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Filippo Facci contro Greta Thunberg: "Uccisa dal coronavirus". I dati sul riscaldamento globale durante il lockdown mondiale

Filippo Facci
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Il Covid-19 ha ucciso Greta e il suo messaggio, ha sepolto ogni velleità radical-ambientalista, soprattutto ha ristabilito l'influenza poco significante dell'attività umana sul riscaldamento globale: che c'è, nessuno lo mette più in dubbio, ma il punto è che l'homo sapiens-sapiens non può farci niente. Lo stop mondiale legato al Covid è stato irripetibile, superiore alle velleità di qualsiasi possibile trattato che faccia calare le emissioni entro la data x, è stato superiore persino ai desiderata di chi auspicherebbe una decrescita da ritorno a un mondo preindustriale. Per mesi si sono fermate o hanno estremamente rallentato le pestilenziali fabbriche cinesi, le auto sono rimaste parcheggiate per settimane in Europa e negli Stati Uniti, decine di migliaia di voli aerei sono stati cancellati in tutto il mondo.

 

 

 

La rivista scientifica Nature Climate Change, una settimana fa, ha misurato gli effetti della pandemia sulle emissioni e ha stimato un calo di un miliardo di tonnellate di CO2 rispetto all'anno scorso: e ora fioccano altri studi che a loro volta misurano gli effetti del calo della produzione umana sull'atmosfera e che dimostrano come la concentrazione di CO2 (appunto l'anidride carbonica, il principale gas serra) risulta trascurabile a dir poco, anzi è praticamente invisibile.

Crescita invariata - Secondo le misurazioni dell'osservatorio meteorologico di Mauna Loa alle Hawaii, che dal 1958 misura la concentrazione di anidride carbonica, il cambiamento non risulta neppure visibile rispetto a quello normalmente causato dalla flora e dalle foreste a seconda di come reagiscono ogni anno alle variazioni di temperatura e umidità. Può essere che per registrare un calo più complessivo serva un più di tempo, che si debba misurarlo su una media annuale: ma per ora non si nota nessuna diminuzione rispetto alla produzione di anidride carbonica prodotta dalla natura, che produce la stragrande maggioranza delle emissioni che finiscono nell'atmosfera. C'è chi dice che servirà almeno un anno per registrare un possibile calo delle emissioni prodotte dall'uomo (stimato all'8 per cento) e tra queste c'è l'Agenzia internazionale dell'energia: ma ha già pure ammesso che l'anidride carbonica continuerà a crescere più o meno nello stesso modo, alla stessa velocità. Eppure la media mondiale della riduzione di emissioni «umane», in questo periodo, è stata del 26 per cento, esito che nessun trattato otterrebbe neanche in cinquant' anni: e in pratica si è dimostrato irrilevante. Torna in mente il rapporto Onu del novembre scorso, secondo il quale la produzione umana di anidride carbonica, per essere apprezzabile, dovrebbe diminuire del 7,6 per cento annuo per decenni: ora è calata del 26 per cento in una botta sola e non si registra nessuna differenza. I trasporti terrestri sono calati del 36 per cento rispetto al 2019 (in pratica hanno riguardato solo le auto, perché i treni hanno continuato a funzionare) mentre gli aerei hanno prodotto ben il 60 per cento di emissioni in meno: il che dimostra che non sono tanto i comportamenti individuali a incidere sulla produzione di CO2 (tipo prendere la barca anziché l'aereo, come Greta) bensì è la produzione di energia. Vista dal punto di vista ambientalista, è comunque difficile immaginare che tutte le emissioni causate dall'uomo a partire dalla Rivoluzione industriale (dal Settecento, cioè) possano recedere nel giro di poco tempo: soprattutto se paragonate a quelle dovute ai processi naturali. Secondo i dati più diffusi, infatti, l'anidride carbonica emessa dalla respirazione del mondo vegetale e dagli oceani corrisponde a qualcosa come 776 miliardi di tonnellate, mentre le emissioni causate dell'uomo corrispondono a solo 26.

Da millenni - L'ambientalismo medio, di fronte a un dato così macroscopico, tende a spiegare che però solo le emissioni umane farebbero la differenza, perché le emissioni naturali si controbilanciano da sole tra produzione e assorbimento, sarebbero cioè sostanzialmente in equilibrio. Ma è proprio di questo che in realtà sappiamo poco: così ognuno spara la sua, da Greta in su. Tra le poche cose certe, c'è che i riscaldamenti e le glaciazioni si alternano sul Pianeta da milioni di anni, e che per esempio 800mila anni fa, durante il cosiddetto Ordoviciano - lo ha dimostrato lo studio dei ghiacci antartici - la concentrazione di anidride carbonica era molto più alta di oggi. E l'uomo neppure esisteva: comparve sulla terra circa 300mila anni fa. riproduzione riservata Greta Thunberg, 17 anni, divenuta simbolo della lotta contro il cambiamento climatico.

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