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DIFESA PERSONALE : LE CINQUE COMPETENZE NECESSARIE

Comportamento, Comunicazione verbale e non verbale, Preparazione atletica, Tattica e Tecnica, Didattica

Andrea Bisaschi
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Per insegnare difesa personale è sufficiente essere istruttori di arti marziali o di sport da combattimento? Assolutamente no! Come per fare il dentista non basta studiare la bocca e i denti ma bisogna studiare medicina, allo stesso modo per imparare e ancora di più per insegnare autodifesa è necessaria una conoscenza trasversale di più discipline sinergiche. Scienze del comportamento: possedere una conoscenza di base di questa materia è fondamentale per due motivi. Il primo: se non conoscete i segnali o meglio gli indicatori di un possibile attacco, come potete riconoscere e quindi prevenire una situazione di pericolo? Il secondo, non per minore importanza, riguarda l'apparire sicuri. Sappiamo benissimo che l'aggressore sceglie la vittima sulla base di un apparente vulnerabilità, per questo con un addestramento mirato dovrete apparire invulnerabili agli occhi di chi vi osserva. La parte poi che ritengo prioritaria riguarda la gestione delle emozioni. Come potete imparare a difendervi se non siete in grado di gestire la paura? Gli studi dimostrano chiaramente che quando si attiva la paura, un emozione primaria indispensabile alla sopravvivenza, il nostro organismo subisce delle mutazioni a livello biochimico con il risultato che sia a livello cognitivo, sia a livello motorio, perdiamo di efficacia se non ci siamo addestrati a gestirla con degli appositi esercizi. Comunicazione verbale e non verbale: negli articoli precedenti abbiamo visto che sia l'aggressione a freddo sia l'aggressione a caldo, nascono dalla comunicazione visiva, ad esempio uno scambio di sguardo prolungato, o verbale, ad esempio una domanda posta dall'aggressore con l'intento di distrarvi. Per questi motivi è necessario imparare e addestrarsi a gestire uno sguardo prolungato o una domanda inaspettata perchè sappiamo benissimo che se vi sarete addestrati correttamente non vi farete cogliere di sorpresa, con il rischio in questo caso di agire in modo scorretto e di conseguenza palesarvi come prede appetibili. Di contro con un addestramento mirato potrete interrompere l'escalation di violenza evitando di arrivare allo scontro fisico. La battaglia vinta meglio è quella che si ottiene senza combattere. Preparazione atletica e motoria: un insegnante di arti marziali se non ha fatto studi appositi non è un preparatore atletico. La preparazione fisica che viene fatta fare agli allievi deve essere programmata per le finalità giuste e nella difesa personale bisogna essere allenati a sostenere un' aggressione di circa un paio di minuti ad una frequenza cardiaca di 115-145 battiti per minuto. La programmazione deve essere fatta con cognizione di causa e non perchè ci è stata insegnata così..Anni fa infatti molti maestri di arti marziali tradizionali sostenevano che la forza e i muscoli non servivano nel combattimento. Per fortuna dal 1993 in poi gli incontri di Free Fight e di MMA , arti marziali miste, hanno dimostrato esattamente l'opposto, come del resto io ho sempre sostenuto. Tattica e Tecnica: il 90% degli insegnanti di arti marziali fanno lavorare i propri allievi solo sulla tecnica con una metodologia ad input (allievo A tira un pugno ad esempio un diretto destro, allievo B effettua un blocco) ovvero prestabilita e concordata esattamente l'opposto di ciò che si verifica durante una reale aggressione che è sempre inaspettata e improvvisa. Molto meglio gli istruttori di sport da combattimento che utilizzano la metodologia a sparring ( allievo A e allievo B) si confrontano in un duello con un determinato regolamento che appartiene alla disciplina che praticano. Molto meglio rispetto alla metodologia precedente perchè almeno gli attacchi sono liberi e portati a contatto pieno. L'unico limite è a livello tattico, in quanto il duello presuppone un'etica, un inizio, una fine, un regolamento da seguire ma soprattutto è uno scontro a due, disarmati, dello stesso sesso, più o meno dello stesso peso e con la volontà di combattere. Purtroppo le statistiche parlano chiaro e ci dicono che il 70% delle aggressioni non avvengono uno contro uno e molte volte durante la coluttazione spunta un'arma. Nella difesa personale l'allievo non desidera combattere e psicologicamente parte già in svantaggio da un punto di vista tattico. Inoltre l'ambiente non è rappresentato da un dojo e il suolo non è un tatami, si è vestiti normalmente, non si indossa un kimono e la cintura, non rappresenta un livello di abilità raggiunto che potrebbe incutere timore nell' avversario, ma ha la volgare funzione di sorreggere i pantaloni. In più, ad esempio in un locale, gli spazi sono ristretti e si possono facilmente reperire oggetti di uso comune che possono essere utilizzati come armi improvvisate. Didattica: molti insegnanti di arti marziali insegnano perchè sono diventati con il superamento di esami o per meriti sportivi cinture nere. Molti non hanno fatto corsi per diventare istruttori e insegnano ciò che sanno o ciò che funziona a loro senza tenere presente che ogni allievo è diverso dall'altro per fisico, carattere e predisposizioni. Per insegnare bisogna saper fare ma saper fare non è sufficiente per saper insegnare.

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