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Sergio Mattarella stufo dei pastrocchi del governo: perché per Conte ora si mette male

Antonio Castro
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I minestroni evidentemente non sono graditi ai piani alti del Quirinale. E neppure i pasticci di governo che cucinano insieme, per fretta o incapacità, norme «incongruenti» tra loro. Ieri la pazienza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella deve aver sfiorato il limite. Tanto che dal colle più alto della politica italiana è arrivata al governo una sonora tirata d'orecchi. «Ho proceduto alla promulgazione soprattutto in considerazione della rilevanza del provvedimento nella difficile congiuntura economica e sociale». La piccata puntualizzazione che chiosa la missiva ufficiale inviata da Mattarella ai presidenti di Camera e Senato (Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati), così come al presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte non lascia spazio agli eventuali fraintendimenti.

BASTA FURBIZIE
Mattarella appare stanco delle furbizie emergenziali. E appare chiaro che il decreto legge Semplificazioni sia passato questa volta al vaglio del Quirinale proprio per il rotto della cuffia. Non è la prima volta che il presidente della Repubblica dimostra insofferenza ai provvedimenti d'urgenza - in questo caso il decreto Semplificazioni - che diventano impropriamente contenitori di norme eterogenee spesso buttate dentro all'ultimo minuto intercettando il primo «veicolo normativo utile» per evitare di dover seguire il normale iter di approvazione. Ovviamente più lungo. Mattarella è paziente. Tanto paziente. Ma questa volta appare più che stufo. Tanto che nella lettera alle massime cariche cita, non a caso, una sentenza della Corte costituzionale che richiama i principi della legge n. 400 del 1988 che annovera tra i requisiti dei decreti legge «l'omogeneità di contenuto». Questa volta - e non si tratta certo della prima - il pasticcio è dovuto dall'inserimento ingiustificato nel decreto di 15 articoli del Codice della strada, che, si sottolinea nella lettera, «non risultano riconducibili alle predette finalità e non attengono a materia originariamente disciplinata dal provvedimento».

Mattarella ha così deciso di coinvolgere sia il Parlamento che il governo per evitare i futuro altri minestroni. Tanto più con l'avvicinarsi dei lavori per la manovra finanziaria 2021 e l'allestimento del piano per l'utilizzo dei 209 miliardi ventilati da Bruxelles per il rilancio. Questo richiamo pubblico è presumibilmente l'ultima campanella a prestare maggiore attenzione. Il presidente ha infatti invitato il governo «a vigilare affinché nel corso dell'esame parlamentare dei decreti legge non vengano inserite norme palesemente eterogenee rispetto all'oggetto e alle finalità dei provvedimenti d'urgenza».

RICHIAMO ALLE CAMERE
Ai presidenti delle Camere chiede invece di rappresentare «al Parlamento l'esigenza di operare in modo che l'attività emendativa si svolga in piena coerenza con i limiti di contenuto derivanti dal dettato costituzionale». Insomma, neppure nelle camere si deve esagerare con l'ostruzionismo emendativo. Il capo dello Stato spiega che «il decreto-legge intende corrispondere alla duplice esigenza di agevolare gli investimenti e la realizzazione delle infrastrutture attraverso una serie di semplificazioni procedurali. Ma non si può esagerare contando sulla fretta di introdurre misure emergenziali per tamponare «le ricadute economiche conseguenti all'emergenza epidemiologica da Covid-19».

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