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Renato Farina, schiaffo alla sinistra: "Anche Ezio Mauro è stufo del politicamente corretto"

Renato Farina
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 Il linguaggio politicamente corretto, con regole invisibili ma penetranti come l'umidità nelle ossa del vocabolario, è stato inventato - ricorda Ezio Mauro - nelle università americane per fini molto nobili. Doveva servire a difendere le minoranze emarginate dalle prepotenze di chi scarica le proprie pretese di superiorità su neri, omosessuali, islamici, donne, ciechi, sordi, paralitici schiacciandoli sotto una gragnola di parole-pietre. Si è trasformato però, ammette Mauro, nella pretesa di far confluire in una zona grigia e dunque priva di vivacità, di forza, di libertà, i differenti modi di intendere la vita e dunque le differenti opinioni. Per difendere la diversità, si arriva a negare la diversità. E dalla Bibbia sappiamo che dar nome alle cose è la massima espressione della libertà di ogni uomo/donna. Sappiamo che le parole possono fare male.

Ma metterle nei gulag è da regimi totalitari. I quali assicurano di farlo per il bene del popolo, per preservarlo dai sabotatori. Ogni regime ha le sue parole tabù e quelle talismano. Il regime avanzante dice negro guai, nero sì, anzi meglio evitare e dire africano; bianco si può dire ma solo se è per stigmatizzarne la pretesa di superiorità, forse bisognerà dire come in America "caucasico", qualunque cosa significhi. Gay si può, frocio solo se chi lo dice è gay, sodomita o pederasta no. La frontiera del vietato guadagna ogni giorno centimetri. L'allarme scatta in qualunque ambito delle cose quotidiane. L'ultima scoperta è di ieri, prendendo il treno. L'altoparlante in stazione annuncia che «i livelli business ed executive» sono in coda. Dire "classe" crea apartheid, ghettizza e umilia chi prende la carrozza economica, vuoi mettere invece "livello"? Non si dice "classe seconda o economica" ma "livello standard".

 

 

Non so se sarà emanato un anatema, e se davanti a una signora o a un signore elegante si potrà elogiarne "la classe". Non se ne può più. Ogni parola può essere una notizia di reato. Anche quelle riposte in un angolo della mente, ancora informi, magari germogliate nel sonno, sono trattate come un pericolo pubblico dal nostro gendarme interiore. E ci si prepara con terrore all'arrivo di qualche app cinese sperimentata ad Hong Kong per smascherare chi le ospita in segreto e non le ha denunciate all'autorità competente per la derattizzazione.

EUNUCO
Il fatto è persino a sinistra si comincia a sentirsi soffocare. Non che si abbia amore sconfinato per il diritto degli altri ad esprimersi secondo i propri canoni. È che se uno non si aggiorna, anche se è il campione dei progressisti e purifica tre volte al giorno la lingua con la candeggina, avverte il rischio crescente di mettere per distrazione il piede su un escremento canino. Peggio ancora, a furia di penitenze linguistiche, l'immacolato si rende conto di essere ormai un eunuco della parola. Si accorge che per timore di urtare con un avverbio i fachiri o con un aggettivo le lottatrici di sumo, soffoca in sé immagini e concetti, li smussa prima ancora di averli partoriti, li fa nascere anemici, tisici, tiepidamente degni solo di essere vomitati. E così Ezio Mauro ha detto basta. Finiamola. Nei dovuti modi. Senza mai debordare dai canoni interiorizzati del politically correct, ma si percepisce cha avrebbe una gran voglia di lacerare la cortina mielosa subentrata a quella di ferro.

Chessò: un porca-vacca liberatorio. Banalizzo? Gente volgare noialtri. Devi farne di strada caro Ezio per entrare nel club, ma è un piccolo passo per te, e un gigantesco balzo per la sinistra italiana. È infatti la prima volta che un intellettuale di riferimento di questa area tira una cannonata contro il feticcio che si è mostruosamente ingigantito con la penetrazione anche da noi del movimento "Black Lives Matter" (Le vite dei neri contano) che ha raccolto nel suo ventre, in nome della tolleranza per i diversi, la caccia allo scalpo dei vivi e dei morti che non si adeguino alla loro intolleranza. Dice ora il direttore emerito di Stampa e di Repubblica che la difesa dei deboli deve potersi affermare senza il mitra di leggi e convenzioni che impediscano le espressioni anche radicalmente avverse. C'è un problema. La famosa "società aperta" teorizzata da Karl Popper ha sempre vissuto di un dogma: tolleranza con tutti meno che con gli intolleranti.

Chi decide chi sono gli intolleranti? Come definire un "intollerante"? È facilissimo scivolare nel regime dei pensieri obbligatori. E la società aperta e liberale diventa allora il regno degli ipocriti, con i lager segreti dei diversamente pensanti. Mauro, sulla prima pagina di Repubblica, si è posto sulla scia del manifesto dei 150 intellettuali pubblicato su Harper' s. Costoro hanno scritto: «Abbiamo bisogno di una cultura che lasci spazio a esperienze, rischi e persino errori».

CONCESSIONE
Le firme vanno da Noam Chomsky, linguista e che dunque la sa lunga, a Salman Rushdie, che la sa lunga anche lui, essendo inseguito da una condanna a morte di Khomeini per i suoi "Versi satanici"; all'autrice della saga di Harry Potter, J. K. Rowlings; a Martin Amis, il favoloso autore più anticomunista tra i progressisti anglosassoni. Hanno costoro pesi e appartenenze diverse, ma nessuno di loro è accusabile di essere vicino a razzismo, fascismo o altre categorie da proscrizione che abbondano in Italia e nel mondo per mettere fuori gioco la destra politica o i tradizionalisti cristiani. Interessante: non è che per fare questo manifesto hanno scartato, in base a qualche elenco, gli "impresentabili"?

Mauro chiede che a destra, dinanzi alla concessione del diritto di praticare i campi del dialogo da parte dei 151 (i 150 più Mauro), si mettano insieme anche molti meno intellettuali non-progressisti, diciamo così, pronti a scrivere e firmare un manifesto in cui promettano di non approfittare dell'autorizzazione dei progressisti. Se ci passa una bozza magari, anche senza essere intellettuali, ci mancherebbe, gli diamo un'occhiata. Intanto, visto il peso formidabile che hanno Repubblica ed Ezio Mauro, una bella prova di coerenza attiva aiuterebbe. In questi giorni è in discussione in Parlamento la legge Zan-Boldrini. Essa intende educare il popolo estirpandone, con la minaccia del carcere, l'odio di genere. In pratica si mette fuori legge qualunque espressione avversa ai matrimoni gay, alle adozioni per transgender eccetera. Un bel "no, fermatevi" sarebbe gradito. 

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