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Matteo Salvini, perché la sconfitta al Sud non è colpa sua: centrodestra, il riciclo non funziona

Pietro Mancini
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La "valanga De Luca", in Campania, molto di più della riconferma, in Puglia, di Emiliano, non va attribuita ai meriti del segretario del Pd, Zingaretti, ma ai "partiti personali" dei due "cacicchi", come D'Alema definì Bassolino e gli altri protagonisti della prima elezione diretta dei sindaci, nel 1993. È tornato in auge il vecchio notabilato meridionale. De Luca ha pensato prima ai capi delle clientele, imbarcandoli, insieme a non pochi transfughi dal centrodestra, nelle sue 14 liste. Il simbolo del deluchismo è Franco Alfieri, 56 anni, noto per l'ordine, impartitogli da don Vincenzo, di offrire agli elettori fritture di pesce per convincerli ad andare nelle cabine.

Almeno cinque autoambulanze, nella notte della vittoria del nuovo sindaco di Capaccio Paestum, si precipitarono, a sirene spiegate, nel cuore della città, per partecipare ai festeggiamenti. Le ambulanze portavano la scritta «Croce Azzurra», società di don Roberto Squecco, l'imprenditore delle pompe funebri, che la Cassazione ritiene organico al clan camorristico dei Marandino, stangato a gennaio, con sentenza definitiva, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Oltre gli amici, De Luca considera, da buon campano, «piezz' e core» i figli: punta alla nomina di Piero, deputato, a sottosegretario e alla candidatura di Roberto a sindaco di Salerno, governata, per 20 anni, con efficienza, dal nemico di Bassolino. Ma dovrà trattare con Zingaretti, rafforzato dalle vittorie in Toscana e Puglia.

Se il Pd avesse perso a Bari e a Firenze, il "ras" della Campania sarebbe ora il "signore del Sud" e, come Bonaccini, avrebbe sgomitato per contare di più, anche a livello nazionale. Adesso dovrà accontentare tanti postulanti, dai vecchi De Mita e Mastella, ai rampanti peones, che ambiscono agli assessorati e alle presidenze degli enti. Lo sceriffo dei lanciafiamme anti-Covid, insomma, con il suo populismo di sinistra e le fritture di pesce, ha stravinto, ma tratterà con i capi del Pd. E dovrà onorare molte cambiali. De Luca ha ringraziato anche gli ex elettori del centrodestra, che hanno contribuito alla disfatta di Caldoro, imposto da Berlusconi, ma non gradito a Salvini.

 

 

 

Quella dell'ex deputato craxiano era una battaglia persa, in partenza, contro la grande macchina clientelare di De Luca, che ha presentato Salvini come il «nemico del Sud». Le elezioni del 20 settembre nel Mezzogiorno dovrebbero spingere entrambe le coalizioni a mettere da parte i capipopolo meridionali e la vecchia classe politica. Fitto, figlio di un Dc, presidente della Puglia, era passato dall'Udc a Forza Italia (si dice che, oltre a Berlusconi, fosse antipatico a Dudù) per chiedere, infine, spazio a Giorgia Meloni. I partiti personali somigliano ai feudi che spesso diventano incontrollabili persino dai boss.

Come a Napoli, quella di Bari è una vittoria, anche su Renzi, del magistrato in aspettativa, prima bacchettato dal Pd per una «campagna sudamericana» e poi sopportato, con fastidio. E don Michele, come il collega di Salerno, non disdegna l'assistenzialismo: ha assunto, in un pomeriggio, 200 precari alla Asl di Taranto. Vincitori e vinti non alzano il livello dei rappresentanti del Sud. E la Lega perde, meno del M5S, in quanto, dopo le severe ma realistiche requisitorie sulla classe dirigente di pessimo livello, non ha sbarrato le porte a molti riciclati. E, dunque, non è stata giudicata dagli elettori come la forza di cambiamento credibile e alternativa a personaggi di bassissima qualità, etica prima che politica.

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