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Riccardo Molinari, la rivelazione: "Molti bussano alla porta della Lega. Anche onorevoli di sinistra..."

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«Guardi che il primo voltagabbana è stato Conte: dal centrodestra alla sinistra in un attimo, senza il minimo problema. Dalla lotta all'immigrazione clandestina alla politica dei porti aperti. Dal sovranismo all'obbedienza ai diktat europei. In questo il presidente del Consiglio è stato il migliore».

E però, onorevole, siete stati voi a metterlo lì

«Avrebbe dovuto essere il garante di un contratto di governo tra Lega e 5 Stelle, ma non avendo una storia politica alla fine ha tutelato soltanto se stesso».

 

Riccardo Molinari ha 37 anni ma vanta già un cursus honorum di prim' ordine: vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte a 27, a 29 assessore, a 34 deputato e presidente del gruppo leghista alla Camera. È un salviniano di ferro, tra i veterani della Nouvelle Vague del Carroccio.

Dal Conte I cos' avete imparato?

«Che non puoi affidare il governo a un mero passacarte: il rischio che salti da una parte all'altra solo per garantirsi il potere è troppo grande».

Questo è il parlamento dei cambi di casacca: 57 solo nel 2020. Qualcuno ha cambiato gruppo addirittura prima dell'inizio della legislatura, appena eletto. I parlamentari leghisti invece sono pressoché gli stessi dal 2018: siete semplicemente più coerenti o è perché sondaggi alla mano sapete che verrete rieletti tutti?

«Non è proprio così».

E come allora?

«È vero che siamo il primo partito, ma il taglio dei parlamentari, stando alle proiezioni, ridurrà anche la nostra rappresentanza. I ragazzi lo sanno, ma quasi tutti sono leghisti da sempre, hanno attaccato i manifesti e imparato a far politica nelle circoscrizioni, nei Consiglio comunali e provinciali. Si sono fatti le ossa, credono nei valori del partito. Ecco perché sono leali alla Lega».

Quelli del Nord hanno digerito anche la svolta nazionalista?

«Non userei questo verbo: i tempi sono cambiati e le battaglie non possono essere le stesse del '90. Essere sovranisti significa difendere la nostra identità, combattere per l'autonomia e il federalismo. Non abbiamo dimenticato nulla: Salvini ha semplicemente aggiornato l'agenda. Anche il Pci dopo il crollo del muro ha cambiato il nome in Pds».

È vero che negli ultimi mesi qualche onorevole di sinistra ha bussato alla vostra porta?

«Sì, ma non gli abbiamo aperto: storie politiche e ideali troppo diversi».

 

 

Dagli altri partiti di centrodestra invece i rinforzi li avete accettati

«Ma anche in questo caso, per mantenere un certo equilibrio nella coalizione, a qualcuno abbiamo detto "no"».

Come finisce la crisi di governo?

«Con l'attuale maggioranza. Forse senza Conte».

Quindi vince Renzi?

«Ha rischiato grosso ma sta facendo un gioco tattico, comunque lontano dalle esigenze reali del Paese. Credo andrà fino in fondo: d'altronde non posso pensare che abbia fatto tutto questo solo per avere un ministero in più. Anche se ormai non mi stupisco più di niente».

Ne è sicuro: nemmeno dei parlamentari "in prestito"?

«Me l'aspettavo. Siamo al calciomercato».

Davvero, niente che l'abbia meravigliata?

«No, aspetti, una cosa in effetti c'è».

Sentiamo

«Zingaretti che si presenta in conferenza stampa per dire "O Conte o morte", che difende l'indifendibile peraltro contro una stessa parte del suo partito. Non ha avuto un minimo di dignità: pur di restare al governo Pd e 5 Stelle sono disposti a tutto».

Sembra passata un'era geologica da quando governavate coi grillini.

«Si sono rivelati inadatti a ricoprire ruoli di tale responsabilità».

Ve ne siete accorti solo adesso?

«No, è evidente, altrimenti oggi non saremmo all'opposizione. Mi lasci dire però che qualcosa, fino a quando ci è stato possibile, l'abbiamo portato a casa, penso alla drastica riduzione degli sbarchi. Abbiamo capito che era finita quando i 5 Stelle hanno cominciato a insultarci durante la campagna elettorale per le Europee e Conte non ha più fatto nulla: immobilismo totale».

Dato che di tornare al voto non se parla, per voi qual è il male minore?

«Per noi la via maestra resta quella delle elezioni. Dati gli elementi di partenza e l'emergenza in cui si trova l'Italia non posso ragionare sul meno peggio».

 

 

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