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Pietro Senaldi e Massimo Galli: "Di sinistra? E chi se ne frega. Tra un anno va in pensione, tempismo sospetto"

Pietro Senaldi
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«Sono sempre stato di sinistra in vita mia. Nel 1968 avevo diciassette anni e, come tanti miei coetanei, ho fatto parte di una cultura che non rinnego nemmeno per un pezzettino». Lo ha rivelato dal suo posto di lavoro preferito, un salotto televisivo, Massimo Galli, il direttore delle Malattie Infettive dell'Ospedale Sacco di Milano. Due considerazioni: illustre professore, da che parte pendesse lo avevano già capito tutti da un pezzo; detto questo, chissenefrega se in passato è stato un katanga o un figiciotto, se da vecchio studente ha nostalgia dei 6 e dei 18 politici e se adesso preferisce Zingaretti rispetto a Salvini. Nessuno di noi andando dal medico si è mai chiesto per chi votasse e l'unica risposta che i dottori che ci piacciono danno quando li si interroga sulle loro preferenze partitiche, è che la politica è nemica della medicina. Lo sanno anche i sassi che la politica nomina i direttori sanitari in base alle tessere e che essi scelgono i primari senza aver nessuna competenza tecnica. A volte lo fanno in buonafede seguendo criteri meritocratici, altre preferiscono andare diretti su chi più gli aggrada o ha più santi in paradiso.

 

 

 

Più in tv che in corsia - Delle opinioni politiche del sinistro Galli, ce ne sbattiamo i Coronas. Ne abbiamo già fin sopra i capelli delle sue convinzioni scientifiche. Più di un collega, suo e non nostro, maligna sul fatto che sta più in tv che in corsia, ma sono cattiverie gratuite. Primo, perché ce lo invitano e non okkupa i talkshow come un tempo faceva con le aule di studio. Secondo, in quanto parecchi professori ritengono che andare in tv per parlare del virus sia fare un servizio ai cittadini e noi non abbiamo elementi per dire che la dipendenza dal tubo catodico di Galli sia dovuta a vanità piuttosto che a un più nobile intento divulgativo, anche se alcuni atteggiamenti da primadonna ci consentono di mal pensare. Terzo, perché se lui è in tv, siamo certi che con i malati ci stia qualcun altro, e questo ci solleva. Sempre meglio il Galli non cedrone, comunque, di qualche suo/a collega che non esce di casa da mesi perché ha ammesso di temere che un eventuale contagio gli/le rovini, oltre alla messa in piega, l'immagine televisiva. Delle due l'una, o non vede neppure i malati, oltre agli amici, oppure il virus non è poi così facile da prendere. Nel primo caso, non si capisce perché parli, nel secondo perché sia così allarmato/a. Sottoposto a incessante stress mediatico, è normale che anche all'eminente infettivologo sia sfuggita nel tempo qualche castroneria. C'è chi è stato crocifisso perché ha affermato che il virus è clinicamente morto, lui è osannato benché lo scorso inverno gli sia scappato di bocca che il virus, praticamente non esisteva. A febbraio disse infatti che il Covid non era un'emergenza e a luglio che l'Italia non sarebbe mai tornata in una situazione simile al marzo scorso. Della prima frase ha chiesto scusa, e poiché a sinistra l'espiazione e la pubblica ammenda sono un vaccino in grado di cancellare ogni peccato, tutti se lo coccolano come il figliol prodigo. La seconda dichiarazione è stata sbianchettata, secondo le usanze della casa d'origine; finita nel dimenticatoio, visto che Galli ormai razzolava a pieno titolo nell'aia di Conte e non era bello fargli fare la figura del pollo spennato.

Strani tempismi - Il capoccione del Sacco dice di non avere ambizioni politiche e si imbufalisce se qualcuno non gli crede. Fra un anno però se ne andrà in pensione e non pare tipo da ritirarsi a vita privata. Non crediamo che si candiderà; costa troppa fatica e spesso reca amare delusioni, come quella di scoprire che la gente non si genuflette al solo sentire il tuo nome. Però sarebbe legittimo per un così esimio scienziato puntare a qualche incarico di prestigio, che gli piombi direttamente dall'alto. È la tempistica delle sue opinioni ed esternazioni, che seguono con la regolarità di un metronomo le idee e le convenienze del suo amato premier, che ce lo fa supporre. Galli ci tranquillizzò quando Conte diceva che il Covid non ci avrebbe quasi sfiorati. Poi fu il re degl allarmisti, per sostenere la chiusura di primavera. Quindi a luglio, quando c'erano da distribuire bonus vacanze, comprare banchi a rotelle, appuntarsi la medaglia dei migliori e vincere qualche elezione regionale, tornò rasserenante. Infine ora vorrebbe metterci tutti sotto chiave, come sogna Speranza e si fa crociato del governo, sguainando lo spadone contro i colleghi che non sono d'accordo con il ministro. Ed è qui che forse si chiude il cerchio del professor Galli, che nella battaglia per l'internamento nazionale ritrova lo spirito gruppettaro giovanile, quello della sinistra contro il lavoro, l'economia e la libertà e a favore del controllo sociale e dello Stato padre, padrone e carceriere.

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