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Luca Palamara, "quando mi sono spostato a destra...": la verità sulla magistratura, "se non fai politica conti zero"

Francesco Specchia
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Luca Palamara, romano, classe '69, ex enfant prodige dell'Associazione Nazionale Magistrati e membro del Csm, ha l'aria allegra dell'angelo sterminatore. In questi giorni infiammabili d'apertura dell'anno giudiziario col suo libro scritto con Alessandro Sallusti "Il sistema" (Rizzoli) ha spalmato di napalm quell'intreccio vischioso di magistratura e politica di cui è stato per anni centro di gravità.

Palamara, lei è stato espulso dalla magistratura per le note vicende che partono dalla "degenerazione correntizia" al pilotaggio politico delle nomine. Ma il suo memoir vende, e spacca la magistratura. Perché?
«Ho scritto questo libro, oltre che per i cittadini, anche e soprattutto per venire incontro alle richieste di molti magistrati - 24 di loro mi hanno scritto un lettera aperta (la più nota è Clementina Forleo, ndr) - dove che mi chiedevano di mettere a nudo il meccanismo della giustizia italiana, di raccontare di come davvero stavano le cose. Che non erano solo quelle della notte dell'Hotel Champagne (che poi non era notte, ma sera tarda); ma si trattava di una sorta di ragnatela di potere che coinvolgeva chiunque avesse una rappresentanza. Ecco, l'idea è che debba esserci una seria riflessione su questo, mi pare giusto specie per quei colleghi che rimangono ai margini perché non si identificano nelle correnti, soprattutto le correnti di sinistra».

Dove vuole arrivare con le denunce del suo libro? Vuole vendicarsi di avversari come il vicepresidente del Csm Ermini che la giudica "una scoria", di chi - come dice lei - ora la attacca e prima le chiedeva favori?
«Non capisco chi mi imputa di voler scardinare la magistratura. Questo è un libro a favore della magistratura. Ma se lei mi chiede se ora la magistratura è credibile, bé, è un altro paio di maniche. La magistratura è fatta di posizionamenti, collateralismo, gerarchie».

 

 

Il "sistema", appunto. Quindi ammette che esisteva un "sistema Palamara" con cui si gestivano le carriere in nome di un consociativismo con la politica?
«Certo, ma non era il "sistema Palamara". E "sistema", da vocabolario, non è un'organizzazione criminale, ma una relazione fra più soggetti. L'idea che una sola persona potesse decidere - io, nella fattispecie - stride con la realtà. Il sistema è quello delle correnti, e i meccanismi di potere sono regolati da un'oligarchia di cui io facevo parte. Chi era fuori dalle correnti non contava. Ma non c'ero solo io, ripeto. Le pare possibile che, parlando di intrecci tra magistrati e politici, i protagonisti riuniti all'Hotel Champagne erano gli stessi che hanno partecipato all'elezione di Ermini, ma lì nessuno ha avuto da ridire. Sono diventato il capro espiatorio. Ma non è che "se esce Luca risolviamo i problemi", così non funziona».

Spiazza che lei esca con un libro di denuncia in un momento in cui i suoi colleghi devono ancora pronunciarsi definitivamente sulla sua espulsione. Non teme di complicare la sua situazione?
«Non ho alcun timore, le assicuro. Se l'ho fatto, è esclusivamente per dover di verità. Ho le carte. Posso dimostrare, per dire, che Gigliotti e Ermini stesso (entrambi Csm, ndr) mi contattarono per avere il sostegno per la nomina del vicepresidente del Csm. E lo fecero anche dopo che Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato l'inizio dell'inchiesta».

L'Anm l'ha cancellata per corruzione. Dice che lei ha avuto la sua possibilità di essere audito ma che è stato vago. Cosa succederà quando e se riaprirà il suo caso?
«L'audizione presso l'Anm è stata fatta davanti a 100 persone su 9000 membri, tra l'altro tutti di un'unica corrente. Non so quanta rappresentatività possa avere quell'organo. D'altronde, quando il presidente Grasso si è solo permesso di sollevare dubbi sul sistema senza essere troppo duro col sottoscritto, venne fatto dimettere dalla corrente di sinistra».

La mia domanda era un'altra, però.
«Io ho fiducia che il nuovo presidente dell'Anm, il dottor Santalucia, esponente di Magistratura Democratica, che conosce bene sia la mia storia personale che quella del dottor Fava (pm coinvolto anch' egli nel processo disciplinare, ndr), dato che eravamo insieme a Reggio Calabria, faccia un'indagine a 360° non solo su di me ma su tutto il sistema. Santalucia, quando parla di magistrati che hanno agito "per tornaconto personale", non si riferisce a me ma a quei colleghi che hanno fatto carriera in ruoli pubblici o privati».

