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In Italia troppi parassiti, ma se non lavora nessuno chi ci salverà dalla crisi?

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Iuri Maria Prado
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Ho scritto più volte che dieci milioni di italiani ne mantengono cinquanta. Non è propriamente uno scoop. È la triste, per quanto denegata, realtà di un paese che tra i molti impedimenti alla crescita registra appunto questo: che quelli che lavorano sono pochi, e si dissanguano per mantenere i troppi che non lavorano. Ebbene, soprattutto da sinistra (e soprattutto da sud) ti rinfacciano che non è vero perché gli occupati in Italia in realtà non sono dieci ma venti milioni e rotti. Ora, a parte il fatto che venti su sessanta sono comunque pochi, c'è il dettaglio che il dato formale sull'occupazione non dice niente circa quello sostanziale: occupati, va bene (cioè stipendiati), ma lavorano? Non è uno scoop nemmeno quest' altro: la metà e oltre degli occupati non è occupata per nulla: è improduttiva, come sa chiunque. Sono ineccepibilmente "occupati" i dipendenti che godono legittimamente di aspettative, distacchi e permessi retribuiti: ma lavorano? Sono indiscutibilmente occupati i seimila (o novemila?) dipendenti del Comune di Palermo: ma ipotizzare che contribuiscano effettivamente, tutti quanti, sul fronte positivo dell'economia nazionale è forse azzardato. I venti milioni di "occupati" comprendono poi, per esempio, ventimila forestali siciliani (la Calabria è più inibita: ottomila): in Canada sono la metà della metà, ma è sicuramente perché lì c'è meno foresta.

 

 

Ancora, sono inoppugnabilmente "occupati" gli undicimila dipendenti della Rai, che indubbiamente appartengono ai venti milioni di cui sopra: e non vorrai mica dirmi che questi undicimila non si guadagnano fino all'ultimo centesimo i novecento milioni di euro che gli paghiamo. E sono tutti perfettamente "occupati" i tre milioni di dipendenti che fanno funzionare in modo così egregio le nostre amministrazioni pubbliche. Che cosa faccio, continuo? Che le generazioni di parassiti (solitamente l'accesso allo status è dinastico) perdano completamente le staffe quando si ricordano quelle verità elementari è del tutto comprensibile, ma non è una buona ragione per dimenticarsene e semmai è una buona ragione per continuare a rinfacciarle. Specie se dobbiamo sopportare l'insulto di una Costituzione che vuole questa balorda Repubblica fondata sul lavoro.

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