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Agricoltura: a rischio pomodoro italiano

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Il nostro Paese potrebbe presto decidere di abbandonare la coltivazione dell'ortaggio. Prezzi troppo bassi. "A queste condizioni non si sopravvive"

bonfanti ilaria
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Il pomodoro italiano è in crisi. E questo già si sapeva. La novità è che potrebbe scomparire del tutto. A partire dal prossimo anno. Non rimarrebbe dunque molto tempo per per correre ai ripari. E'questa la situazione di uno dei più popolari ortaggi nazionali, sintetizzata da Guglielmo Garagnani, Presidente di Confagricoltura dell'Emilia Romagna, la regione in cui si produce il 70% del pomodoro da conserva. "Il problema è serio- ha dichiarato Garagnani - e la scelta di abbandonare il pomodoro potrebbe essere davvero imminente". Due sono le "qualità" di pomodori: quello da insalata, che si produce soprattutto al Sud, e quello da conserva, la cui coltivazione è concentrata soprattutto al Nord. E, ad essere in forte crisi, è proprio quest'ultimo, il pomodoro con cui si cucina e con cui si fa il sugo per la pasta. Gli italiani,  secondo una valutazione di Coldiretti, ne consumerebbero 550milioni di chili l'anno e ogni famiglia ne comprerebbe circa 31 chili. La filiera ha inizio dai produttori che sono circa 8mila e lavorano 85mila ettari e prosegue con la trasformazione a cui provvedono 173 industrie con 20mila addetti. Il pomodoro, dunque, costituisce un "grande business", interrotto però, una decina di anni fa, dall'arrivo dei cinesi che hanno conquistato rapidamente grandi fette di mercato. Sempre dalle analisi dei dati di Coldiretti, solo quest'anno sono entrati in Italia 100milioni di chili di pomodoro cinese, con un incremento del 27,2% rispetto a dieci anni fa. Sarebbe dunque questo, in primis, uno dei fattori di sofferenza per il settore. Il secondo punto dolente è, invece, il prezzo dell'ortaggio. Quello del pomodoro viene deciso con un Ocm- organizzazione comune di mercato- realizzata in sede Ue. L'alimento ha dunque delle quotazioni, come tutti i prodotti di massa. Ed è sulla base di questo Ocm che le organizzazioni dei produttori e quelle delle industrie di trasformazione stabiliscono, durante la stagione invernale, il prezzo che sarà corrisposto per una tonnellata di prodotto, nell'estate successiva. Quest'anno si era fissata la quota di 72 euro, 8 euro in meno rispetto all'anno precedente. I produttori si erano dunque enormemente lamentati perché una cifra del genere bastava sì e no a ripagare le spese. L'accordo prevedeva inoltre che questa somma potesse subire delle riduzioni qualora il prodotto non fosse rientrato in alcuni standard qualitativi. Naturalmente non va tralasciato il fattore stagione: troppa pioggia in primavera, un'estate con forti sbalzi di temperatura e il pomodoro perde, almeno al Nord e in Toscana, buona parte delle sue qualità. I 72 euro diventano 50, altre volte addirittura 35, considerando che la produttività per ettaro, per effetto del clima, è diminuita del 30%. "Questa situazione - ha spiegato l'assessore all'agricoltura della provincia di Grosseto, Enzo Rossi - sommata a una produzione molto bassa, inferiore a 50 tonnellate a ettaro, sta provocando una perdita secca per i produttori di oltre 2mila euro ad ettaro. Considerando che il costo di produzione è di 5 mila euro ad ettaro a fronte di 1.900 recuperati dalla vendita e 1.100 dal contributo accoppiato, cioè il contributo comunitario per il pomodoro, per molti produttori la perdita è tale da provocare una profonda crisi economica e finanziaria". Con il 2010, inoltre, terminerebbe il contributo "accoppiato", cioè il sussidio che l'Ue associa al pomodoro. Il contributo comunitario, almeno fino al 2013, si darà a ettaro, indipendentemente da quello che coltivi e da quanto rende il terreno in questione. "Stando così le cose - conclude Garagnani - per quale motivo uno dovrebbe continuare a coltivare pomodoro? Meglio passare ad altro, anche solo a grano. E il risultato sarebbe che già dall'estate del 2011 il pomodoro italiano potrebbe scomparire".

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