 

 

Giovanni Bianconi, firma giudiziaria del Corriere della Sera, scrive che la sua ricostruzione è parziale con «episodi chirurgicamente selezionati». Parla di «tossine in circolo»
«Aspetto di fare sentire la registrazione audio tra me e Bianconi del 21 maggio scorso, quella intercettata dal trojan. Ne farò esplicita richiesta».

Quando Berlusconi denunciava l'accanimento giudiziario, lei era un avversario. Il presidente Cossiga a SkyTg24 la prese addirittura a sberle metaforiche, rise ferocemente di lei. Avevano ragione?
«Non sono mai entrato nel merito dei processi, ma certo l'azione politica della magistratura c'era. Come nel caso di De Magistris è indubbio che si è preferito allontanare magistrati "non in linea", così vale per Berlusconi. L'Anm, anche con me presidente, ha agito spesso ha senso unico, diciamo svolgendo un ruolo di opposizione politica. E, certo, fui amareggiato da quello che ritenevo un attacco personale di Cossiga; ma onestamente, devo dire che ho compreso politicamente le sue ragioni».

Un risultato l'ha ottenuto: le toghe sono in subbuglio. Si aspetta che la chiami il Csm per sentirla?
«Il procuratore di Napoli Riello mi invita a non denunciare attraverso i libri ma attraverso le Procure. Ma io l'ho fatto. Prima di scrivere il libro i magistrati erano stati ampiamente informati. E, dato che l'attività del Csm su nomine e valutazioni e molto altro è basata sulle mie chat, tanto vale che io venga sentito direttamente. Mi metto a completa disposizione con nomi, date, documenti. Che mi chiami, il Csm».

Il presidente della Cassazione Curzio sostiene che oggi la giustizia è inadeguata e urgono riforme. Il Consiglio d'Europa ci avverte che i nostri processi sono i più lenti del continente, che il 50% degli italiani non si fida dei magistrati. Arriveranno le riforme, o è il solito fumo?
«Servirebbe non parlare genericamente di "riforme" e entrare nel dettaglio. Per esempio, ci sono cose da rivedere come l'ingiusta detenzione alla base degli errori giudiziari. Poi c'è la mancanza di personale che causa disagio. Poi c'è la lentezza dei processi che impedisce agli investitori stranieri di avvicinarsi. Infine ci sono le riforme ordinamentali, che non si toccano mai. E quante volte ha sentito della riforma sulla legge elettorale del Csm? L'unico modo per scardinare le correnti e il sistema era il sorteggio, da me caldeggiato, ma non l'hanno mai adottato».

...e la separazione delle carriere, e le "porte girevoli" delle toghe che vanno in politica e rientrano... 
«La separazione è già in atto da qualche anno: di fatto, chi sceglie la carriera di giudice finisce con quella, idem per i pm. Mentre sulle "porte girevoli" bisogna prendere una decisione definitiva: non si può - è vietato dalla Costituzione - impedire ai magistrati di candidarsi in politica, ma si deve bloccargli il rientro».

Il ministro Bonafede nella sua relazione sulla giustizia non ha parlato di prescrizione, ha appena accennato ai detenuti del 41 bis a casa per Covid, e poco altro? Doveva entrare più nel merito?
«Bonafede è la rappresentazione plastica del fatto che questo momento storico ha reso monco il dibattito sulla giustizia».

Palamara, scusi, ma lei perché è entrato in magistratura?
«Grazie all'esempio di mio padre, magistrato prematuramente scomparso. E l'ho fatto, chiaramente, sulla scorta dei suoi insegnamenti basati sul rispetto della giustizia e della legge, della tenuta delle regole, della necessità di comprendere le cose fino in fondo e non solo al primo sguardo per comprenderne la verità».

Giustappunto, l'etica. Gliela metto giù secca: considerando tutto, non si sente, come magistrato, di aver fatto qualcosa di eticamente sbagliato?
«Io mi sono comportato esattamente secondo i meccanismi - noti a tutti, ripeto - che il sistema imponeva. Ma non ho ottenuto vantaggi di carriera o politici, non ho avuto incarichi altisonanti; certo, sono diventato un personaggio pubblico, ma le assicuro che ne avrei fatto volentieri a meno. Credo che il mio spostamento a destra e la rottura con la componente di sinistra dei colleghi abbia creato la frattura che ha portato a questo».

Ho capito, non sfugga. Era il sistema di cui faceva parte, che lei ha avuto comunque il merito di denunciare. Ma rifarebbe quel che ha fatto?
«Io pensavo di poter cambiare il sistema da dentro, non ci sono riuscito. Mi assumo la mia quota di responsabilità, ma pensavo di agire per il bene di tutti».

 

 

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