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Mario Draghi e l'euro "irreversibile": perché quando lo dice non ce l'ha con Matteo Salvini e la Lega

 Mario Draghi

Paola Tommasi
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Dare a Draghi quel che è di Draghi e a Salvini quel che è di Salvini. Quello su «l'irreversibilità dell'euro» è un passaggio sempre presente nei discorsi dell'ex presidente della Banca Centrale Europea, non una novità del Mario Draghi presidente del Consiglio per mandare frecciatine al leader della Lega. Negli ambienti europei è noto a tutti e la strumentalizzazione politica della frase ha stupito molti. Tanto più che è interesse prima di tutto dello stesso neo premier portare concordia nella maggioranza di governo piuttosto che seminare zizzania fin dal primo giorno. Ma dovrebbero saperlo anche tutti quelli che citano in continuazione il famoso "whatever it takes" del 26 luglio 2012 perché, proprio immediatamente prima di pronunciare quelle fatidiche tre parole, il presidente Draghi aveva premesso: «Noi pensiamo che l'euro sia irreversibile. E non è una parola vuota, perché ho appena detto esattamente quali azioni sono state fatte, e vengono fatte per renderlo irreversibile».

 

 

Concetto riaffermato il successivo 15 novembre a Milano, inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Bocconi, ricordando Tommaso Padoa Schioppa: «Come sapete, negli ultimi mesi ho ribadito il principio dell'irreversibilità dell'euro. E questo è proprio il senso di una delle più note arguzie di Tommaso. Nel 2004 parlando dell'Emu, che è l'acronimo di Economic and Monetary Union, rilevò che questo è anche il nome di un uccello australiano simile allo struzzo. E aggiunse: "Nessuno dei due può andare a ritroso"». Così come il 9 ottobre 2013, sempre Draghi, ad Harvard, affermava: «Gli osservatori avevano sottovalutato il profondo impegno degli europei verso l'euro , laddove in realtà è una moneta unica irreversibile. E la sua irreversibilità nasce dall'impegno delle nazioni europee a conseguire un'integrazione più stretta».

 

 

UN PUNTO FERMO
Vi è ritornato poi in diverse occasioni nel 2015, tra cui il 7 maggio, nel pieno della crisi greca: «L'irreversibilità dell'euro ha fatto parte dell'architettura dell'Unione europea fin dal Trattato di Maastricht». E ancora il 7 febbraio 2017, per il venticinquesimo anniversario dello stesso Accordo: «L'euro è irrevocabile e così prevede il Trattato». Poi nel 2019, il 24 ottobre in risposta a una domanda durante la sua ultima conferenza stampa da presidente della Bce: «In Italia tutti hanno chiaro che l'euro è irreversibile»; e il successivo 28 ottobre, sempre a Francoforte, alla cerimonia di commiato in suo onore: «In tutta l'area dell'euro i policy makers riaffermano che l'euro è irreversibile». Nessuna polemica politica, insomma, ma un punto fermo nella visione europea di Mario Draghi che, conoscendolo, non avrebbe dovuto neppure stupire. A dispetto di quel che si narra, dei silenzi e dei continui confronti con Conte e Casalino, il neo presidente del Consiglio ha già dimostrato di essere un comunicatore raffinato. Poche frasi ma efficaci, destinate a durare molto più di infinite ore di dirette Facebook.

 

 

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