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Paolo Becchi sul Coronavirus: Ignoriamo la lezione cinese, copiamo i loro sbagli e non le cose giuste

Paolo Becchi e Giovanni Zibordi
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Il governo Conte ha dichiarato l'emergenza in gran parte del Nord vietando ogni forma di aggregazione e lasciando solo la possibilità di andare in fabbrica e in ufficio (previa esibizione di lettera del datore di lavoro ai posti di blocco). A parte il modo dilettantesco e caotico con cui ha gestito l'emergenza creando il panico, c'è la corsa a giustificare questo "stato d'eccezione". Si pensa che così imitiamo quello che hanno fatto i cinesi a Wuhan: residenti chiusi in casa e posti di blocco fuori città. E che l'alternativa sia il collasso degli ospedali e un'epidemia che si diffonde.

Nessuno nota il fatto clamoroso che in Cina l'epidemia sembra finita. Nella provincia dello Hubei, di cui Wuhan è la capitale, si va verso zero contagi e in tutta la Cina, con 1.300 milioni di persone che invece lavorano ed escono anche alla sera al bar e ristorante , non ci sono più decessi. Nell'isteria in cui viviamo in Italia è sfuggito che da giorni in Cina non si registrano più morti fuori da una piccola provincia, nella quale i decessi sono scesi a una ventina al giorno e anche lì i contagi stanno sparendo e si chiudono gli ospedali allestiti per l'emergenza. Complessivamente oggi in Cina si hanno meno contagi e meno decessi che in Italia.

Dato che la Cina è l'origine del contagio, la "curva" dei cosiddetti "casi attivi" nel mondo, cioè dei pazienti contagiati con sintomi rilevanti, mostra ora una crescita modesta e il numero di morti giornalieri, che è in calo da settimane, si è quasi stabilizzato intorno a circa 3mila decessi totali. Dopo quindi circa tre mesi dall'inizio del contagio (datato a dicembre scorso), ci sono 3mila vittime e il loro aumento è inferiore a 100 al giorno. Stiamo parlando del mondo intero, in cui i decessi per influenza e polmonite sono centinaia di migliaia. In Cina si torna a uscire (e non si è mai smesso di lavorare salvo in una provincia) e nel mondo i morti sono meno di un mese fa.

L'unico paese al mondo che chiude e blocca tutto è l'Italia, causa il decesso, finora, di 366 persone di cui la maggior parte con età media dagli 80 ai 90 anni e affetti da altre patologie. La provincia di Modena ad esempio, in cui si è verificato un solo decesso, (un 80enne con altre patologie) ha chiuso "le frontiere" con Bologna e oggi è una città spettrale. Nel frattempo nel mondo, grazie al fatto che la Cina ha già debellato l'epidemia, il Covid-19 si sta stabilizzando in termini di contagi e decessi complessivi. In Italia il governo con l'aiuto dei media ha creato il panico e stiamo distruggendo l'intero tessuto produttivo, per evitare in sostanza che le unità di terapia intensiva di 4 regioni siano sature.

Finora però il governo non ha ordinato l'acquisto immediato, saltando la burocrazia, di attrezzature per la terapia intensiva, non ha richiamato, temporaneamente, medici ed infermieri in pensione (offrendo loro ovviamente un compenso extra) e non sembra aver mobilitato tutto il personale medico militare. Si dirà che quello che conta è il "contenimento" o "distanziamento" sociale come in Cina. Ma lì però il vero blocco ha riguardato solo Hubei, una provincia economicamente di secondo piano, con il 5% della popolazione, come sarebbe da noi l'Abruzzo. Dal report dell'Oms del 28 febbraio dalla Cina si impara che l'essenziale del loro approccio è stato creare a Hubei centinaia di team di 5 epidemiologi che, partendo da ogni malato grave, correvano a rintracciare parenti, amici e altri contatti recenti, li sottoponevano a test e se risultavano positivi non li faceva uscire di casa.

Una politica di quarantena rigorosa, ma mirata su soggetti individuati. L'Oms dice invece che il divieto di circolare nel resto della Cina non è stato rilevante, perché milioni di persone erano già in viaggio per il Capodanno cinese e hanno circolato comunque. Nonostante questo ora in Cina l'epidemia sembra sconfitta e anche diversi indicatori economici cinesi negli ultimi giorni sono in ripresa.Noi invece perdiamo innanzitutto i 50 miliardi annuali che spendono i turisti esteri, più forse un terzo o la metà degli altri 150 miliardi circa di Pil legato al turismo. Poi c'è il calo secco di molti consumi indotto dal panico e infine la paralisi di investimenti e credito come effetto collaterale (le banche in borsa sono appena crollate del 25% e domani forse la Borsa verrà chiusa).

Non è azzardato parlare di un buco minimo di 100 miliardi di Pil, ma si può pensare anche a 150 miliardi in meno alla fine dell'anno, cioè peggio che per la crisi del 2009-2011. La nostra spesa sanitaria pubblica di circa 115 miliardi l'anno ne soffrirà, per cui in termini di vite umane gli effetti indiretti nel tempo saranno nell'insieme molto maggiori del Covid-19. In conclusione, stiamo fingendo di imitare un regime comunista con isolamenti forzati di milioni di cittadini, quando i cinesi lo hanno risolto con un approccio diverso e paradossalmente molto più democratico. Stiamo scavando la fossa a un'economia depressa da anni senza probabilmente incidere sul decorso di un epidemia che nel mondo peraltro è già in felice decrescita.

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