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Giorgia Meloni, perché Fratelli d'Italia può diventare primo partito: la conferma nei sondaggi. Ma occhio a non bruciare le tappe

Fausto Carioti
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C'è un modo facile di raccontare l'ascesa di Giorgia Meloni, unico personaggio politico capace oggi di rivaleggiare con Mario Draghi, e non solo perché lui è il capo del governo e lei l'unico leader d'opposizione. Basta adagiarsi sui cliché: non quelli, solitamente infami, che le hanno costruito i suoi avversari, ma quelli che si è fatta da sé, nei quali spesso si rifugia. Il racconto fila più o meno così. La Meloni ha fatto un investimento. Lei la chiama «coerenza», ed è il suo valore più importante e la sua ossessione, ma non c'è solo quella: pure il calcolo fa la sua parte.

Il cinismo, e sia detto senza offesa (la politica è cinica per definizione e proprio il capo di gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello, ha scritto un libro per spiegarlo). Ha rinunciato a entrare nel governo, dove assieme a Lega e Forza Italia sarebbe stata maggioranza nella maggioranza e avrebbe spostato a destra la barra del programma, preferendo incassare in monopolio la rendita che arriva a chi sta all'opposizione, specie quando chi comanda è chiamato a fare scelte difficili. Il comodo ruolo antigovernativo e anti-Ue che la Lega non intende più svolgere e che nella scorsa legislatura ha fatto la fortuna dei Cinque Stelle. Il cui viaggio verso lo sprofondo è iniziato proprio quando hanno buttato la coerenza nell'inceneritore. Una scommessa sull'incapacità di Draghi di risollevare l'Italia, in parole povere. Sinora ha funzionato. La sera del 12 febbraio, dopo che il premier aveva annunciato l'elenco dei ministri, c'era un solo leader del centrodestra felice ed era lei. Matteo Salvini e Silvio Berlusconi subivano l'onta di una squadra sbilanciata a sinistra e troppo simile alla precedente. Dove stavano i migliori? La grande svolta dov' era?

 

 

 

 

I successivi passi del governo hanno confermato la bontà dell'investimento. La zuffa per i posti da sottosegretario ha dimostrato che la maggioranza è un'accozzaglia rancorosa, il colpo d'ala di Draghi ancora non s' è visto. Anzi, ogni segnale arrivato sinora, dal mancato siluramento di Domenico Arcuri alla conferma delle chiusure serali, porta il marchio della continuità con il secondo governo Conte. La pensano così pure gli italiani. Tanto che Fdi, nel sondaggio fatto dall'istituto Swg per La7, ha guadagnato 1,3 punti in una settimana ed è ormai a un passo dal Pd: 17,5% delle intenzioni di voto contro 18,3%. Scende il partito di Nicola Zingaretti e scende la Lega, pur restando la prima forza al 23,1%. La Giorgia coerente e cinica toglie elettori agli alleati del Carroccio, ma saccheggia pure la necropoli grillina. Alle elezioni del 2018 lei prese il 4,4% e Luigi Di Maio il 32,7%; dopo tre anni in cui sono stati lei sempre all'opposizione e lui sempre in poltrona, lei lo guarda dall'alto in basso, un divario di due punti che può diventare voragine.

 

 

 

Tanto da rendere credibile ciò che un mese fa pareva impossibile, l'affronto finale ai suoi odiatori: Fdi primo partito del Paese (e la Meloni presidente virtuale del Consiglio, ma per questo c'è tempo). Paolo Natale, politologo alla Statale di Milano e consulente dell'istituto di sondaggi Ipsos, lo ha spiegato ieri al quotidiano economico Italia oggi: «I primi dati dicono che continua a salire, è proiettata a scalzare il Pd, che non riesce a sfondare quota 20%, e non è escluso che diventi primo partito. Se il governo Draghi non riuscirà a gestire la crisi così che in estate l'epidemia si spenga e inizi la ripresa economica, per la Meloni si aprono grandi spazi».

E qui finisce, appunto, il racconto fatto nel modo facile. Perché poi c'è l'altra storia, nella quale il leader che dalla borgata si sta arrampicando verso palazzo Chigi lascia il posto a una persona meno calcolatrice e più umana. Che è preoccupata, perché vorrebbe far crescere la sua creatura senza correre troppo, sapendo che la classe dirigente di Fdi non è ancora all'altezza di simili responsabilità. Che ha confidato di essere rimasta colpita dalla telefonata che le ha fatto Draghi dopo gli insulti vomitati da Giovanni Gozzini, al punto da farle dire che con l'ex presidente della Bce, pur nella distinzione dei ruoli, ha avvertito «una certa intesa».

L'unico politico italiano disposto a indossare la maglia dei garantisti per chiedere pubblicamente a Marta Cartabia, ministro della Giustizia, come mai l'abolizione della prescrizione dopo il primo grado, barbarie voluta da Alfonso Bonafede, non sia stata ancora sospesa. «Proprio lei, l'erede del vecchio partito fascista, la figlia di Almirante, la portabandiera della destra estrema, la nemica di tante battaglie», ha annotato da sinistra, un po' basito, il direttore del Riformista, Piero Sansonetti. 

 

 

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