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Giuseppe Conte sloggia da Palazzo Chigi e lascia il conto agli italiani: il prezzo da pagare

Sandro Iacometti
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Spiace per le conferenze stampa del sabato sera, che offrivano una eccentrica alternativa alla De Filippi, e per i mille Dpcm, sempre pieni di azzardi lessicali ed acrobatiche disposizioni normative, ma è difficile pensare che qualcuno rimpiangerà davvero Giuseppe Conte. Intendiamoci, le incognite legate alla crisi di governo sono ancora tante. Bisognerà vagliare la reazione di Mario Draghi e il suo coraggio nel prendere un testimone che somiglia ad un candelotto di dinamite. Forse spunteranno all'orizzonte altre soluzioni. Però un punto fermo sembra esserci: l'avvocato del popolo arrivato da Volturara Appula per incarnare il damerino della provvidenza, il premier per tutte le stagioni, concavo e convesso, sovranista ed europeista, repubblicano e democratico, politico e antipolitico, dopo quasi mille giorni dovrà decidersi a mollare la sua poltrona.

 

 

 

AL POSTO MIO
 Ed allora, forse, sarà più facile ragionare su quello che ci ha lasciato. Certo, eravamo tutti impreparati. «Lei al mio posto cosa avrebbe fatto?», ha spesso risposto a chi gli ha fatto domande poco gradite. L'imprevedibilità del cataclisma è stato il tormentone di questi mesi, l'alibi incrollabile, lo scudo impenetrabile per giustificare qualsiasi fesseria sia stata fatta. Ma la scusa non può durare all'infinito, non può assolvere da tutti i peccati. E il premier di errori ne ha fatti a bizzeffe. Altri sarebbero stati peggio? Può essere. Noi, però, abbiamo visto solo lui. Lui che ci diceva che la mascherina non era importante solo perché non c'erano, che assicurava che nessuno sarebbe rimasto indietro, tranne mezzo milione di disoccupati, che prometteva la cassa integrazione lampo a chi la sta ancora aspettando, che affidava l'emergenza nelle mani di un commissario che è inciampato sui dispositivi di protezione, sui banchi di scuola, sulle siringhe e sui vaccini, lui che lo scorso luglio prometteva di stilare in pochi giorni un Recovery plan che è ancora poco più di una bozza. Per carità, non sappiamo con certezza come sarebbe andata con qualcun altro al comando. Ma ce n'è davvero bisogno? Piaccia o no Conte, il suo ciuffo fonato, i suoi abiti eleganti, il suo linguaggio forbito e la sua voce roca, i fatti parlano di un Paese che ha chiuso il 2020 praticamente in fondo a tutte le classifiche mondiali. Abbiamo avuto più morti degli altri, abbiamo chiuso più di tutti la scuola, la disoccupazione non è da record solo grazie a Cig e blocco dei licenziamenti che prima o poi bisognerà interrompere, il nostro debito si avvia verso il 170% del prodotto interno lordo e il pil, certificato ieri dall'Istat a -8,8%, è uno dei peggiori d'Europa.

 

 

NIENTE RISTORI
Poi ci sono i ristori che non arrivano, le categorie abbandonate, i trasporti che non sono in sicurezza, milioni di studenti che non possono rientrare in classe. E, infine, il vaccino. Già, l'antidoto, l'unica via di fuga concreta, il modo per lasciarsi tutto alle spalle e iniziare a dimenticarsi questo inferno che ha spazzato via la vita di 90mila persone e ha rovinato quella di chi è sopravvissuto. Ebbene, ancora stiamo cercando di capire di chi sia esattamente la colpa, ma una cosa è certa: saremo il Paese che completerà per ultimo il piano vaccinale. Delle due l'una: o il governo si è fatto prendere completamente per il naso o ha compiuto pesanti errori. In entrambi i casi non qualcosa di cui vantarsi. Ora che Conte sloggerà da Palazzo Chigi potremo finalmente vedere cosa succederà con un altro capitano, che accadrà con un'altra guida. Siamo pronti a ricrederci, ma la sensazione è che fare meglio non sarà difficile.

 

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