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Roberto Formigoni punta il dito contro la politica: "La vera crisi è lì, serve una ribellione pacifica"

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Roberto Formigoni
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C'era una volta la politica..., dovrebbe raccontare oggi un nonno saggio al suo piccolo nipotino, e oggi non c'è più. Era nata in tempi lontani, al sorgere della prima convivenza tra gli uomini, dei primi piccoli villaggi. Ed è sopravvissuta lungo i millenni fin quasi a oggi. Era una attività nobile e importante, ci si doveva preparare con scrupolo, e vincevano i migliori, oppure i più forti, o i più astuti. Serviva a regolare i conflitti, anche se non sempre ci è riuscita. In tempi recenti il conflitto dominante è stato tra le forze del cristianesimo liberale e quelle della sinistra marxista. Poi è stata solo una lotta senza regole tra destra e sinistra. Oggi la politica non c'è più, sostituita dal trasformismo, in un campo dominato da convenienze e doppi giochi, dove i protagonisti assumono continuamente una pluralità di maschere e si scambiano vorticosamente quelle stesse maschere, in una rappresentazione valida soltanto per le fiction dei talkshow. Oggi è l'epoca del trasformismo. Il trasformismo è generatore continuo di precarietà e di instabilità, e questo si riflette sulla vita di tutti.

 

 

PARALLELISMI
C'è un parallelismo inevitabile tra la scomparsa della politica e la debolezza radicale della società, della vita delle persone, del loro lavoro, dell'economia. Quello che viviamo oggi sotto l'attacco del Covid, e cioè la debolezza dei sistemi sociosanitari, la chiusura dei nostri tradizionali luoghi della vita, l'impossibilità di frequentarci come facevamo un tempo, aumenta l'incertezza e l'angoscia. La scomparsa della politica, o se volete la sua farsesca sopravvivenza come trasformismo, peggiora la situazione. I governi che abbiamo avuto in questi ultimi anni sono la realizzazione esemplare del trasformismo, basti pensare al capo del governo che è passato dall'alleanza con un partito all'alleanza col partito opposto con la stessa non-chalance con cui ci si cambia d'abito, e oggi tenta un terzo travestimento. E l'attuale cosiddetta crisi di governo ne è l'esaltazione, si ha l'impressione di un grande gioco sulla nostra pelle, mentre i problemi che ci affliggono, incancreniscono. Ma la soluzione non sta nel risolvere in un modo o nell'altro la crisi di governo, io penso. Anzi, una speranza possiamo forse nutrirla, dico forse, solo dal suo precipitare. I giornaloni invocano e scongiurano che sia ritrovata la stabilità. Stabilità di cosa, dico io, e fondata su cosa? La stabilità del governo? I cittadini si sentono sempre più estanei non solo alla politica, ma al sentir pronunciare il suo stesso nome.

 

 

SOPRUSI E RABBIA
Il malcontento non è solo nei confronti del governo, ma di ogni suo atto. Le decisioni sulla loro vita le sentono ormai come un sopruso, e come dar loro torto? Milioni di persone passano da una zona arancione a una rossa per un errore di chi dovrebbe garantirci, milioni di persone potrebbero muoversi nella loro regione ma gli è vietato, centinaia di migliaia di negozi, bar, ristoranti devono chiudere, e chi ripagherà i danni aggiuntivi che hanno dovuto sopportare? Guardate sul sito dell'Istituto Superiore di sanità l'algoritmo con cui il governo determina l'indice Rt che calcola la pericolosità del virus e il colore delle regioni. È una formula a più incognite che non è mai stata spiegata, non solo a voi ma neanche a chi ne capisce. Hanno detto che è stata costruita sulla base di 21 elementi ma non ci hanno mai detto perchè e come sono stati scelti e combinati: come per una ricetta culinaria di cui ci dicono i 21 ingredienti ma non come vanno messi insieme. Intanto l'Europa, che ci ha promesso 209 miliardi ma vuol vedere, giustamente, come li utilizziamo e se realizziamo quelle riforme indispensabili che dovremmo fare da 30 anni, ci guarda sempre più preoccupata. E ogni settimana arrivano aggiornamenti sui pochi che per il Covid si stanno arricchendo e sui moltissimi che si stanno rovinando. C'è chi sente che servirebbe qualcosa di veramente nuovo, che servirebbe uno scatto, una rottura. Ma la politica è morta e il trasformismo è l'opposto della rottura, anzi è il "tutto cambi perchè nulla cambi". E allora ecco, la rottura, il cambiamento radicale di cui c'è bisogno può venire soltanto da una ribellione pacifica ma forte di cittadini che non ne possono più di questo giochino vergognoso alle loro spalle, ma che conoscono la durezza della vita e la fatica del lavoro e a questi valori non vogliono abdicare. Che sono pronti a ripartire dal punto in cui la crisi li ha precipitati, ma senza più la subordinazione a chi sulla loro pelle ha prosperato. È ora che questa rottura accada! 

 

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