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La Cigl non vuole riaprire le scuole a settembre

Lucia Azzolina contro i sindacati

Francesco Specchia
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No, vi prego, ditemi che non è vero. Ditemi che è un inganno semantico, è la boutade di un sindacalista impazzito. Perché, se fosse vero - Dio mi perdoni-  io mi piazzerei dietro una barriera di sacchi di sabbia e davanti alle sedi di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda e Snals, con lo sguardo vitreo, armato di mitragliatore leggero, insaccato in una cintura di tritolo. Io - come quasi tutti i genitori lavoratori italiani di taglia media- non voglio nemmeno pensare che i miei figli non tornino a scuola a settembre, perché i suddetti sindacati della scuola affermano che “oggi le condizioni per cui le scuole riaprano in presenza non ci sono”. Come non ci sono?

Se non ci sono, trovatele, queste cacchio di condizioni. Fatemi capire. Avete riaperto gli stadi e celebrato il nuovo rito del pallone; avete riorganizzato le spiagge e, faticosamente, le filiere dello shopping e della manifattura; avete riacceso le piazze, i concerti, perfino le pieces teatrali. Avete dato soldi a cani e porci, 6 miliardi prestiti alla Fiat e 3 miliardi di cash ad Alitalia. Però, avete lasciato la scuola a fare la figlia della serva con appena 1,4 miliardi di contributi (e aveva ragione il ministro Fioramonti, che ne chiedeva almeno 6, a dimettersi). Avete trattato gl’insegnanti come mogli cornute che sono sempre le ultime a sapere e i presidi come fantaccini in attesa di ordini che non arrivano mai.  E ora, a due mesi dall’inizio del nuovo anno scolastico, dopo averci raccontato la favoletta della “situazione sotto controllo” e averci fatto pagare l’iradiddio in campi estivi, baby sitter e nonni estratti a forza dal torpore delle pensione; ora, tirate fuori dal cilindro questa genialata. Che “è inutile continuare a raccontare che le cose vanno bene, bisognerebbe essere onesti dirigenti scolastici cono a caccia di spazi; serve un organico straordinario che al momento non c’è. Si tornerà alla didattica a distanza”? Provateci. E avrete non solo il sottoscritto che bussa all’uscio col kalashnikov, ma milioni di mamme e papà esausti e incazzatissimi pronti a marciare compatti contro la vostra inettitudine. Immaginatevi Il Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, solo con la folla armata di forcone e di cartelloni issati sul faccione di Landini e della Azzolina nel centro di un bersaglio. Non pensateci nemmeno. L’ira dei semplici ha il sentore dell’apocalisse.

Poi certo, in mezzo a questo delirio, c’è la ministra dell’Istruzione Azzolina, intervistata dall’Huffington Post che tenta di metterci una pezza: “Noi per settembre saremo pronti, ma ognuno deve fare la propria parte. Non si può sempre dire no a tutto, ad ogni tentativo di innovazione, serve coraggio”; epperò, sembra quasi tenere più all’assunzione dei 80mila docenti da stabilizzare che all’incubo della nuova chiusura delle classi. Ora, io non entrerò nella polemica scoppiata tra la titolare del dicastero e Matteo Salvini: governo contro opposizione, “ministro incapace” contro “sessismo leghista”. No, la politica politicata affossa da sempre il sistema scolastico, già abbastanza pericolante di suo. E neppure tenterò dell’ironia, nell’assimilare il progetto delle nuove sedie scolastiche - un fantascientifico sistema di rotelle e vassoi sospesi- alle flotte di autoscontri nei Luna Park di provincia. Mi limiterò a rilevare banali dati fatto. In Italia, anche se oltre il 95% delle scuole ha attivato la didattica a distanza, più del 20% delle famiglie non ha avuto possibilità di accedere alle lezioni. In più, la letteratura psichiatrica certifica che, se l’esposizione al web supera le 40 ore settimanali, le relazioni si riducono all’uso dei social, arrivano disordini dei ritmi circadiani, irritabilità, ansia, disturbi del sonno. Fino a gennaio le ricerche pedagogiche dicevano che nei bambini e negli adolescenti che superano le 2 ore quotidiane di esposizione al pc si assiste ad un peggioramento -fino al 50%- di rendimento scolastico, con il rischio di “sovraccarico cognitivo”.

Poi c’è l’esigenza della socialità, del contatto fisico, delle imprescindibili risse con i compagni durante la ricreazione per la merendina o le carte Pokemon. La scuola ha bisogno di tornare alla normalità, seppur con le dovute precauzioni, ci mancherebbe. Otto milioni di studenti lasciati in un limbo sartriano, be’, danno l’idea di un’istruzione stato di perenne abbandono. Già siamo tra gli ultimi per la spesa pubblica dedicata all’istruzione (il 7% a fronte del 14% negli Usa e del 21% in Cina). Ora anche questo. Invece di pensare al presente dei propri iscritti, ci fosse una volta che i sindacati pensino al futuro dei nostri figli…

 

 

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