1% dei contribuenti italiani (precisamente lo 0,99%) dichiara un imponibile (cioè un reddito lordo) superiore ai 100 mila euro. Questo significa che ben 9 su dieci super-ricchi nella classifica del patrimonio dichiarano di avere redditi annuali al di sotto dei 100 mila euro lordi. È assai probabile che in questa differenza trovi capienza una parte significativa della grande evasione fiscale italiana. Ma nove bugiardi su dieci sarebbero troppi anche tenendo in conto quel fenomeno. Quindi una parte consistente di loro dice sicuramente la verità: possiede patrimonio probabilmente perché lo ha ereditato, e perché si è rivalutato negli anni (come è accaduto per gli immobili), ma oggi con il reddito a disposizione fa fatica a mantenerlo e non è certamente in grado di ricomprarsene se non piccolissima parte. Che significato ha tutto questo? Che la grande patrimoniale in Italia non ha base imponibile per avere davvero successo. Tutte le simulazioni ci sono, e gli addetti ai lavori lo hanno ben presente. Un conto è alzare il sistema di tassazione sui patrimoni e renderlo anche più progressivo per ragioni di equità o per emergenze di finanza pubblica, ben altra storia è invece quella della riduzione del debito pubblico facendo leva sulla ricchezza privata. Sarebbe un sicuro buco nell'acqua, e i veri esperti lo sanno bene. E se per assurdo mai venisse pagata dagli italiani pronti a indebitarsi per farlo, produrrebbe secondo le stime dei principali centri studi, almeno dieci anni di recessione. Bersani agita questo argomento per motivi elettorali, ma il suo amico e collega di partito Vincenzo Visco da mesi a questa parte non perde occasione per spiegare che la patrimonialona è inutile, dannosa e probabilmente destinata all'insuccesso. Perfino il centro studi Nens, fondato da Bersani e Visco, si è schierato fin dall'inizio contro la superpatrimoniale, spiegando che l'unica possibile sarebbe stata quella sugli immobili. A novembre fece una proposta simulandone l'impatto: valeva meno del 70% della tassazione Imu poi varata da Mario Monti nel decreto salva-Italia. A sinistra si indica come bandiera la Francia di Francois Hollande. Vero che come lui ha promesso, tasserà con una imposta straordinaria i super-ricchi noti al fisco. Però stiamo attenti alle cifre: la vera patrimoniale l'aveva introdotta il suo predecessore, Nicolas Sarkozy. Scattava sopra gli 800 mila euro, e poi con l'aggravarsi della crisi il tetto è stato innalzato a 1,3 milioni di euro. Non aveva caratteristiche così diverse dal contributo di solidarietà scelto dall'Italia. E in ogni caso ha dato come incasso 4 miliardi di euro l'anno. Quella di Hollande aggiungerà 2,3 miliardi di euro: poco più di una aspirina per il deficit pubblico annuale, del tutto ininfluente se si pensa a manovre sul debito pubblico.  

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